Novelle (Bandello, 1853, I)/Parte I/Novella VII
Questo testo è incompleto. |
◄ | Parte I - Novella VI | Parte I - Novella VIII | ► |
del maggior tempio di Milano, e nondimeno sono io assicurato che tu sei più vago mille volte dei fanciulli che non è la capra del sale. – Alora il Porcellio con alta voce più che puotè e crollando il capo disse: – Oh, oh, padre reverendo, voi non mi sapeste interrogare. Il trastullarmi con i fanciulli a me è più naturale che non è il mangiar e il ber a l’uomo, e voi mi domandavate se io peccava contra natura. Andate, andate, messere, chè voi non sapete che cosa sia un buon boccone. – Il santo frate, tutto a questa diabolica voce stordito, si strinse ne le spalle, e rimirato alquanto il Porcellio per miracolo, come averebbe fatto mirando un spaventoso mostro, sospirando disse: – Oimè, signor Iddio, io ho fatto porre Cristo in una ardente fornace; – e partissi, e incontrando la donna disse: – Madonna, io ho fatto quanto ho potuto. – In questo il Porcellio chiamò ad alta voce la moglie; ella subito corse in camera del marito. Il ribaldone e scelerato uomo le disse: – Moglie, fammi recare una secchia d’acqua e non tardare. – Dimandato ciò che ne volesse fare: – Io vo’ – disse egli – ammorzare il fuoco intorno a Cristo, che quel bestione del frate mi dice che io ho posto in una fornace; – e narrò a la moglie il tutto, la quale ebbe di doglia a morire. Il Porcellio prese meglioramento e sanò del male, e a cosa si divolgò in corte e per Milano, di maniera che da tutti essendo mostrato a dito, fu astretto non uscir più di casa, e creder si può che come era vivuto da bestia si morisse da bestione. E insomma si può dire che il lupo muta il pelo ma non cangia vizio.
Egli è bene ormai tempo che io devessi ricever da voi una sola risposta a le mie tre lettere che v’ho scritte, dopo che voi sète partita di Lombardia e andata nel regno di Napoli. E vi prometto per quella riverenza che sempre v’ho portato, che io tra me stesso deliberato aveva di por fine al mio scrivere e non vi mandar più lettere mie; non già che io sia fatto gran maestro e salito in superbia, o che io più non vi stimi come prima stimava, e che io non conosca le divine doti che sono in voi, ma mi era in questa deliberazione messo per non noiarvi e non vi venir a fastidio. E che altro poteva io imaginarmi sapendo voi aver avuto le lettere mie e non veder in tanti giorni una cedula vostra? Sovvengavi che quando eravate a Casalmaggiore con madama vostra madre, ed io in Cremona, che ogni settimana due fiate per lo meno mi scrivevate. Ora, lodato Dio che ho ricevuto la vostra lettera tutta piena di cortesia, con una scusazione de la tardità vostra de lo scrivere sì ben fatta e tanto accomodata, ch’io mi tengo per benissimo sodisfatto da voi. E a dirvi il vero, se io credessi a tre mie lettere aver sempre una così bella e lunga lettera vostra, io ve ne scriverei ogni settimana una decina. Pertanto se con madama vostra madre, con il signor Federico e signor Pirro miei signori e vostri fratelli mi son lamentato di voi, io me ne rendo di core in colpa, non de l’essermi doluto con esso loro, chè aveva ragion di farlo, ma d’esser stato tanto tardi a farlo. Chè se più tosto avessi io gridato, ed eglino, come hanno fatto, per lettere vi avessero detto male, io averei, già molti dì sono, sentito un piacer grandissimo sì come ora sento. Basta che se sarete negligente a darmi risposta, che io saperò come governarmi, avendo adesso così buona sferza che vi farà sentir le mie querele. Ma io non voglio ora risponder a parte per parte a la dolcissima vostra lettera, riserbandomi a la venuta di Gabriele Villano, che il signor Pirro fra otto o dieci giorni manderà a Napoli. Solamente rispondo a quella parte ove mi dite che io vi mandi alcuna de le mie novelle. Onde essendo stato qui a Gazuolo il nostro messer Giacomo Cappo, ove già dieci giorni sono che io venni, ed avendo narrata una novella che io subito scrissi, quella ho trascritta e per il presente staffiero ve la mando, non avendo per ora novelle nè rime meco. So bene che non accade che io vi dica che la prendiate allegramente ed abbiate cara, sapendo che tutte le ciancie mie sempre vi sono state carissime. Ricordatevi ciò che circa questa materia diceste, essendo a Diporto, a madama illustrissima di Mantova. Restami ricordarvi che io son tanto vostro quanto mai fossi, e che distanza di luogo o lunghezza di tempo mai non scemerà l’affezione verso di voi, e meno la riverenza. State sana.
