Novelle (Sercambi)/Novella LXXXXIIII

Novella LXXXXIIII

../Novella LXXXXIII ../Novella LXXXXV IncludiIntestazione 25 maggio 2023 75% Da definire

Novella LXXXXIII Novella LXXXXV
[p. 408 modifica]

LXXXXIIII


L>a dilettevole novella condusse la brigata allegra a Sant’Angelo, dove il preposto comandò che li stormenti tutti si comincino e fine che da lui altro non sará comandato si seguano. La cena ordinata, li stormenti canti e balli cominciati, si denno sommo piacere; e fine a l’altro giorno dormirò.

Dove la mattina il preposto comandò a l’autore che una novella dica fine a Scariotto, dove Giuda trovato fu, l’autore disse: «Volentieri»; e disse: «A voi, arcatori di parole che con falsità le genti grosse ingannate; a voi, donne et omini materiali, che vi lassate tristamente ingannare e quella che con fatica lavorate perdete, ad exemplo dirò una novella per lo camino che a fare abiamo, in questo modo:

DE MALVAGITATE HYPOCRITE

Di frate Bonzeca ipocrito arcatore di parole: con certe malizie ingannava le povere persone.

N>ella terra d’Ascoli al tempo di papa Johanni Quarto fu uno bizocco ipocrito et arcatore di parole nomato fra’ Bonzeca, omo d’ogni cattiva vita; e secondo l’opere suoi costui dovea esser uscito di quel mal sangue di Giuda Scariotto. E perché mi pare che fine a Scariotto sia buona e lunga via, penso che la brigata a mezzo il camino si vorrà rinfrescare; e pertanto del ditto fra’ Bonzeca e per oggi du’ novellette <dirò>, e questa d’ora sarà l’una, e poi doppo i’ rinfrescamento dirò l’altra.

Essendo questo fra’ Bonzeca vestito in abito di frate [p. 409 modifica]nomandosi di quelli di sant’Antonio (e tale vesta e nome s’avea messo e posto solo a fine di rubare et ingannare qualunca di lui si fiderà, ma che lui possa et altra degnità di frate non avea), e infra l’altre cattività, di centonaia che ne fe’, ve ne conterò una al presente, fatta a uno contadino da Pisa in Toscana.

La quale comincia che, essendo pervenuto questo frate Bonzeca in Toscana in una villa Cuosa del contado di Pisa, posta in sul Serchio, et è capitato con acatto sotto il nome di sant’Antonio innella ditta villa a casa di uno lavoratore massaio nomato Michele; il quale avendo — questo Michele — una bella giovana di xxiiii anni per moglie, monna Ricca, buona filatrice e massaia, et era questa giovana sì disperata, che tutto ciò che udiva le parea fusse vero. E con questo era caritativa di fare elimosina, faccendo di continuo la inassarizia di casa, intanto che ogni anno facea fare una buona tela di panno lino.

Venuto fra’ Bonzeca a casa di Michele e veduta una bella pezza di panno lino che il giorno l’avea Michele ricolta dal tessandro, stimò subito quel panno dover avere. E cominciando a pregare la donna e Michele che la predica che dir vorrà di santo Antonio udire debiano, cominciando a dire sant’Antonio esser devoto santo e che molti miracoli fa e che vuole che limosina non sia dinegata a chi per suo amore la chiede; e tante cose dice che monna Ricca, simplici di pasta, di tenerezza lagrima. Frate Bonzeca, che ciò vede, subito comprese: «Io arò di costoro ciò che io vorrò». E livrato sua predica, domandato che la mattina Mighele lo tegna per amore di sant’Antonio a desnare, Mighele fu contento.

Et aparecchiato e trovato le vivande, fra’ Bonzeca, ch’è presso al fuoco posto a sedere, prese una chiappa d’aguto, che molte innella scarsella n’avea, et innel fuoco la misse. E come vidde ch’era ben focosa, disse a Mighele: «Io ti prego che mi vadi per un vagello d’acqua al Serchio, perché i nostri pari non benno vino se non malvagia e senz’acqua». Mighele preso il vaso et al Serchio andato, frate Bonzeca dice alla donna che un porro de l’orto l’areghi e perché santo Antonio n’è molto vago. La donna presta innell’orto a cavare il porro, fra’ Bonzeca, cavato quella chiappella d’aguto del fuoco, in quella pezza del panno da uno [p. 410 modifica]de’ canti la misse dentro. E tornato a mangiare, mangiò prestamente con Mighele e con monna Ricca, dicendo loro che non mai disdicano cose che per amore di sant’Antonio fusseno loro chieste, sia cosa si vuole, perché sant’Antonio ne mostra spesso evidenti miracoli.

E dato loro questa regola, levatosi da mangiare, della scarsella si trasse mi barbe di zenzamo dicendo a Mighele et a monna Ricca: «Tenete del zenzamo di sant’Antonio»; e la metà diè a l’uno e l’altra a l’altro. E voltosi, vidde la pezza del panno, disse: «O Mighele, e tu, monna Ricca, vi chiego quella pezza di panno per amore di sant’Antonio che se ne farè’ lenzuola a’ poveri suoi». Mighele disse: «Frate, cotesto non ti farò io, che la donna mia ci ha durato gran fatica a filarla et io ho speso più di xx lire a farla tessere». Lo frate disse: «Santo Antonio ne mostri miracolo».

