Novelle (Sercambi)/Novella XLVIIII

Novella XLVIIII

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XLVIIII


E come ebbe ditto, el preposto disse che a dormire si vada.

A>ndata la brigata a dormire e la mattina levati, il preposto per dar il suo exercizio deliberò il giorno investigare la moltitudine di mercadanti di drappi di seta di lana e di spezie e d’ogni mercantia, et i loro fondachi per vedere. E compreso li grandi guadagni che far doveano innel tempo che Roma era del mondo signora, e’ molto in fra sé immaginava quanto potea esser allegro chi a quel tempo si trovava mercadante.

E passato il giorno in su tal pensieri, li servidori chiamonno il preposto e la brigata dicendo: «Le vivande si guastano». Lo preposto richiesto la brigata, lavatosi le mani, et a taula si puoseno. E cenato, il preposto disse: «Oh, quanto mi pare questa terra esser stata utile a’ mercadanti! E di vero, se bene ho compreso Roma innel tempo ch’era grande, tutto il tesoro del mondo convenìa per li mercadanti in questa terra esser condutto». E voltosi a l’altore disse che contentasse la brigata di bella novella; e perché il dì aveano alquanto dormito, disse che non si curasse perché la novella sia lunghetta. L’altore per ubidire disse:


DE RECTO AMORE ET JUSTA VINDICTA

Di Vergilio, quando romase apiccato a mezzo lo muro per
amore di una figliuola dello ’mperadore la quale avea
nome Isifile


P>rima che Cristo incarnasse innella Vergine Maria era in Roma uno imperadore nomato Adriano, il quale avea una sua [p. 218 modifica]figliuola grand’e donzella nomata Isifile, la quale lo ’mperadore tenea in una bellissima torre, di notte et alcuna volta di dìe, quando ella non uscìa fuori di casa, ché rade volte andava per suo spasso per Roma.

Avenne che in quel tempo Vergilio poeta fu scacciato di Mantova. Et arivato Vergilio poeta e gran maestro in arte negromante a Roma e quine dimorato molto tempo, vedendo un giorno Isifile e piacendoli, essendo del mese di magio, s’innamorò di lei per modo che non molto tempo steo che a Isifile fe’ dire il bene che a lei volea. E doppo molte parole, Isifile, per ingannarlo, rispuose ch’era contenta d’aconsentire alla volontà di Vergilio, ma che non vedea modo ch’e’ a lei andar potesse se non a uno modo, e quello era assai faticoso, ma pur pensava che fatto verrè’. E il modo era questo: che ella, chiesto licenzia al padre di volere suso in torre tirare uno canestro di rose, Virgilio in quello canestro di rose intrar dovea, et ella lo tirerò’ suso e prenderenno loro piacere; e dapo’ per quello medesimo modo si ritornerò’. E tale risposta a Vergilio mandò.

Vergilio, che l’avea l’amore in lei accecato, contento disse ch’era presto a entrare innel canestro, et ella su lo tiri. Ordinata la cosa, Vergilio innel canestro entrò coperto di rose. Isifile falsa tirò Vergilio fine al mezzo della torre e quine tutta la notte fine al mezzodì lo lassò pendente.

Vergilio, vedendosi ingannato e non vedersi andare né su né giù, e stato tanto tempo, più volte per disperazione del canestro volse uscire e lassarsi cadere; ma l’animo suo faccendosi forte di sì fatto fallo per Isifile commesso a suo tempo vendicarsene, se ne ristéo che del canestro non uscìo.

Isifile malvagia, avendo fatto stentare Vergilio più di xvi ore, parendoli tempo di lui vergognare, mandato per lo ’mperadore suo padre e lui venendo, disse: «O padre carissimo, vendicami della vergogna che a me è stata voluta fare da uno malvagio». Lo ’mperadore disse: «Chi è stato tanto ardito che la figliuola dello ’mperadore abia voluta vergognare?» Isifile disse: «Padre carissimo, avendomi voi dato licenzia che uno canestro di rose potesse innella torre tirare, uno Vergilio mantovano, digainando [p. 219 modifica]quello che le rose arregava, innel canestro entrò, e coperto di rose, suso lo feci tirare. E vedendo io che molto pesava quando a mezzo della torre fu tirato, considerando le rose tanto non dovere pesare, fattami alla finestra della torre, Vergilio viddi, et io ciò vedendo fermai la fune aciò che voi, padre, lo possiate vedere e di lui farne quella giustizia che merita». Lo ’mperadore, fattosi alla finestra, vidde Vergilio: e subito fattolo andare giù e misso innelle pregioni, e doppo molta deliberazione fu deliberato che Vergilio morisse.

E venuto il giorno che Vergilio morir dovea, fattoli noto la morte, subito Vergilio con una sua arte, essendo menato alla giustizia, a uno suo famiglio si fe’ portare uno bacino pieno d’acqua, e quine messovi la faccia disse: «Chi Vergilio vuol trovare, a Napoli lo vada a cercare». E subito dalli spiriti maligni fu preso e messo in Napoli.

Lo ’mperadore ciò sentendo, meravigliandosi dello scampo di Vergilio, e non molto tempo steo Vergilio che del fallo commesso per Isifíle si volse vendicare. Che subito per arti fe’ che in Roma fuoco non si trovava né per alcuno modo aregare né fare se ne potea. Vedendo lo ’mperadore questo, et essendone estimolato dal popolo dicendo: «Noi periamo e siamo costretti abandonare Roma se morir non vogliamo»; lo ’mperadore non sa questo fatto unde proceda e niente rispondea. Vergilio, che tutto sa, mandò a dire allo imperadore che mai in Roma non si troverà fuoco se non quello che dal culo di Isifile sua figliuola si prendesse; notificando se neuno ad altri di tal fuoco desse, che il suo e ’l dato si spegnere’.

Lo ’mperadore, veggendo il popolo romano, deliberò, posposto ogni vergogna della figliuola, ch’ella alla piazza comune stesse al culo nuda alzata; e chi volesse del fuoco, con bambagio panno stoppa andava et al culo di Isifile lo ponea, e di presente il fuoco s’aprendea. E per questo modo convenne che tutti quelli di Roma, maschi e femine, vedesseno il culo di Isifile, perché non volse che Vergilio lei vedesse. E così fu isvergognata lei e lo ’mperadore che mai più omini.

Ex.º xlviiii.