Morgante maggiore/Canto ventesimoterzo
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CANTO VENTESIMOTERZO.
ARGOMENTO.
È conquistato Fuligatto il fiero
Boia del viril sesso da Rinaldo,
Che de’ centauri manda al cimitero
Il frombolier Spinardo caldo caldo.
Fuligatto si fa cristian davvero,
E ucciso Dulivante, è lieto e baldo.
Smarritisi Rinaldo e Fuligatto,
Han da certi romiti ospizio e piatto.
1 Deus in adiutorium meum intende,
Che sofferisti per noi dura croce,
Che la tua grazia e ’l tuo regno ci rende,
Non mi lasciar perir presso alla foce,
Poi che noi siamo al levar delle tende:
Io te ne priego con sommessa voce,
Che tutto loda il fin d’ogni opra nostra:
Dunque il cammin insino al fin mi mostra.
2 Rinaldo pel deserto se n’andava;
Aveva il Sol coperto il marin suolo,1
La luna il lume suo tutto mostrava,
Cedevon gli squadranti all’oriuolo,2
Quando Rinaldo la notte trovava
Dove si sta quel Fuligatto solo,
E picchiò l’uscio d’un suo stran palagio,
Fin che rispose il traditor malvagio,
3 E disse: Chi se’ tu? Che vai cercando?
Disse Rinaldo: A te mandato sono.
Fuligatto gli aperse minacciando,
Dicendo: Se tu vai qui pel perdono,
Io tel darò con la croce del brando.
Dicea Rinaldo: Dirti il vero è buono;
Sappi, ladron, che fuor di queste porte
Non uscirò ch’io ti darò la morte:
4 Io vengo per provar mia forza teco.
Rispose Fuligatto: Tu n’andrai,
S’io ti do qualche mazzata di cieco;
Ecco, per Dio, la serpe ch’io sognai,
Che mi parea s’avviluppassi meco,
E per paura di ciò mi destai;
Non mi parea poterla sviluppare;
Tu se’ la serpe, che non vuoi sbucare.
5 Disse Rinaldo: Pel contrario fia,
Che tu sarai la serpe, io lo spinoso,
Che ’l misse un tratto per la sua follia
Nella sua buca, chiedendo riposo;
Poi lo voleva costei cacciar via,
Perch’e’ si voltolava il doloroso:
Onde e’ rispose: A non tenerti a bada,
Chi non ci può star, serpe, sene vada.
6 Fuligatto era tutto maraviglia:
Chi fia costui? dicea, che cosa è questa?
Prese al caval di subito la briglia,
E mena un colpo a Rinaldo alla testa.
Rinaldo un salto della sella piglia,
Quando e’ sentiva toccarsi la cresta:
Dèttegli un pugno, e sbrucagli l’orecchio,
E fe’ di sangue un lago di Fucecchio.3
7 E Fuligatto balza giù stordito;
Rinaldo nol toccò, chè s’è levato,
E come e’ fu tutto in sè risentito,
Diceva, io credo che tu sia incantato,
O qualche diavol dell’abbisso uscito;
Io son per questo pugno smemorato.
Per questa notte vo’ che ci posiamo,
E domattina insieme combattiamo:
8 Non dubitar di tradimento o inganno.
Disse Rinaldo: Non temer pur tu.
Così la notte in cagnesco si stanno;
E come il giorno in oriente fu,
Armati fuori a campo se ne vanno,
E disfidati, sanza parlar più,
Ognun del campo a suo senno si tolse,
E con la lancia al nimico si volse.
9 E riscontrati, le lance volorno
In pezzi in aria, e ’l caval di Rinaldo
Non resse, e’ pie’ dinanzi sinistrorno,
Quantunque in sella si tenessi saldo;
Sì che d’accordo pedon s’affrontorno:
Perchè Rinaldo, per la stizza caldo
Diceva: Scendi in su la terra piana,
O io t’ammazzerò sotto l’alfana.
10 Fuligatto smontò subitamente.
Quivi si danno colpi di maestro;
Rinaldo per un colpo che si sente,
S’inginocchiava dal lato sinestro,
Poi si rizzò: Fuligatto pon mente;
Parvegli tanto nel rizzarsi destro,
E ne’ suoi colpi sì fiero e sì forte,
Che cominciò a dubitar della morte.
11 E quando egli ebbe un pezzo combattuto,
Disse: Baron, l’un di noi dee morire;
Dimmi il tuo nome, ch’almen conosciuto
T’abbi, s’io debbo alla fine perire.