Et uscito di casa sonando la campanella in qua et in là, subito la donna e Mighele vedendo fumare il panno, dicendo: «Or come, saràsi apreso a questo panno il fuoco di santo Antonio?» E spiegandolo viddeno che già incominciava ad ardere da l’uno lato. Subito dandosi de la mano innel petto e per la bocca, dicendo: «Male abiam fatto a non aver dato il panno al frate»; et uscito la donna di casa chiamando lo frate che arieto tornasse, lo frate che tutto sapea faccendo vista di non volerla udire, disse Ricca: «Venite, che noi abbiamo paura che il fuoco di santo Antonio non ci arda la casa e le carni come hae incominciato ad ardere il panno che richiedeste!» Lo frate venuto, inginocchiatosi faccendo vista di orare, dicea fra sé: «Questo mi toglio e di me’ non ti voglio». E preso il panno e segnato, lo fuoco colle mani spegnò. E prese il panno dicendo: «Io lo vo’ mandare per mare, con altro che a Pisa n’ho, a santo Antonio e penso quinci ritornare». Monna Ricca, che già li parea aver sant’Antonio in corpo, lo prega che di quinde ritorni.

Frate Bonzeca andò a Pisa e quello panno vendéo, e con denari a Cuosa ritornò. E capitato a casa di Michele, dove sonando la campanella, Michele, che a lavorare di lungi più d’uno miglio era, sentìo il suon della campanella. Disse: «Il frate serà ritornato»; [p. 411 modifica]e pensò d’andare a casa <lassando il> lavoro <d’> alcuna poca <di terra> che seminato avea.

Monna Ricca come vede il frate disse: «Ben siate venuto, che poi che vi partiste m’è sempre paruto aver santo Antonio in corpo». Lo frate disse: «Donna, et io ci sono venuto solo per metterti sant’Antonio in corpo; e però stà riverta». La donna gittatasi riverta, lo frate apogiato l’uscio, li panni dinanti l’alzò. Ricca dice: «O che fate, frate?» Lo frate, calate le mutande e ritto il basalischio, le vuole montare a dosso. Ricca dice: «Frate, cotesto non è santo Antonio, che non sono sì cieca che io non cognosca cotesto da sant’Antonio». Lo frate disse: «Donna, lassalo intrare per amore di sant’Antonio, altramente al tuo pennecchio s’aprenderà il fuoco come fe’ alla pezza del panno». Ricca, che paura ebbe che ’l fuoco non s’aprendesse al suo pennecchio, lo fuoco e la rabbia del frate innella tana cieca lassò entrare.

E mentre ch’ellino stavano a questionegiare, sopravenne Michele: aperto l’uscio, trovò frate Bonzeca che il basalischio avea innella tana cieca di Ricca sua moglie. Dicendo: «Or questo che vuol dire?», lo frate volendosi levare, le brachi che alle gambe l’aveano fatto traverse, non attamente levar si potéo. Michele preso uno bastone, a frate Bonzeca diè tanti colpi che per morto lo lassò, e quel basalischio che prima grandissimo era lo fe’ assai picolo divenire. E a Ricca disse perché avea tal cosa consentito; rispuose: «Per paura che il fuoco di sant’Antonio non mi s’apiccasse di sotto al pennecchio, come s’era apiccato al panno».

Michele, perdonandoli, spettò che ’l frate, che tramortito era, si risentisse. E come fu risentito, disse: «O frate, io cognosco che chi è perfetto amico di santo Antonio non terrè’ li modi che hai tenuti, e non penso che sant’Antonio facesse per sì fatte persone, come tu se’, miracoli; e pertanto fà di dirmi in che modo il fuoco al panno s’aprese, e non m’andare in ciance, altramente con questo bastone te ne darò tante che morto ti lasserò». E prima che il frate avesse aperto la bocca per parlare, Michele li diè du’ grandissime bastonate dicendo: «Dì tosto!» Lo frate, che a pena la voce potea porger del dolore, disse: «Io…». Mentre che dicea, Michele spranga una gran bastonata in sulle spalli dicendo: «Fusti [p. 412 modifica]tu che quel fuoco mettesti?» Lo frate disse sì. E domandando del modo, con darli du’ bastonate, lo frate, che a male mani si vede, lel disse tutto come avea seguito e quello che n’avea fatto.

Michele, presoli la scarsella, tutto quanto li parea che valesse il suo panno, tanti denari ne trasse. E datoli una bastonata, disse: «Per la vergogna e per lo ’nganno fatto alla mia donna, oltra le bastonate avute, vo’ che due di nuovo n’abbi». E poi prese iiii fiorini di quelli del frate dicendo alla donna: «Questi siano tuoi acciò che ristorata sii del vituperio che tu hai fatto». Et aiutatolo Michele a tirarsi su le brachi, che più di iiii punti le convenne ristringere per le battiture che l’avean fatto sottile diventare, e mandato fuora della casa minacciandolo se mai in quello di Pisa lo ritrova d’ucciderlo; e così frate Bonzeca, credendo beffare, ricevéo beffe e danno né più in quello di Pisa si lassò trovare. E più mesi convenne che il frate innello spidale dimorasse prima ch’andar potesse.

Ex.º lxxxxiiii.