Fu antichissimo costume dei regi de la Francia di mandar uno dei vassalli loro, o chi più loro era a grado, a governar il paese de la Fiandra, il quale nomavano il Forestario, perciò che quella regione era tutta piena di folte e grandissime foreste quando primieramente cominciò ad abitarsi. Tuttavia fu poi di maniera abitata e coltivata, e venne quel paese domestico e frequentato da popoli, che ora è buona e famosa provincia e molto mercantile. Avvenne adunque che, essendo re di Francia Carlo per sovra nome chiamato Calvo, di Roma imperadore e figliuolo di Lodovico Pio, che anco fu imperador romano, avvenne, dico, che in corte d’esso Calvo fu un Baldoino figliuolo di Adacquero forestario. Era Baldoino uomo molto virtuoso, bello e de la persona valente quanto altro cortegiano che in quella corte regale dimorasse, e al re e a tutti i cortegiani caro. Questo dimorando assiduamente ne la corte, volle la sua buona fortuna, che cominciava a favorirlo per levarlo in alto, che s’innamorasse de la figliuola del re sì fieramente, che ad altro, dì e notte, non pensava che ad acquistar l’amor di lei. Onde non potendo o non sapendo senza la dolce ed amata vista di quella vivere, di tal maniera si governò e sì ben seppe egli fare i casi suoi, che ella altresì, la quale Giudit aveva nome, cominciò aprir il petto a le fiamme amorose e ad amar lui fuor d’ogni convenevolezza. Del che egli, che non teneva la mente e gli occhi ne le calze, essendosi accorto, si tenne il più aventuroso e fortunato amante del mondo, e tutto si diede ad armeggiare, bagordare e far tutte quelle cose che a conservare e ad accrescere l’amore di lei stimava esser buone. Ogni volta poi che egli seco parlava, che era assai sovente per la molta pratica e domestichezza che in quei paesi s’usa, egli a se stesso punto non mancava; ma, con quei meglior modi e più accomodate parole che sapeva, si sforzava farle noto quanto per amor de le sue rare bellezze e saggi costumi ardesse. Ella punto schifevole non si mostrando, l’assicurava che non meno di lui era de le fiamme amorose arsa e disfatta, e che altro non desiderava che di ritrovar convenevol modo che insieme esser potessero. Essendo l’amore de la sorte che udite, venne nuova al re come Adacquero forestario, padre di Baldoino, era morto. Del che Baldoino ebbe grandissimo dolore e stava molto di mala voglia. Ora convenendo al re mandar uno in Fiandra al governo di quelle contrade, dopo l’aver tutti i modi e i costumi dei suoi baroni e cortegiani tra sè considerati, gli cadde ne l’animo che nessuno ve ne fosse che meglio potesse cotal governo amministrare che Baldoino; e tanto più in questa sua openione si confermava, quanto che sapeva il padre di lui esser stato sommamente dai fiamenghi amato e riverito, di modo che teneva la memoria del padre dever essere al figliuolo di grandissimo profitto. Fatto questo proponimento e communicatolo al suo conseglio, e approvando ciascuno l’animo del re, egli, fatto a sè chiamar Baldoino, gli disse: Amico mio, quanto mi sia rincresciuta la morte di tuo padre, nè io dire, nè tu facilmente creder il poteresti. Io mi truovo non solamente aver perduto un fedelissimo servidore, che tuttavia suol esser dannoso e grave, ma anco ho perduto un governator de la Fiandra, che è di quell’importanza che si sa. Tuo padre l’ha di modo governata e sì fattamente s’è con i fiamenghi diportato, che par a loro non un giudice e governatore esser lor morto, ma un pietoso e caro padre. Onde al mio conseglio e a me pare di darti questo carico di forestario, parendoci che in beneficio de la corona e a conservazion di quei popoli saperai imitar tuo padre ed onoratamente governarti, di modo che tutti i fiamenghi ed io restaremo molto ben di te contenti. E in questa maniera la morte di esso tuo padre meno deve dolerti, succedendo a lui ne la dignità ed ufficio che aveva, e a me altresì tanto non rincrescerà, parendomi non essermi mancato Adacquero, ma averne un altro forse meglior trovato. Medesimamente quei popoli resteranno sodisfatti, parendo loro mentre tu gli governarai che tuo padre cotanto