Disse Rinaldo: Questo par dovuto:
Da Montalban Rinaldo mi fo dire.
Ah! disse Fuligatto se’ tu desso
Colui ch’a tutto il mondo è noto espresso?
12 Odo che se’ di casa di Chiarmonte,
Odo che hai tre buon fratei carnali,
Odo che tu uccidesti Fieramonte,
Odo se’ il fior de’ guerrier naturali,
Odo se’ nievo4 a Buovo d’Agrismonte;
Odo in battaglia più che gli altri vali,
Odo che hai Frusberta il nobil brando,
Odo che se’ cugin del conte Orlando.
13 Io son della tua fama innamorato.
E disse tanto, che Rinaldo va
Amico suo, fratello e congiurato,5
Drento al palazzo, e grande onor gli fa;
Poi s’accordorno mutar luogo e fato:
E Fuligatto il suo palagio arso ha,
Dicendo: Mai più uom vo’ che qui vegna,
Dove stata è la tua persona degna;
14 Andianne ove ti piace alla ventura.
In questo un gran serpente, ch’era piatto,
Si scuopre, quando al cul sente l’arsura:
Aggraticciossi al collo a Fuligatto,
Tanto che tramortì per la paura.
Rinaldo con la spada tanto ha fatto,
Che finalmente gliel levò da dosso,
Ma prima gli tagliò la carne e l’osso.
15 Ed anco poi con la coda pur guizza.
Fuligatto parea che fussi morto,
Donde Rinaldo avea gran duolo e stizza
Restar soletto; e dolevasi a torto,
Chè Fuligatto alla fine si rizza:
E risentito, e ripreso conforto,
E ringraziando que’ che in cielo stanno,
Pel gran deserto alla lor via ne vanno.
16 E poi che molto furon cavalcati,
Due lion morti in un luogo foresto
Nel mezzo della strada hanno trovati;
Disse Rinaldo: Che vorrà dir questo?
Questi lion chi ha così ammazzati?
Ma Fuligatto se n’accorse presto,
E disse: E’ fia Spinardo sanza fallo,
Che dicon ch’è mezz’uom, mezzo cavallo.
17 Nel monte periglioso suole stare:
Per certo noi dobbiamo esservi presso:
Una fromba e tre dardi suol portare.
Disse Rinaldo: E’ sarà stato desso:
Non si potre’ questa bestia trovare?
Rispose Fuligatto: E’ suole spesso
Tra questi boschi andar cercando prede:
E intanto una bandiera appresso vede,
18 Con certi Macometti molto strana.
Cominciono a studiare allora il passo:
Questo Spinardo stava in una tana
Nascoso, come l’orso o come il tasso;
Sente venire il cavallo e l’alfana,
Subito misse nella fromba un sasso,
E prese i dardi, ed assaltò costoro,
E mugghia e soffia che pareva un toro.
19 L’alfana per le mugghia è spaventata,
Non la potea Fuligatto tenere;
Poi disse, quando e’ l’ha rassicurata:
Io vo’, Rinaldo, mi facci un piacere:
Se io uccidrò questa bestia sfrenata,
Tu creda in Macometto, chè è dovere;
Se tu l’uccidi, la tua fede vaglia;
Ma che mi doni la prima battaglia.
20 Rinaldo rispondea ch’era contento;
Ma ogni cosa ha sentito Spinardo:
Rise fra sè di tal ragionamento,
E dette a Fuligatto con un dardo:
Nel braccio tutto gliel ficcava drento.
Rinaldo s’arrecava a Bellosguardo,
E vide Fuligatto sbigottito
Cader giù dell’alfana tramortito.
21 Gridò: Pagan traditor, c’hai tu fatto?
Tu se’ bestia per certo e traditore;
Ma per Dio, che se morto è Fuligatto,
Io ti trarrò colle mie mani il core.
Non gli rispose Spinardo a quel tratto:
Diserra un dardo con molto furore,
E tra le gambe passa di Rinaldo,
E fischia, come serpe quando è in caldo.
22 Rinaldo grida: Io ne farò vendetta;
Se tu se’ pazzo, io non son Salamone.
Questo Spinardo il terzo dardo getta:
Rinaldo trasse d’uno stramazzone;
E poi che l’aste taglia con gran fretta
Si difilava a lui, come il falcone
Quando ha veduto i colombi o le starne:
Ovver come il lion che vuol far carne.
