Novelle (Sercambi)/Novella LXXXVII

Novella LXXXVII

../Novella LXXXVI ../Novella LXXXVIII IncludiIntestazione 25 maggio 2023 75% Da definire

Novella LXXXVI Novella LXXXVIII
[p. 380 modifica]

LXXXVII


C>olla dilettevole novella la brigata fu condutta dove aparecchiato da cena onorevilmente era; e cenato, a dormire n’andonno fine a la mattina che levati furno. Lo preposto parlò dicendo e l’altore che una novella dica fine che a Reggio la brigata fi’ condutta. E voltòsi l’altore dicendo:

DE PERICULO IN ITINERE

Di Giannozzo da Firenze, che avendo venduti castroni per ducati mille a Bologna, ii gaglioffi l’amazzono e rubonno.

N>el tempo che la città di Bologna era della Chiesa, uno mercadante fiorentino nomato Giannozzo avendo condutti in Bologna alquanti castroni per vendere e quelli avendo venduti per dugati m, li quali quelli ricevéo in su uno banco di Bologna; e quando tali ducati Giannozzo prese, erano ii gaglioffi apresso a quel banco che al sole si stavano, l’uno de’ quali avea tagliato mendue le mani e l’altro avea tagliato il piede e cavato uno occhio. E vedendo a quel mercadante prendere tanti ducati, fra loro disseno: «Vogliamo noi rubbare a quel mercadante forestieri quelli ducati?» Acordati di sì, andoron dirieto a quel mercadante fine all’abergo, dove sentinno colui esser da Firenze et a Firenza volere cavalcare. E’ fatto ragione coll’oste faccendo aparecchiare suoi bisacce e conciare lo cavallo, li gaglioffi subito di Bologna si partiro e per la via da Firenze in uno mal passo si puoseno a modo di volere acattare, spettando Giannozzo che vegna. [p. 381 modifica]

Giannozzo montato a cavallo, con m ducati per camino si mette. E venuto presso al mal passo dove i gaglioffi erano, li quali come Giannozzo da lungi vedeno, subito quello che tagliato avea il piè in una fossa cava si lassò andare, e quello che tagliato avea le mani faceva vista di volerlo aitare. Essendo in tal modo, Giannozzo cantando ne viene a cavallo e giunse dov’erano quelli gaglioffi e traditori; li quali disseno: «Deh, per Dio io ti prego», disse quello che le mani avea tagliate, «che ti piaccia aiutarmi cavare di questa fossa questo mio compagno, che vedi che io trarlo non posso!» Giannozzo, vedendo costoro a tal partito, non pensando il suo danno, dismontò dal cavallo et andò alla fossa; e quando quine condutto fu, porgendo le mani al zoppo, prendendolo e strettamente tenendolo, il monco, vedendo che ’l zoppo per la mano lo tenea, di colpo innel culo lo percosse e dentro innella fossa lo fe’ cadere, e subito il zoppo trasse lo coltello da lato a Giannozzo e per li fianchi li diè per tal modo che l’uccise. Morto ch’e’ fu, quelli ladroni li ducati m li tolseno e lui e ’l cavallo quine lassaro, et in Bologna ritornonno alogiandosi in uno albergo, dove più tempo steono.

E trovato il ditto Giannozzo morto, la famiglia del podestà di Bologna andata a vedere, trovò il cavallo con alcune scritture; e fu sentito la persona morta esser Giannozzo mercadante da Firenza. E saputosi la sua morte, subito per alcuni amici a Firenza a’ parenti di Giannozzo ne fu scritto della morte e della robba. E non trovandosi chi tal male fatto avesse, dandosi il podestà e l’altre signorie a investigare, niente trovar se ne può. E venuto alcuno parente di Giannozzo in Bologna per vedere se niente della robba fatta raconquistar si potesse, e niente valse, per che a Firenze ritornarono, lassando in Bologna alcuni loro amici che sempre si dessero a cercare se trovare i mafattori si potesse.