da loro amato gli governi. Sì che ti metterai ad ordine a ciò che tu possa quando te lo imporrò andarvi. E circa al governo non m’occorre altro che dirti, se non che tu segua le pedate e i modi di tuo padre, chè così facendo sarai ottimo e giusto governatore. Era Baldoino, di natura sua, forte liberale e aveva speso molto largamente in livree e foggie amorose, vestendo i servidori suoi dei colori che la bella Giudit dati gli aveva. Onde il re ordinò con un de' suoi tesorieri che desse a Baldoino dieci mila franchi, per potersi meglio metter in ordine. Egli, quanto seppe e puotè più accomodatamente, ringraziò il re della buona opinione che di lui teneva e de la cortese dimostrazione che verso lui faceva, e con ogni debita riverenza caldamente lo pregò che, se esser poteva, tale e tanta impresa a più esperimentato personaggio gli piacesse commettere, allegando che egli era molto giovine e mal pratico in cotal governo, scusandosi anco di non voler pigliar i danari, ma che sua maestà in altri affari se ne prevalesse. Il re, non accettando scusa che egli si facesse, volle per ogni modo che quel governo fosse suo e che pigliasse i danari. Fu subito sparta per la corte la fama di questo fatto, e a l’orecchie di Giudit pervenuta fu cagione che ella dolente oltra misura restasse, pensando che più il suo amante non vederebbe, essendo usanza che i governatori de la Fiandra molto di rado e solamente per gran necessità uscissero fuor de la lor provincia. Onde piena di malissima voglia non si poteva consolare. E tanto più grande era il suo occulto dolore, quanto che le conveniva tenerlo celato per non far accorte le genti del suo fervente amore. Da l’altra parte l’amoroso Baldoino, che più stimava una buona vista e una dolce paroletta de la sua innamorata, che quante Fiandre e quanti governi siano al mondo, medesimamente si trovava in grandissimo affanno, perchè, quanto più voleva il debito e la ragione che de l’amore del suo re e di così onorata essaltazione s’allegrasse, tanto più il concupiscibil appetito l’attristava, conoscendo privarsi de la vista di colei quale egli infinitamente amava. Per questo viveva in pessima contentezza e del partir suo faceva grandissimo rammarico, di modo che tutta la corte senza fine si meravigliava veggendolo così malinconico, parendo pur a tutti che egli ne devesse star allegro, avendo, così giovinetto come era, ottenuta quella dignità che i primi baroni di Francia averiano più che volentieri presa, perciò che, oltre l’onore che era grandissimo, il profitto e l’utilità che di cotal reggimento si traeva non si poteva stimare. Domandato poi da alcuni de la cagione di questa sua sì gran malinconia, rispondeva non esser altro se non ch’egli si conosceva a tanta impresa non esser bastante. Giudit anco ella ne era fieramente trista, ma non ardiva mostrar fuori, come è detto, ciò che dentro il petto celava. Ben se ne dolse amaramente con Baldoino quando di secreto parlavano, scusandosi egli di non poter far altro, ma che eternamente le sarebbe servidore e che mai altra donna non ameria. Erano alcuni in corte i quali, ben che giudicassero Baldoino esser innamorato, nondimeno al vero non si apposero già mai, perciò che i dui amanti s’erano sì saggiamente in questo lor amor governati, che non v’era chi giudicasse Giudit esser quella che Baldoino amasse. E quello che a lei apportava penace dolore era che talvolta bisognava che ella essortasse il suo amante ad ubidire al re. Venne il dì che egli, preso congedo dal re, deveva partire. Il che fu a Giudit di tanto cordoglio, che ella ne infermò e stette alcuni dì gravemente male, non conoscendo tanti medici che a la cura di lei erano che male ella avesse. Se quivi fosse stato Erasistrato e Teombroto, poteva essere che di leggero averebbero il mal di quella conosciuto. E certissimamente che Giudit era di ferventissimo amor accesa, non avendo mai gustato l’ultimo frutto che tanto dagli amanti è bramato. Io non voglio ora star a raccontar ciò che i dui amanti a l’ultimo partire si dissero, e quante lagrime e sospiri sparsero, avendo Baldoino a una