23 E fu tanto il furore e la tempesta,
Che ’l porfiro affettato arebbe allora;
E con la spada gli fesse la testa,
Perchè la furia e la rabbia lavora:
Ed anco quivi Frusberta non resta;
Fessegli il collo, e tutto il busto ancora,
Dove la bestia è congiunta coll’uomo;
E morto fece in su la terra il tomo.6
24 E nel cader, con ira molto acerba
Gridò: Macon, s’io non son vendicato,
Lucifero il suo luogo giù ti serba.
Rinaldo a Fuligatto è ritornato,
E la ferita gli sanò con erba
Come piacque a colui che gli ha insegnato.
Ma Fuligatto, com’e’ fu guarito,
Era a veder come un cieco smarrito.
25 E come pazzo a Rinaldo n’andava.
E con la spada lo vuol ristorare
Del beneficio; ed un colpo menava.
Rinaldo il colpo non istà aspettare
Perchè e’ conobbe colui vagellava,
E lascialo a suo modo disfogare:
Ma Fuligatto si ravvide presto,
E chiese perdonanza assai di questo.
26 Disse Rinaldo: Chiedi pur merzede
A quel Signor che la grazia t’ha fatto:
E cominciògli a predicar la Fede,
Tanto che fu contento Fuligatto
E disse che in Gesù si fida e crede,
Ed osservò, com’e’ promisse, il patto.
Rinaldo ad una fonte lo battezza,
E quivi co’ dottor si scandalezza.
27 E disse d’uno, e tre, e Padre, e Verbo,
E lo Spirito Santo, poi incarnato,
E prese come noi, carne, osso e nerbo,
E crucifisso, e poi nel Limbo entrato
Per liberarci dal peccato acerbo
Del primo padre, pel pome vietato;
E disse di Gioseffo e di Maria,
E fece un lago di Teologia.
28 Poi rimontorno a cavallo ed a alfana.
Ora è qui stato alcun ch’ebbe credenzia,
Che Rinaldo il gittò nella fontana
Disavveduto per la gran potenzia,
Chè non potè ritener ben la mana:
Non so s’io me l’approvo per sentenzia,
Chè dicon che vi bevve più d’un sorso,
Se non che fu da Rinaldo soccorso.
29 Lasciali pure andare a lor cammino:
Avevon già passata una montagna
Di notte, e come apparve poi il mattino
Vidon molti Pagan per la campagna;
Disse Rinaldo: O giusto Iddio divino,
Che gente è questa sì feroce e magna?
Or ti conosco, car mio Fuligatto,
Non mi lasciar, fratello, a questo tratto.
30 Disse colui: Non creder ch’io ti manchi:
Morte da te mi può divider solo;
Dove tu andrai sarotti sempre a’ fianchi:
Andiam pur presto assaltar questo stuolo;
Chè io per me gli stimo men che i granchi.
Ecco il signor che innanzi viene a volo:
Fannosi incontro a questo capitano
E ’l salutorno; e così fe’ il Pagano.
31 Domandorno il Pagan com’egli ha nome:
Rispose: Io son Dulivante Pilagi:
A Saliscaglia vo a posar le some,
Perchè Rinaldo e’ suoi fratei malvagi
Offeso m’hanno, non ti dico come,
Datoci morte e tormenti e disagi,
Ed or si vanno con le dame a spasso;
Ma insin di qua si sentirà il fracasso.
32 Cotesta alfana per Macon m’attaglia.
Disse Rinaldo: Ed a me il tuo cavallo.
Disse il Pagan: Proviangli alla battaglia:
Disse Rinaldo: Suona pur, ch’io ballo.
Io vo’ ch’ella mi porti a Saliscaglia,
Tu farai innanzi vi sia più d’un callo.
Io vi sarò, e farò mia vendetta.
Disse Rinaldo: Come n’hai tu fretta?
33 E’ fu sempre un ribaldo, un traditore.
Disse Rinaldo: Io me ne maraviglio;
Sentito ho ragionar del suo valore:
Non gli saresti, Pilagi, famiglio.
Dunque tu vuoi pigliarla per suo amore?
Disse Rinaldo: E per suo amor la piglio.
Piglia del campo, rispose il Pagano;
E volse un suo morel tutto balzano.
34 Rinaldo non istette a pigliar lucciole:7
Voltò il cavallo in aria con un salto,
Per dare al Saracino altro che succiole;
Ma come giunse in sul bel dell’assalto,
O che ’l destriere inciampi, o ch’egli sdrucciole,
Si ritrovò con esso in su lo smalto:
E quando e’ vide pur che non si rizza,
L’uccise con un pugno per istizza.
