Novelle (Bandello, 1910)/Parte II/Novella V
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IL BANDELLO
al magnifico
messer
giovangiacomo calandra
salute
Essendosi questa state, per fuggir gli intensi caldi che in Mantova a si fatta stagione per lo stagnar de l’acque si sentono, la gloriosa eroina nostra commune padrona, la signora Isabella da Este marchesa di Mantova, ritratta ne la ròcca de la Cavriana ove suole la state esser la stanza fredda non che fresca, ed ivi diportandosi come è suo costume, ora leggendo, ora disputando, ora sentendo dolcissimi musici cantar e sonare ed ora altri piacevoli ed onesti giuochi facendo, il nobilissimo ed in ogni sorte di lettere dottissimo, il nostro messer Paris Ceresaro un giorno vi si ritrovò ed a la presenza di tutti narrò un pietoso e fiero caso a Roma avvenuto in quei di; il quale da voi udito, fu cagione che voi componeste e gentilmente ventilaste molte belle questioni amorose e in un libretto in prosa volgare riduceste. Il caso a Roma occorso ho io puntalmente scritto, avendolo due e tre volte dal detto messer Paris sentito narrare. Pensando poi a cui dar lo devessi, voi mi séte occorso a cui meritevolmente si deve, essendo egli stato cagione di farvi si leggiadra operetta comporre. Ecco adunque che a voi lo mando, si per quello che ho detto come anco perché appo voi sia pegno de l’amor che vi porto. State sano. 33* PARTE SECONDA NOVELLA V Fabio romano è da Emilia per gelosia ammazzato a ciò che un’altra per moglie non pigliasse, ed ella sovra di lui subito s’uccide. Poco dapoi che Giulio secondo sommo pontefice ebbe fuor di Bologna i signori Bentivogli cacciato, avvenne che un giovine in Roma, che aveva padre molto ricco ed era unigenito, s’innamorò d’una figliuola d’un altro cittadino romano che era di fazione contraria a la sua ed oltra questo aveva particolar ne- micizia con suo padre. Ma non avendo Fabio — ché cosi il giovine si chiamava — riguardo a la nemicizia che era tra i parenti loro, aperse in tutto il petto a queste fiamme ed attendeva tutto il di, quando poteva, a vagheggiar la fanciulla, che Emilia si diceva, la quale era una de le belle figliuole di Roma. Ella accortasi che Fabio le faceva la ruota, gli pose gli occhi a dosso e cominciò assai fervidamente ad amarlo. E perché di rado avviene che dove le parti s’accordano non segua effetto uniforme al voler loro, dopo alquanti mesi per mezzo de la nutrice che aveva Emilia fin da le fascie e da la culla nodrita e governata, i dui amanti si ritrovarono insieme ne la camera ove Emilia dormiva. Quivi s’abbracciarono più di mille volte ed imitando le colombe affettuosamente si basciarono. Ma volendo Fabio più innanzi andare e por le mani a le parti che la natura c'insegna celare, ella in questo modo gli disse: — Signor mio più da me che la luce degli occhi miei amato, io sono stata contenta che tu fin qui sia venuto, non perché una o due volte meco solamente ti ritrovi, ma a ciò che sempre possiamo insieme vivere. Non ho io cominciato, signor mio, ad amarti per un anno o dui, ma t’amo per esser, se tu vuoi, eternamente tua. Il perché se tu, come il debito vuole, sei di quest’animo, dammi la fede tua qui a la presenza de la mia nutrice, che mai altra moglie che me non prenderai, con ciò sia ch'io altro marito mai non intenda d'avere. Altrimenti più di quello che da me avuto hai non sperare e per la via che venuto sei torna indietro. — Fabio che de l’ardenti fiamme amorose era acceso ed altro non disiava se non goder tutta la NOVELLA V 337 vita sua con colei che più che se stesso amava, cosi le rispose: __ Cor del corpo mio ed unico sostenimento de la vita mia, come non potrei io voler ciò che tu vuoi, se volendo tu la morte mia, ¡n sarei astretto volerla? 