fenestra preso di notte da lei licenza. Or partito che egli fu ed arrivato in Fiandra, fu da quei popoli onoratamente per la memoria del padre ricevuto. Cominciò poi seguitando i vestigi paterni con tanta destrezza a governar coloro e con questi e quelli secondo le condizion loro diportarsi, che in breve fu a tutti generalmente caro. Ma nè onore nè grandezza nè utile che egli avesse furono potenti non dico di ammorzar le sue ardentissime fiamme, ma nè in parte minima scemarle. Mentre che egli così se ne stava, avvenne che Edelolfo re d’Inghilterra venendo da Roma passò per Francia, al quale il re promise Giudit sua figliuola per moglie. Ella corrucciosa e piena di mal talento fu forzata far il voler del padre; onde sposata andò col marito in Inghilterra, col quale stette circa sei mesi, nel fine dei quali egli infermò e se ne morì, del che ella al padre mandò l’avviso, supplicandolo che mandasse per lei perchè voleva tornarsene in Francia. Da l’altra parte spedì con diligenza un suo messo fidato e l’inviò a Baldoino, al quale scrisse come era per navigare in breve a la volta di Francia, e che ora si vederia se cotanto l’amava come diceva, facendogli intender chiaramente quanto ella bramava che egli facesse. A Baldoino, udendo quanto la sua donna gli scriveva e mandava a dire, s’infiammò meravigliosamente il core di porsi senza tema alcuna ad ogni periglioso rischio, e le rescrisse e mandò, dicendo che a questa volta le farebbe conoscer che molto più l’amava che la vita propria, avvenissene poi ciò che si volesse. E con questo rimandò il messo in Inghilterra, e nel licenziarlo da sè gli disse: – Va, e raccomandami a la tua e mia padrona, e dille che io sono presto a far quanto ella m’impone. Io so bene che tutto il mondo mi terrà per disleale al mio re, che tanto mi ha onorato ed essaltato, e tutti mi biasimeranno. Ma che poss’io, se madonna ed amore, che molto più de l’imperadore e di me ponno, vogliono così, e così mi comandano? Egli mi conviene a madonna e ad amore ubidire, ed io lo farò, chè ad ogni modo non potrei a peggio venir de la vita mia di quello che sono. – Partì il messo con sì fatta lettera e cotal ambasciata, e a Giudit se ne ritornò. La quale, intesa la deliberazion de l’amante, rimase molto allegra. Fra questo mezzo attese Baldoino ad armar alcuni legni e metter ad ordine tutto quello che gli pareva esser di bisogno per far l’impresa che intendeva d’essequire, ma il tutto con quella più secretezza che si poteva, a ciò che nessuno potesse indovinar cosa che egli si facesse; ed essendo alora in Fiandra alcune galere de’ genovesi, egli segretamente ebbe pratica con i padroni di quelle, e largamente gli pagò per potersene poi al tempo de la bisogna sua prevalere. Teneva egli di continovo le spie in Inghilterra per intender la partita de la sua donna, e ad altro non attendeva che a questa cosa, parendogli un’ora mill’anni che al fatto si venisse, con certissima speranza d’acquistar la sua donna che cotanto amava. Stando il fatto nei termini che sentito avete, il re Carlo, non imaginandosi cosa alcuna che disturbar potesse il ritorno de la figliuola in Francia, attendeva solamente a provedere che la figliuola onoratamente se ne ritornasse, con quella compagnia che a figliuola d’un imperadore e moglie stata di un re inglese convenisse. E così provide d’una compagnia di prelati e baroni che per essa andassero, avendo anco con loro dame e madame. Arrivarono con la nave loro i signori francesi senza travaglio di vento in Inghilterra, ove trovarono la reina esser in ordine per navigare, con la quale alcuni signori inglesi e madame s’erano messe per accompagnarla in Francia. Non dopo molto adunque i signori francesi e inglesi, di brigata con madama la reina ed altre donne, con due navi s’imbarcarono e dando le vele al vento cominciarono a navigare. Baldoino, che di punto in punto era del tutto avvertito, si mise anch’egli in mare con le sue galere ed altri legni che d’ogni cosa erano benissimo ad ordine. Ed avendovi posto suso molti valenti uomini pratichi nei conflitti maritimi, se ne navigò ad un