35 Maladetto sia tu, dicea rozzone,
Maladetto sia l’orzo ch’io t’ho dato,
Maladetto sia il fren, caval poltrone,
Maladetto sia io che t’ho stregghiato;
Maladetto sia il tuo primo padrone,
Maladetto sia mai chi t’ha allattato,
Maladetto sia l’erba c’hai pasciuto,
Maladetto sia il dì ch’io t’ebbi avuto.
36 Intanto Fuligatto grida forte,
E con la lancia in su la resta viene,
E disfidato avea Pilagi a morte,
E con gli spron sollecitava bene;
E come dato per fato era e sorte,
La lancia gli cacciava per le rene,
E traboccato morto è in su la terra,
Donde per questo appiccata è la guerra.
37 Egli avea diecimila combattenti:
Addosso a Fuligatto ognun si volse.
Rinaldo d’ira diruggina i denti,
E di Pilagi il balzàn presto tolse,
E come l’orso irato tra gli armenti,
Il sacco in tutto di sua furia sciolse:
E mai non fu quanto quel dì gagliardo;
Ma e’ si dolea che non avea Baiardo.
38 Dove se’ tu, Baiardo mio? diceva:
E sempre tonda menava Frusberta,
A mosca cieca quel tratto faceva;
Tristo a colui ch’aspettava l’offerta;
E braccia e capi balzar si vedeva:
Tutta la terra pareva coperta
Di gente smozzicata saracina,
Da poter far mortito o gelatina.
39 L’un sopra l’altro a traverso giù balza:
Non si fe’ mai di bestie tanto strazio,
Tanto che ’l sangue alle cigne quivi alza,
E pur Rinaldo non pare ancor sazio:
Già per fuggire era piano ogni balza,
Ma non avevon con lui tanto spazio:
E Fuligatto assai n’avea distrutti,
Tanto che morti o fuggiti son tutti.
40 E poi che fu la battaglia finita,
E Fuligatto una vesta vedia
Ch’avea Pilagi, ed halla a sè vestita,
Che in campo bianco un lion nero avia;
Rinaldo tanto gli parve pulita,
Ch’un’altra presto per sè ne volia:
E lascian questa gente morta e afflitta,
E ritornorno alla lor via diritta.
41 Tutto quel giorno cavalcato avieno
Per boschi, per burron, per mille chiane,
E non s’avevon messo nulla in seno:
Saltato in aria arebbono ad un pane,
Chè vi vedean come l’arco baleno
La fame: in questo e’ senton due campane,
E scorson dalla lunga un romitoro,
Che non facea mai festa sanza alloro,
42 Più tosto sanza pane o cacio o carne;
De’ pesci avea, ch’egli sta sopra un fiume:
Al romitoro si studiano andarne,
Chè per la fame non veggon già lume;
Parranno loro i pesci più che starne;
La porta bussan, come era costume:
Venne un romito e disse: Ave Maria.
Disse Rinaldo: Se del pan ci fia;
43 Se non, lodato sia quell’agnol nero.
Disse il romito: Sète voi Cristiani?
Disse Rinaldo: Questo abbi per vero;
Aresti tu da darci almen due pani?
Per Dio, romito, ch’abbiamo il sentiero
Per questi boschi smarrito sì strani.
Disse il romito: Di voi assai m’incresce,
Ch’io non ci ho pan, ma e’ ci sarà del pesce.
44 E poi toglieva una sua rete in collo,
E disse: Intanto qui vi poserete,
E fate il fuoco mentre ch’io m’immollo;
So che de’ pesci io n’empierò la rete,
Tanto ch’ognun di voi sarà satollo,
E de’ sermenti pe’ cavalli arete.
Così smontorno, e dettono a’ cavalli
Certi sermenti dur più che coralli.
45 Questo romito molti pesci prese,
Ed empiene la zucca e ’l pellicino;8
Rinaldo e Fuligatto il fuoco accese.
Torna il romito, e va per trar del vino;
Un angel presto dal ciel giù discese,
E disse: Porterai su al paladino,
Quale è Rinaldo, questa mia vivanda,
E di’ che il suo Gesù dal ciel la manda.
46 Torna il romito, e presenta a costoro
Questa vivanda piena di dolcezza,
E dice come Iddio la manda loro;
Donde ciascun ripien fu d’allegrezza:
Ben parea certo dell’eterno coro:
Vedi che Cristo i suoi fedeli apprezza.
Dicea il romito: Statevi a vostro agio,
Ma, a mio parer, vi sarà assai disagio.