11 perché prima dinanzi a questa ima- gine che la Vergine Maria e il suo 'figliuolo Giesu Cristo ci rappresenta e poi a la presenza de la tua nutrice io t’impegno !a fede mia che mai altra donna che te prenderò per moglie, e per più sicurezza tua, se ti piace, adesso ti sposerò. — Piacendo molto questo ad Emilia, egli la sposò, e poi si misero a letto ove il rimanente de la notte con gran piacere insiememente se ne dimorarono prendendo più volte l’un de l’altro amoroso piacere. Innanzi l’alba poi Fabio si parti riputandosi il più contento amante che mai fosse. Stettero i dui amanti più d’un anno godendosi molto spesso, e mai impedimento alcuno non ebbero. Ora volle il padre di Fabio darli moglie; ma egli non la voleva intendere, pregando il padre che a questo noi volesse astringere. Il padre che si vedeva vecchio ed averebbe voluto innanzi la morte sua veder il figliuol maritato, lo fece per via di alcuni parenti ed amici essortare a far quanto egli voleva. Ma veggendo che Fabio non dava orecchie a persona scusandosi che era ancor troppo giovine, lo domandò un di a parte e in questo modo gli parlò: — Fabio, tu vedi che io soruper passar da la vecchiaia a la decrepità e che ornai posso poco più vivere. Fa’ che io mi parta contento dei casi tuoi, il che sarà se tu prenderai quella moglie che io t’ho trovato, bella, nobile e ricca. E quando forse quella che io fra molte scielta ti ho non ti piaccia, dimmi liberamente l’animo tuo, ché un’altra si troverà che sia di tuo sodisfaci- mento. — Fabio udendo ragionare in questa forma il padre, quasi piangendo rispose: — L’animo mio era di non legarmi a nodo maritale cosi tosto, essendo ancora troppo giovine; ma poi che voi cosi volete, io non vo’ altra moglie che Emilia figliuola di Niccolò Crescenzi. — Quando il padre senti ricordar il suo capitale e mortalissimo nemico, tutto d’ira s’infiammò e disse: — Pensa ad altro, Fabio, e non credere che io voglia in casa mia la figliuola del maggior nemico che io al mondo abbia. E per non star tutto il di in questi fastidi, io ti dico per ultima M. Bandello, Novelle. 22 338 PARTE SECONDA risoluzione che tu ti deliberi prender moglie quale gli amici e parenti nostri meco ti daranno, altrimenti io mi ritroverò erede a modo mio, ché sai che io ho ricomperato tutta la roba che era al fisco e ne posso disporre come mi piace. A me non mancheranno figliuoli, se tu disubidiente mi sarai. Va' e pensa bene ai casi tuoi e fra dui di a la più lunga dammi risoluta risposta. — Aveva già Emilia qualche cosa di questo inteso e con lagrime sugli occhi a Fabio la data fede e il maritai anello ricordato. Fabio poi che intieramente ebbe conosciuto la mente del padre, la notte che segui andò a ritrovar la sua Emilia e le parole che tra il padre e lui erano occorse tutte le disse. Disputarono insieme pur assai di quanto far si deveva, cercando dei dui mali elegger il minore. Ed avendo sovra questo lungamente questionato, pregò Fabio la sua Emilia che si volesse acquetare, dicendole: — Anima mia, io ho senza fine pensato sovra il caso nostro, per veder di ritrovar qualche mezzo che mio padre non mi molestasse, ma permettesse ch’io me ne vivessi come fatto ho fin al presente; ma egli sta ostinato in voler per ogni modo ch'io prenda per moglie quella che egli, gli amici e parenti nostri mi daranno. Io son più tosto presto di morire che di mancar de la mia fede. Ben è vero che carissimo mi sarebbe, non rompendo a te la data parola, a mio padre sodisfare. Il perché io vorrei che tu fussi contenta che con tua buona grazia io quella donna sposassi che egli mi darà. Per questo tu non perderai cosa alcuna, perciò che io sempre che ci sarà la comodità verrò a giacermi teco, e quella che mi sarà per moglie data io lascerò sola a casa dimorarsi. Mio padre è vecchio e non può ornai tongamente molto campare: come egli sia morto, io quella che ora prenderò, col veleno mi leverò dinanzi agli occhi, e te poi publicamente sposerò. Altrimenti egli minaccia, non pigliando quella che dar mi vuole, di eseredarmi. Parlargli di te è gettar via parole. — Emilia udendo questi parlari, dirottamente piangeva. Onde egli recatosela in braccio e più di mille volte abbracciatola e