certo luogo ove era avvisato che la reina se ne verria, e messosi in aguato attendeva la venuta di quella. Nè fu lungi l’effetto dal suo antivedere, perchè non troppo quivi dimorato cominciò a discoprir le due navi, le quali avendo pochissimo vento navigavano molto lentamente. Come egli ebbe veduto questo, andò suso un battello, di legno in legno essortando i suoi a combatter valorosamente, ancor che gli assicurasse che contesa alcuna ne le due navi non troveriano nè chi loro facesse un minimo contrasto, perciò che su le navi che vedevano quasi senza vento lentissimamente navigare non v’erano uomini di guerra. Aveva poi egli distribuiti alcuni dei suoi fidatissimi uomini per le galere ed altri suoi legni, i quali consapevoli de l’animo di Baldoino andavano promettendo grandissimi doni a tutti quelli che gagliardamente combatteriano, se bisognava menar le mani. Dato ordine ad ogni cosa, Baldoino capo de l’armata fece indirizzar tutte le prore dei suoi navigli a la volta de le navi, che quasi senza vento se ne rimanevano in calma, e quelle in poco di tempo ebbero di maniera circondate e messe in mezzo, che i francesi e gli inglesi tutti restarono sbigottiti, veggendo un’armata così ben in punto e piena d’uomini armati presti a combattere gridar contra loro: «A l’arme, a l’arme». Essendo in quello stante richiesti che calassero le vele e si rendessero per prigioni, se non volevano esser crudelmente ammazzati e gettati per èsca ai pesci in mare, dimandarono i francesi chi era colui che comandava ed era padrone de l’armata, per sapere con chi avessero a fare. Baldoino alora fattosi innanzi e salito suso il castel de la poppa d’uno dei suoi legni che era vicino a le navi, con alta voce disse: – Signori, io sono Baldoino forestario di Fiandra, il quale son qui venuto ad assalirvi e farvi tutti prigioni. Il perchè, o datevi per presi o mettetevi a la diffesa, chè altrimenti non potete scampare. – Alora i signori francesi gli risposero dicendo che su quelle navi era la figliuola del suo e loro re, e che la rimenavano in Francia, essendo, come egli deveva sapere, morto il re d’Inghilterra e madama Giudit rimasa vedova. A questo disse loro Baldoino: – Signori miei, voi sète grandemente errati, se credete che io a guisa di corsale sia venuto ad assalirvi per arricchire e rubarvi le robe vostre, o come fiero assassino bruttarmi le mani nel sangue umano. Io nè l’uno nè l’altro voglio o desidero, chè per simiglianti affari non mi son mosso, nè posto in ordine questa armata con tanti valorosi uomini come qui vedete. E per non tenervi a bada e dichiararvi l’animo mio, avete da intendere che amor solo è quello che m’ha posto le arme in mano, ed egli solo in questa impresa è quello che mi mena, mi conseglia, mi governa ed insegna quanto per me si deve metter ad essecuzione. Amore è il mio nocchiero, il duce e il capitano col cui favore io spero di venir al desiderato fine de l’intento mio. Quello adunque che io con tante fatiche vo cercando e da voi intendo d’avere è madama la reina Giudit, che con queste navi, presa in Inghilterra, in Francia conducete. Se voi pacificamente e senza contrasto veruno me la darete, niente altro del vostro vi sarà molestato, nè toltovi pure il valor d’un soldo, e dove più vi sarà a grado liberamente ve ne anderete. Onde per vostro bene vi conseglio a darmela, poi che chiaramente conoscete che non potete tete in modo alcuno vietarmi che io non la pigli. Ma se così sciocchi sarete, che vogliate farmi contesa, e non la mi dare senza battaglia, apparecchiatevi alla difesa combattendo quanto più potete animosamente; perchè io v'assicuro e prometto, per quanta fede ho al mondo, che senza aver in mio poter essa madama Giudit, non intendo a modo alcuno patirmi. Eleggete ora quel partito che più vi pare a proposito: avete la guerra innanzi a voi ed insiememente la pace: pigliate quella che più vi piace. Erano in compagnia della reina alcuni baroni francesi, domestici ed amici di Baldoino, i quali avendolo conosciuto, e udito ciò che egli a tutti detto aveva, pieni restarono di meravigliosissimo stupore, e