Novelle (Sercambi)/Novella LXXIIII

Novella LXXIIII

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LXXIIII


D>itta la novella, le danze riprese colli stormenti, e verso la cena, la quale era aparecchiata, si ridusseno et a cena si puosero. E con piacere cenato, a dormire n’andarono, là u’ senza dar volta fine alla mattina dormirono.

E levati et udita la messa e cercato Napoli, venuta l’ora del desnare, con diletto desnaro e colli stormenti e danze innel giardino entrarono; e quine dato una danza, il preposto a l’altore comandò che una moralità e poi una novella dica acciò che la brigata non stia oziosa. L’altore presto disse:

«O del ben ricco di fortuna, stolto,
che t’è amico diresti
chi coda fatti per mangiarti ’l pane!
Se tu avessi di prudenza volto,
così noi chiameresti
chi segue te come carogna cane,
ma tali amici e tali ricchezze vane
dispregeresti e porresti speranza
in cosa che fidanza
di tenerne fermezza alcuna avessi,
com’è d’aver un amico provato,
in te tanto incarnato
che pianga quando tu per duol piangessi,
<e> che nel tempo tuo felice sia
sostegno che non caggi per follia».

E restato, l’altore voltandosi parlò: [p. 325 modifica]


DE AMICITIA PROBATA

Di Lommoro e Fruosino.


N>el bel castello di Prato fu uno lavoratore ricco di possessioni e di denari e d’altre cose nomato Lomoro, il quale avea uno suo figliuolo d’anni xx nomato Fruosino; e non avendo altro figliuolo, lassava a questo Fruosino prendere suoi piaceri, dandoli balìa di spendere, e della casa quello volea non li era divietato.

E stando in tal maniera il ditto Fruosino, molti suoi vicini apiccatori di fiaschi, dimostrando verso di Fruosino una grande amicizia, ogni dì desnavano e cenavano con Fruosino, dicendoli: «Noi faremmo per te ogni gran fatto». Fruosino come giovano credea tutto ciò che quelli fregatori di lucciole li diceano, faccendo loro ogni dì cene e desnari, e talora dava loro alcune cosette.

E per questo modo dimorò più tempo, stimando Fruosino potere colla sua ricchezza aver più brigata che uomo di Prato, sempre crescendoli la volontà di spendere per onorare li amici al suo modo. Lommoro, che vede il figliuolo esser grande spenditore, ogni dì piena la casa di mangiatori, e dipoi sentìa che diceano tra loro: «Noi goderemo quella robba che Lomoro padre di Fruosino ha raunata: noi la spargeremo non men tosto che lui ponesse a raunarla». Avendo sentito più volte Lomoro tal parlare, pensò volere lo figliuolo da tale amicizia dilevare, dicendo fra se medesmo: «Se io dico che queste brigate io non voglio, il mio figliuolo disdegnerà meco e potrè’melo perdere; e pertanto a me conviene trovare modi onesti acciò che <’l> mio figliuolo si rimagna di tale brigate et intenda a bene fare».

Et un giorno, piacevolmente avendo tenuto gran convito de’ suoi mangiaguadagno, Lomoro disse a Fruosino suo figliuolo: «Dimmi, figliuol mio, quanti amici credi avere?» Fruosino disse: «Amici io n’ho più di l, e non sta se non a me a volerne, che più di c n’arei». Disse il padre: «Se tanti amici hai di sì pogo tempo, tu ti puoi dar vanto, che mai neuno tuo parente non potéo tanto mai fare <che>, non che l n’avesse, ma pur uno con fatica se ne potesse trovare. E dìcoti che io che ho più di l anni non ebbi né [p. 326 modifica]ho se non uno, e quello è ’l mio compare Taddeo». Rispuose Fruosino e disse: «Padre, voi ci vivete a l’antica, ina lassate fare a noi giovani, che ogni di n’arei quanti ne volesse». Lommoro dice: «O figliuolo mio, io credo che dichi vero, che penso che credi aver l amici: ma tu non te ne troveresti al bisogno vi». Fruosino dice: «Se fussimo alla prova io me ne troverei più di l». Lo padre dice: «Io vo’, figliuolo, che de’ tuoi amici facci la prova, et io avendone uno la farò del mio; e chi arà più amici, o tu avendone tanti o io avendone uno, sia ininistratore di tutti i nostri beni». Fruosino dice: «Io sono contento; or che prova vogliam fare?» Lomoro dice: «Noi uccideremo il porco che dobiamo insalare e metterèllo in uno sacco così sanguinoso, e poi te n’anderai a l’amico tuo, qual più ami, e dirà’li che tu hai fatto micidio, e però lo prega che quello che hai morto lo porti innella marina e quine entro lo gitti. E se lui non aconsente, prova l’altro, e tanti ne prova che ti vegna fatto». Fruosino, pensando a una sola parola averne l, allegro, uccisero il porco.

E messo innel sacco, se n’andò al primo amico, dicendoli come avea ucciso uno et in uno sacco l’avea messo, che lo pregava lo portasse alla marina e quine lo gitti. Lo primo rispuose che quella gatta non sarè’ sua e che se lui l’ha morto non vegna là u’ elli sia se non vuole che lui lo vada accusare. Fruosino, che già ha provato il primo, andò al secondo e le simile parole li disse del morto. L’amico secondo disse: «A me non possa nuocere! Vatti con Dio che io non me ne impaccerei!» Andato al terzo pregandolo, lui rispuose: «A me non apiccherai questa pelle di volpe!» E per questo modo tutti e l li provò e di tutti ebbe risposta di non volersene impacciare.

E tornato al padre, il padre li disse: «Figliuolo, hai fatto portare il morto?» Fruosino disse: «Padre, voi cognoscete le genti meglio di me»; e tutto racontò. Lomoro dice: «Or và a Taddeo mio amico e dilli quello che hai a li altri, e vedi quello fa». Fruosino si parte et andò di notte a Taddeo. E come Taddeo lo vidde, disse: «Che buone novelle?» Fruosino dice: «Io ho morto uno et holo in uno sacco in casa: io vorrei come amico che voi lo portaste innella marina». Taddeo che ciò ode disse: «O figliuolo, andiamo!» [p. 327 modifica]E missosi il sacco pieno in collo credendo fusse uno omo e fuor di casa uscito et al fiume della marina portandolo — avendo prima ditto a Fruosino che a persona non apalesasse la morte fatta — , e come Taddeo volse aprire il sacco, Lomoro sopragiunse e disse: «Compare, torniamo indrieto, però che cotesto è il nostro porco»; e tutto racontò.

Fruosino, avendo veduto l’amico perfetto, pensò dovere li altri abandonare e solo atenersi a quel del padre et intendere alla massarizia. Li amici di boccone la notte stenno sospesi; la mattina si trovano con Fruosino pensando che a desnare li menasse, Fruosino disse: «Io non vo’ ogimai vostra domestichezza». Allora, pensando fusse stato vero la morte ditta, disseno: «Noi t’accuseremo al podestà che tu hai morto uno». Fruosino più cognove coloro non esser suoi amici; e per farli certi disse: «lo l’ho morto e possovelo mostrare». E menòli in bottega sua, là u’ mostrò loro il porco e racontò loro la loro amicizia esser da nulla.

E d’alora innanti Fruosino più tale amicizia non volse, ubidendo il padre.

Ex.º lxxiiii.