E stando i ditti gaglioffi e malandrini più di vi mesi in Bologna innell’abergo ditto spendendo largamente, volendo la mattina capponi lessi e la sera caponi arosto, dandosi piacere e buon tempo; or perché le cose non si puonno tanto far secrete che alcuna volta non vegna a palese, un giorno essendo l’ostieri di quelli gaglioffi [p. 382 modifica]a bere in una taverna con uno fornaio, tra loro fu alcuno ragionamento come guadagnavano. Lo fornaio disse: «Io ho buono guadagno ché al mio forno più di c famiglie il loro pane cuoceno». L’ostieri disse: «Io hoe in casa du’ poveri che vanno acattando, e ben otto mesi sono stati innel mio albergo che più di c ducati nuovi di zecca m’hanno dato, e ogni du’ di me ne danno quando uno e quando du’ che paiano usciti del fuoco. E dìcoti che se costoro staranno meco un anno mi faranno ricco». Lo fornaio disse: «Buono giambo hai». Alle quali parole uno di quelli che lassati erano per sentire della morte di Giannozzo il quale a bere in quella taverna era andato, udendo quello che l’ostieri dicea, tenendo in sé faccendo vista di non aver udito, fra se medesmo dice: «Forsi quelli gaglioffi che così largamente spendeno potrenno esser stati quelli che Giannozzo uccisero».

Et andatosene al podestà, narrò tutto ciò che l’ostieri avea ditto, dicendoli: «Io non vorrei però che fusseno guasti della persona non avendo fallito». Lo podestà disse: «Lassa fare a me». E subito mandò per quello ostieri; e venuto, li disse quali osti avea innell’albergo. L’oste disse: «Infra li altri che io hoe, so’ du’ poveri che vanno acattando, l’uno de’ quali ha meno amendu’ le mani e l’altro ha meno uno piè et uno occhio». Lo podestà disse: «Come ti pagano se vanno acattando?» L’oste disse: «Io non so, che più di otto mesi inne l’abergo mio sono stati et hannomi dati più di c ducati nuovi di zecca, dicendomi che a loro non dia altro che capponi lessi e arosto e che io li faccia ben godere; et a me fanno buono pagamento». Lo podestà fece vista d’andare un pogo altro’ dicendo che l’aspettasse.

E subito alla sua famiglia disse: «Andate in sul desnare a cotale albergo e menatemi du’ che quine troverete, cioè uno che ha le mani mozze e l’altro ha meno il piè e l’occhio». La famiglia subito allo albergo andò e quine trovaro li preditti; e presi, al podestà li menorono. Il podestà che tornato era a l’albergatore dimandandolo di quelli, intanto i gaglioffi giunsero dinanti al podestà. Il podestà li dimandò se i ducati aveano dati a quell’ostieri e quanti. Coloro disseno di sì e che erano du’ c. Il podestà dice: «Unde li avete avuti?» Coloro rispuosono che acattate per l’amor [p. 383 modifica]di Dio l’aviano. Il podestà dice loro: «Or sonvi dati ducati per l’amor di Dio?» Ellino diceno: «E’ ci è dato monete e noi poi ne facciamo ducati». Lo podestà disse: «Qual cambiatore ve li ha dati?» Coloro disseno: «Ogi uno domane un altro». Lo podestà adirato disse: «Traditori, voi dovete essere stati quelli che Giannozzo da Firenze avete ucciso!» E subito fattoli cercare ciò che a dosso aveano, trovò loro più di viii cento ducati et alquanti piccioli. Lo podestà, vedendo questi denari, disse: «Ladri, voi nol potete negare!» E fatto loro alcuno tormento, confessonno loro esser stati quelli che Giannozzo morto e rubato aveano.

Lo podestà senza indugio mandato per lo procuratore de’ parenti di Giannozzo offerendo loro li ducati trovati come la condanagione sarà letta, e subito fatto stracinare i mafattori fine a’ luogo dove Giannozzo fu morto, e quine a un paio di forchi li fe’ apiccare et al procuratore delli eredi li ducati ristituitte.

Ex.º lxxxvii.