gli dissero: ahi, monsignor Forestario, che parole son queste che dite? Che animo è il vostro? Avete voi perduto l'intelletto? È questa la fede che voi al vostro re dovete? È questo l'omaggio che voi li fate? Credete voi che il re lascerà tanta scelleratezza senza convenevol castigo? E volendo più oltre dire, Baldoino gli mozzò le parole, e gli disse con un modo altiero: o voi mi date, madama, o pigliate l'arme per vietarmela. Eglino che si vedevano mal in arnese di combattere, fatto tra lor consiglio, fecero venir la donna innanzi, e le dissero quanto il Forestario voleva, e la dimandarono ciò che intendeva fare: io, disse lietamente ella, se egli vuole me per moglie, voglio lui per marito; e quando sarete innanzi al re mio padre, direte a lui che, non avendo egli riguardo alla mia giovinezza, che ancor diciannove anni non passava, m'ha dato per marito uno che aveva tre figliuoli della prima sua moglie, dei quali il minore, che è qui meco, ha più tempo che non ho io. Ora essendo morto il re Edelolfo, io provista mi sono, ed essendo ancor in Inghilterra, presi per marito monsignor lo Forestario, la cui età ed il valore, con l'amor che mi porta, m'hanno molto ben meritata. Ed avendogli io scritto che non mancasse a venirmi a prendere, egli come sua mi piglia, ed io sempre esser sua intendo. Se prima al parlar di Baldoino i Francesi erano stupefatti, ora rimasero storditi sentendo la donna, la quale in presenza di tutti fu dal sua amante sposata. Egli oltra modo lieto del nuovo acquisto fatto, menò la moglie su le galere con le robe di quella e delle sue damigelle che la volsero seguire. Invitò poi tutti quei signori a far scala in Fiandra ed onorar le nozze di madama; ma quelli andarono al viaggio loro in Francia, e Baldoino, arrivato in Fiandra, fece le nozze molto onorevoli. Il re Carlo poi, udita questa nuova, fieramente si turbò, e volendo bandir l'oste contra Baldoino, fu astretto a voltar l'arme alle bande d'Italia, e venir contra Carlo Crasso e l’altro fratello, suoi carnali nipoti, che contra lui s’erano con grande essercito armati, per levargli l’imperio romano e per seguir la guerra che il padre loro aveva di già cominciata. Onde fece pace con Baldoino e di forestario lo creò conte di Fiandra, investendolo con i suoi discendenti ed assegnandogli la Fiandra per dote di madama Giudit sua figliuola. Per questo Baldoino fece metter insieme molti fiamenghi e gli mandò con il suocero. Il quale, passate l’Alpi, venne in Italia, e su la campagna di Verona fu dai nipoti a battaglia campale vinto, e ne la città nostra di Mantova si ridusse, ove di doglia de la perduta giornata acquistò una grave infermità. Aveva Carlo un medico ebreo, chiamato Sedechia, che seco sempre conduceva, il quale, per danaro corrotto dai nipoti d’esso Carlo, quello in una medicina avvelenò. Onde egli se ne morì. Baldoino udita la morte del suocero, seppe sì bene con Lodovico Balbo suo cognato, che nel regno de la Francia al padre successe, governarsi, che restò de la Fiandra pacifico possessore, e con la sua amata Giudit allegramente lungo tempo visse e di lei ebbe molti figliuoli, la cui genealogia per molti e molti anni è durata. Fu di questa stirpe un altro Baldoino conte di Fiandra, il quale per i buoni costumi e vertù militare, essendo eccellentissimo uomo ne la milizia, negli anni de la nostra salute MCCII fu per elezione di molti prencipi cristiani creato imperadore di Costantinopoli. Cotale adunque fine ebbe l’amor di Baldoino e di Giudit. Chè se forse non era mosso guerra a Carlo sortiva un altro fine; nè perchè l’audacia e temerità sua gli succedesse bene, si deve dedurre in essempio ed arrischiarsi l’uomo a far simili oltraggi al suo signore.
Se ai tempi nostri, signor mio osservandissimo, s’usasse quella cura e diligenza che appo i romani ed i greci fu lungo tempo usata in scriver tutte le cose che di memoria occorrevano, io porto ferma openione che l’età nostra non sarebbe meno da esser lodata di quelle antiche, le quali tanto gli scrittori lodano e commendano. Chè se vorremo per la pittura e scultura discorrere,