47 La casa cosa parea bretta9 e brutta,
Vinta dal vento, e la natta e la notte
Stilla le stelle, ch’a tetto era tutta;
Del pane appena ne dette ta’ dotte;
Pere avea pure e qualche fratta frutta,
E svina, e svena di botto una botte;
Poscia per pesci lasche prese all’esca,
Ma il letto allotta alla frasca fu fresca.
48 Lasciàngli come il bruco in su le frasche
Rinaldo e Fuligatto insino al giorno,
Ch’a questo modo smaltiran le lasche,
E il mosto e ciò che la sera mangiorno,
Perch’altra fantasia par che mi nasche.
Sento di lunge chiamarmi col corno,
E suona, quel che chiama, quanto e’ pote,
Chè qui comincian le dolenti note.
49 Ricciardetto, ove t’ho io lasciato?
Tu non sai, lasso, del futuro ancora:
Omè ch’io veggo il mondo avviluppato!
Un serpente esce della terra fòra
Con sette bocche, e fuoco arà gittato,
E molta gente con esse divora:
Farà tremar le mura di Parigi,
E Montalban, che v’è sol Malagigi.
50 Non creder vendicato il Veglio sia;
Ben surgerà di lui qualche rampollo,
E tanta gente per lui morta fia,
Ch’ognun di sangue si vedrà satollo;
Andrà sozzopra tutta Pagania.
Io sento già della rovina il crollo,
E fia sentito insin giù d’Acheronte,
Perchè spianar si vedrà più d’un monte.
51 Parrà che in Giusaffà dica la tromba:
Venite tutti all’eterno giudicio,
Uscite del sepulcro e della tomba,
Recate il bene scritto e ’l malificio;
Omè già negli orecchi mi rimbomba!
Io veggo rovinare ogni edificio,
Nè pietra sopra pietra rimanere,
Tanto che Giove potrebbe temere.
52 Veggo i lioni uscir delle spilonche,
E tigri, e l’altre fiere aspre arrabbiate,
E tante lance andar per l’aria tronche,
E pianger le fanciulle scapigliate;
Uscir gli spirti delle infernal conche,
E degli abissi l’anime mal nate:
Tu ti darai ancor pace, omè meschina
Gerusalem, se ’l tuo Sion rovina.
53 Io veggo tutta in arme Babillona
E gli stendardi già levati al vento;
Non è contenta Antea della corona,
Non è del padre suo lo sdegno spento:
Già mosso è il campo, e la tuba risuona:
O Carlo, presto sarai in gran tormento:
O Dio, la terra già triema e l’abisso,
Credo tu sia di nuovo crucifisso.
54 Io veggo il sole oscurare e la luna,
E come a Giosuè fermarsi accenna.
Oh, quanta gente in Francia si raguna!
Correrà sangue il gran fiume di Senna:
Ben si sfoga a suo modo la Fortuna,
E fiacca in terra e in mar più d’un’antenna.
Direm quel che seguì nel nuovo canto
Con la virtù del Santo, Santo, Santo.
- ↑ [p. 211 modifica]Aveva il Sol. Costruisci «il marin suolo, la superficie del mare aveva coverto il sole, cioè il sole era tramontato sotto il mare, era notte.
- ↑ [p. 211 modifica]Cedevon gli squadranti ec. Cioè i quadranti, ossia le meridiane erano divenute inutili, essendo notte, e bisognava aver ricorso agli oriuoli per conoscere le ore.
- ↑ [p. 211 modifica]E fe’ di sangue ec. Con strana iperbole paragona il sangue versato da Fuligatto al lago di Fucecchio; lago, o piuttosto palude della Toscana, che prende nome da una antica terra posta sulle sue rive.
- ↑ [p. 211 modifica]nievo ec. Nipote, voce che forse viene dal francese neveu; ma è aulica e disusata.
- ↑ [p. 211 modifica]congiurato. Socio, compagno, in buon significato.
- ↑ [p. 211 modifica]tomo. Sustantivo da tomare, che vai quanto cadere. Viene, secondo il Menagio, da titubare; onde il francese tomber.
- ↑ [p. 211 modifica]a pigliar lucciole. A perder tempo.
- ↑ [p. 211 modifica]’l pellicino. Il fondo delle vangaiuole, dove si riduce il pesce presovi.
- ↑ [p. 211 modifica]bretta ec. Meschina, miserabile. Questa stanza porge l’esempio di ciò che si chiama bisticcio, cioè scherzo, che risulta da vicinanza di parole differenti di significato e simili di suono. Questa figura è chiamata generalmente da’ Greci παρένθεσις.