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LXXIIII


D>itta la novella, le danze riprese colli stormenti, e verso la cena, la quale era aparecchiata, si ridusseno et a cena si puosero. E con piacere cenato, a dormire n’andarono, là u’ senza dar volta fine alla mattina dormirono.

E levati et udita la messa e cercato Napoli, venuta l’ora del desnare, con diletto desnaro e colli stormenti e danze innel giardino entrarono; e quine dato una danza, il preposto a l’altore comandò che una moralità e poi una novella dica acciò che la brigata non stia oziosa. L’altore presto disse:

«O del ben ricco di fortuna, stolto,
che t’è amico diresti
chi coda fatti per mangiarti ’l pane!
Se tu avessi di prudenza volto,
così noi chiameresti
chi segue te come carogna cane,
ma tali amici e tali ricchezze vane
dispregeresti e porresti speranza
in cosa che fidanza
di tenerne fermezza alcuna avessi,
com’è d’aver un amico provato,
in te tanto incarnato
che pianga quando tu per duol piangessi,
<e> che nel tempo tuo felice sia
sostegno che non caggi per follia».

E restato, l’altore voltandosi parlò: