Novelle (Bandello, 1853, IV)/Parte IV/Novella XXII

Novella XXII - La moglie di un gentiluomo amorosamente si da buon tempo con il compagno del marito, e di modo abbaglia esso marito, che non può credere mal di lei
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[p. 359 modifica]al molto illustre e valoroso signore}}

il signor Galasso Landriano conte di Pandino salute


Si ritrovano pure alcuni uomini di così ottuso e pochissimo intelletto, che di tale maniera si sono lasciati mettere il morso a le moglieri, che si lasciano persuadere le manifeste e apertissime menzogne, e a le loro volpine parole credeno nè più nè meno come crederebbero al vangelo di san Giovanni. E talvolta, se ci fossero diece testimoni degnissimi de fede che di veduta dicessero una cosa, e la moglie dica il contrario, ser barbagianni più tosto crederà la bugia a la sua moglie che non farà a diece uomini veridici e da bene. Indi aviene che queste tali moglieri fanno poi tutto il dì de le cose, che hanno poco anzi pur nulla de l’onesto, e sono per tutto mostrate a dito come vituperatrici de le famiglie e parentati nobili, e spesso fanno a’ loro figliuoli bastardi ereditare la roba del marito, ne la quale non hanno nè parte nè ragione, privando i veri eredi, cui per lo dritto quelle facultati deveriano toccare. Si ragionava di tale materia in Milano in casa de la molto magnifica e molto gentile signora la signora Giulia Sanseverina e Maina vostra onoranda cognata, e varie cose si dicevano di costoro che tanto credeno a le moglieri, quando Clodo Verz da Condomo, uomo d’arme de la compagnia di monsignore di Lautrec, governatore e vicerè in Italia del cristianissimo re Francesco, a questo proposito narrò una breve istoria. La quale, essendo con voi al vostro dilettevole castello di Pandino, e tornando a la vostra villa di Spino, vi narrai, e mi pregaste che ve ne volessi far copia. Onde sovenutomi che io vi promisi, come era in Milano, di farvela avere, ora ve la mando al vostro nome dedicata, sì per pagarvi il debito e altresì perchè resti, appo quelli che dopo noi verranno, per testimonio de l’amicizia nostra. Ora non potrete voi più dire che io non mi ricordi di voi già mai se non quando vi veggio. Siate contento darla a leggere a la molto valorosa signora vostra consorte, la signora Lodovica Sanseverina. E a la buona grazia de l’uno e de l’altra bacio reverentemente le mani. State sani. [p. 360 modifica]

NOVELLA XXI


La moglie di uno gentiluomo amorosamente si dà buon tempo con il compagno


del marito, e di modo abbarbaglia esso marito che non può credere mal di lei.


Seguendo la materia sopra la quale molte cose dette si sono, io sicuramente vi dico che non bandiamo la croce nè sovvra gli uomini nè sovvra le donne, perchè tutti, chi vuole ben guardarla per minuto, siamo macchiati de una pece. Ci sono degli uomini saggi, e medesimamente ci sono de le donne. E se dirò che ci siano molti uomini senza intelletto e senza giudicio, chi dubiterà che io non dica il vero? Parimente che non ci siano assai donne di poca levatura, sarebbe manifesta pazzia a volerlo negare, veggiendosi ne l’uno e l’altro sesso ogni dì tanti errori quanti si commetteno. Ma che meriti più biasimo in errando o l’uomo o la donna, se si vorrà dire la verità, ci sono molte ragioni che ci sforzano a confessare noi uomini essere più colpevoli e meritare vie maggior gastigo. E se a me non lo volete credere, dimandatene la signora Giulia e sua nipote madama Maddalena Sanseverina, consorte di monsegnore lo generale Ferrero. Ma per non entrare al presente in più lunga disputazione, e dire di quelli mariti che si lasciano tirare per lo naso come pagolini da le mogliere, vi dico che nel mio paese de la Guascogna fu, e ancora credo che sia, in una populosa villa uno gentiluomo, giovane di cerca ventisette anni e de li beni de la fortuna riccamente agiato, il quale per la sua liberalità era appo tutti in grandissimo credito e amato dal popolo. E oltra che era amato, era forte da li paesani temuto, perchè era soldato molto prode e valente de la sua persona, e non bisognava che nessuno li cercasse di torcere uno capello, perchè in qualche modo faceva la vendetta. Questi si innamorò de la moglie di uno suo compagno, gentiluomo del medesimo luoco, che mirabilemente de la caccia si dilettava, e tutto il giorno era a cavallo, ora con cani e ora con falconi. De la moglie di costui essendo il compagno fora di modo innamorato, e tutto il dì in casa dimesticamente da ogni ora pratticando, ebbe in diverse volte agio di manifestare a la donna il suo amore; e sì acconciamente le seppe isporre il fatto suo, che in poco tempo acquistò l’amor di lei, e cominciarono amorosamente a trastullarsi insieme con piacere grandissimo di tutte due le parti. Ma usando poco discretamente la dimestichezza loro, [p. 361 modifica]la madre del marito de la donna prese gran sospetto di loro, e cominciò minutamente a porvi l’occhio addosso, di modo che chiaramente si avide come i dui amanti amorosamente insieme si godevano, e a uno altro suo figliuolo uno giorno il fece vedere. Onde tutti dui di brigata ne avertirono il marito, dicendoli che sua moglie li faceva vergogna, e che l’adultero era il suo compagno. Ma il buono uomo, cui la scaltrita moglie avea dato manicare di molto zafferano, aveva fatto sì buono stomaco che non poteva credere male veruno de la moglie, nè li poteva cadere ne l’animo che il suo compagno gli avesse mai fatto simile torto. Onde disse a la madre e al proprio fratello che si ingannavano, e che creduto già mai non averebbe sì gran follia se con gli occhi proprii veduta l’avesse, e che conosceva bene sua moglie non essere donna di cotale sorte. Così gli amanti perseveravano a buono giuoco a godersi insieme. Avenne uno dì che il marito de la donna, volendo dopo desinare andare a la caccia, invitò il suo compagno se voleva andare seco. Egli, scusandosi, disse come avea certe facende a fare e che non vi poteva ire. Onde il cacciatore andò con suoi cani fora a cacciar le lepri, e il suo compagno si ridusse in camera de l’amante per cacciare il diavolo in inferno. E cacciando tuttavia gagliardamente, ecco la suocera de la donna con l’altro figliuolo, che erano stati in aguato e veduto avevano l’adultero intrare dentro la camera, cominciâro picchiare a l’uscio e chiamar la donna per nome. Il giovane si retirò dietro le cortine del letto e la donna aperse l’uscio. La suocera allora con voce orgogliosa: – Ove è, – disse, – mala femina, l’uomo che poco fa è qui dentro intrato? – Rispose la giovane che non lo sapeva. Ma la scaltrita vecchia, nol veggendo, per la camera andò e dietro le cortine appiattato il vide. Uscì fore l’innamorato giovane, e non essendo ardito il fratello del marito, e meno la madre, di sgridarlo, essa madre solamente li disse che tanto oltraggio non meritava l’amicizia che mostrava a suo figliuolo, quanto egli ne la moglie di quello li faceva, e che questi non erano scherzi da fare a uno amico. Il giovane, nulla stimando ciò che la vecchia li diceva, faceva vista di non intendere nulla; e così se ne uscì fora di casa, come se il fatto non li fosse toccato. Quando poi il marito da la caccia ritornò, a pena era dismontato da cavallo che la madre e il fratello li furono a la presenzia de la moglie, attorno, e li narrarono ciò che era seguìto. Ma la moglie, punto non isbigottita, audacemente negava il tutto, e con le mani su li fianchi, con buon viso li diceva che queste tali imputazioni le mettevano addosso perchè le volevano [p. 362 modifica]male. Il marito, che fore di misura amava la moglie e del suo amico non poteva credere male, commandò a sua madre e a suo fratello che più di quella materia non li facessero motto, dicendo che voleva che il suo amico potesse di giorno e di notte venire in casa e starsi in camera sua con la moglie, perchè bene li conosceva e sapeva che di loro poteva liberamente fidarsene. Avendo poi preso alcune lepri, due ne mandò a l’amico suo già detto a donare. Il mattino seguente, essendo insieme con il suo detto galante compagno, li disse quanto gli era stato detto, ma che certamente a loro niente credeva. Al che egli rispose che molto senza fine di core lo ringraziava, e che di lui si poteva fidare come di fratello suo proprio; ma poi che sua madre e il fratello aveano contra di lui a torto sì mala openione di lui, che egli più per lo avenire non pratticheria in casa. Allora ser non so che mi dire entrò in còlera, e che voleva che come prima ci pratticasse. Non vi pare egli, signore mie e voi signori, che la moglie l’avesse bene acconcio e saputolo galantemente farselo suo? Ma poi che egli così voleva, non fu meraviglia se gli amanti si seppero dare buono tempo.


Il Bandello al nobile e cortesissimo


messer Gioanni Comino salute


Veramente il nostro molto festevole e gentilissimo Boccaccio deveva ottimamente sapere ciò che diceva quando egli ci lasciò, ne la novella di Rinieri lo scolare e di monna Elena, scritto che la cattivella non sapeva che cosa fosse mettere in aia con gli scolari. Ci sono alcune donne che più del devere presumeno del fatto loro e poco conto tengono degli scolari, perchè, veggendogli andar in abito quasi da prete, si pensano che siano uomini fatti a l’antica, e di loro si beffano, perchè vorrebbero di que’ giovani bravi che portano sovra la berretta il cervello e la spada in traverso, che con la punta menaccia a la stella di Marte, e spesso bravano in credenza. Ma se elleno conoscessero ciò che vagliono gli scolari e quello che sanno fare, giovami di credere che non scherzarebbero con esso loro. Sono per l’ordinario gli scolari buoni compagni, aveduti, scaltriti, e sanno vie più