basciatola, dolcemente le diceva: — Ché piangi, vita mia? Sta’ di buona voglia, ché Fabio sempre sarà tuo. Deh, unico mio bene e vivo sangue de le mie vitali vene, non t'affligere oramai più, ché con questo NOVELLA V 339 lacrimar tu m’uccidi. — Ella a la fine, da mille singhiozzi impedita, con parole interrotte cosi a l'amante rispose: — Se tu hai deliberato, unico mio signore e cor del mio core, per sodisfar a tuo padre sposar un’altra donna, prima che tu de la promessa a me fatta manchi, tu mi passerai per mezzo il petto il core col tuo pugnale e poi farai quanto più t’aggradirà. Questo ti dico perciò che a me si fa impossibile credere che io potessi viver già mai se tu d’altra donna divenissi sposo. — Le parole furono assai, e quasi tutta la notte altro non fecero che questionar su questa cosa. Ma che ella fosse contenta che egli un’altra ne sposasse, non puoté ottener già mai. Parlò anco assai Fabio con la nutrice, dimostrandole il termine a che era col padre, e che non gli compiacendo perdeva l'eredità, e che non sapeva se mai il padre d’Emilia si fosse contentato di dargliela: che quando il suo fosse morto, egli aveva roba assai, e che assicurasse Emilia che quella che egli sposarebbe, faria in breve morire. Ora partito che egli fu, fece intender al padre com’era presto per ubidirli. Lieto di tal risposta il buon vecchio, fatti invitar i parenti ed amici, fece che Fabio sposò quella che prima gli aveva proposta. La voce si sparse quel di medesimo per Roma. Il che udendo, Emilia fu per morire; ma deliberata non morir sola, mandò pregando Fabio che quella notte a lei n’andasse. Egli a la consueta ora andò e trovolla che amaramente piangeva. Si sforzò assai a la meglio che seppe consolarla, affermandole con santissimi giuramenti che in breve farebbe morir con veleno o per altra via quella che sposata aveva. Parve che la giovane alquanto s’acquetasse, onde si messero a letto ove, dopo che insieme amorosamente ebbero più volte presi l’un de l’altro quei piaceri che tanto si ricercano, Fabio da alto sonno oppresso, a dormire cominciò. Il che veggendo Emilia, perciò che in camera ardeva una lampada, leggermente al suo amante il petto scoperse, e preso un pugnale che Fabio recato aveva, quello si fattamente nel core gli fece penetrare che egli subito mori. Fatto questo, risvegliò la nutrice che a basso del Ietto dormiva, la quale veggendo Fabio morto ed Emilia col sanguinolente pugnai in mano, volle gridare. Ma Emilia la 34« PARTE SECONDA ritenne e con viso rigido e senza lagrime cosi le parlò: — Tu sai, nutrice mia, che quanto bene io aveva al mondo era questo sleal amante: ch’io fossi sua moglie tu sai si bene coni’io. Ma non avendo egli riguardo a tanto amore quanto io gli portava, e meno al maritai anello che mi diede, ha avuto ardire di sposar un'altra. Il che quando io intesi non so perché di doglia non morissi. Ma in vita mi tenni per far di lui e di me ad un tratto vendetta, lo chiaramente conosceva che impossibile stato mi saria di vivere e vedere che altra donna l’avesse posseduto, onde per non morir mille volte l’ora, ho eletto per meglio, morire una sol volta, finir i miei guai. Ma perciò che restando egli in vita, io con quel dispiacere morta sarei che fosse d’altra stato e non mio, come vedi, l’ho ucciso. Resta che animosamente lo segua. — Dir queste ultime parole e darsi nel petto col pugnale che ancora sangue stillava, fu tutto uno. Ella si passò sotto la sinistra poppa, e morta subito sovra il morto amante cadette. La sconsolata nutrice cominciò ad alta voce a far le maggior strida che mai forsennata donna facesse. Corse il padre de la sventurata Emilia al romore, corsero tutti quei di casa, uomini e donne, e veduto l’orrendo spettacolo, facevano di pianti, di gemiti e d'ululati tutta la casa rimbombare. La matina il padre di Fabio avuta la crudelissima nuova, quasi mori, e tardi pentito di non aver al figliuolo compiaciuto, senza ricever consolazione alcuna miseramente piangeva.