Pagina:Sercambi, Giovanni – Novelle, Vol. I, 1972 – BEIC 1924037.djvu/381


novella lxxxvii 381


Giannozzo montato a cavallo, con m ducati per camino si mette. E venuto presso al mal passo dove i gaglioffi erano, li quali come Giannozzo da lungi vedeno, subito quello che tagliato avea il piè in una fossa cava si lassò andare, e quello che tagliato avea le mani faceva vista di volerlo aitare. Essendo in tal modo, Giannozzo cantando ne viene a cavallo e giunse dov’erano quelli gaglioffi e traditori; li quali disseno: «Deh, per Dio io ti prego», disse quello che le mani avea tagliate, «che ti piaccia aiutarmi cavare di questa fossa questo mio compagno, che vedi che io trarlo non posso!» Giannozzo, vedendo costoro a tal partito, non pensando il suo danno, dismontò dal cavallo et andò alla fossa; e quando quine condutto fu, porgendo le mani al zoppo, prendendolo e strettamente tenendolo, il monco, vedendo che ’l zoppo per la mano lo tenea, di colpo innel culo lo percosse e dentro innella fossa lo fe’ cadere, e subito il zoppo trasse lo coltello da lato a Giannozzo e per li fianchi li diè per tal modo che l’uccise. Morto ch’e’ fu, quelli ladroni li ducati m li tolseno e lui e ’l cavallo quine lassaro, et in Bologna ritornonno alogiandosi in uno albergo, dove più tempo steono.

E trovato il ditto Giannozzo morto, la famiglia del podestà di Bologna andata a vedere, trovò il cavallo con alcune scritture; e fu sentito la persona morta esser Giannozzo mercadante da Firenza. E saputosi la sua morte, subito per alcuni amici a Firenza a’ parenti di Giannozzo ne fu scritto della morte e della robba. E non trovandosi chi tal male fatto avesse, dandosi il podestà e l’altre signorie a investigare, niente trovar se ne può. E venuto alcuno parente di Giannozzo in Bologna per vedere se niente della robba fatta raconquistar si potesse, e niente valse, per che a Firenze ritornarono, lassando in Bologna alcuni loro amici che sempre si dessero a cercare se trovare i mafattori si potesse.

E stando i ditti gaglioffi e malandrini più di vi mesi in Bologna innell’abergo ditto spendendo largamente, volendo la mattina capponi lessi e la sera caponi arosto, dandosi piacere e buon tempo; or perché le cose non si puonno tanto far secrete che alcuna volta non vegna a palese, un giorno essendo l’ostieri di quelli gaglioffi