Meteore Luminose/L'Arcobaleno/Descrizione analitica/I.

I.

Meteore Luminose/L'Arcobaleno/Descrizione analitica Meteore Luminose/L'Arcobaleno/Descrizione complementare IncludiIntestazione 8 maggio 2020 25% Da definire

L'Arcobaleno - Descrizione analitica L'Arcobaleno - Descrizione complementare

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§ 1.


Lo studio dei fenomeni di diffrazione prodotti dalle onde sferiche è tutt’ora assai imperfetto: un sol caso è stato trattato1: ed è appunto questo dell’arcobaleno. _ Per stabilire nettamente il concetto fondamentale del fenomeno è qui in ispecial modo necessario di seguir col pensiero un raggio qualunque e, sulle norme fornite già dall’esperienza, ricostruirne teoricamente il multiforme viaggio attraverso una sferetta acquea sospesa nell’atmosfera. Supponiamo il sole ridotto ad un punto. Non avremo bisogno di considerare che ciò che succede nel piano passante per l’astro, il centro della goccia e l’occhio dell’osservatore. Siccome tutto è simmetrico attorno al raggio che passa normalmente alla superficie pel centro della sferetta, così basterà considerare solo ciò che accade in un piano condotto per questo raggio. Or tale è appunto quello passante per rocchio dell’osservatore: e tale pur sia il piano stesso del nostro foglio ove, naturalmente, esprimeremo la gocciola per mezzo della sua sezione massima. [p. 12 modifica]

Abbiamo un fascio di luce (fig. 1, Tav. II). Alla sua incidenza in , una porzione penetrerà nella goccia, e si rifrangerà alla maniera ordinaria. In si farà una nuova separazione, una porzione uscirà fuori, un’altra si rifletterà nel modo già detto precedentemente, e anderà a ferire la superficie della goccia in . La luce rifratta in può incontrare l’occhio dell’osservatore in . La posizione di quest’ultimo, rispetto al sole, ci mostra che la luce non riflessa dalla goccia è perduta, per lui. Ecco adunque una prima perdita di luce. Ora: i raggi emergenti in subiscono una dispersione anch’essi precisamente come nel caso di prima. L’occhio riceverà, nel piano che abbiamo considerato, una mescolanza di raggi di modo che la sensazione risulterà confusa, e l’impressione sarà debole a causa della dilatazione del fascio oltre alla perdita già fatta nella prima dispersione.

È necessario, perchè l’occhio riceva un’impressione viva dei diversi colori, che ciascuno di essi offra un fascio di raggi non divergenti, ma paralleli alla loro emergenza. Sono questi raggi che sono stati chiamati efficaci, e che Cartesio ha avuto il merito di porre a base della sua teoria.

Si tratta di cercare, sia per mezzo dell’esperienza, come per mezzo del calcolo, le condizioni nelle quali hanno luogo i raggi efficaci. Ricorriamo subito all’esperienza colla quale potremo stabilire gli elementi dell’analisi, e dal caso particolare giungere per deduzione gradatamente al caso generale, come il Desprez2, o arrivarvi immediatamente in diversi modi, come fra gli altri il Verdet3 od il Mossotti4.

Se si fa cadere un certo numero di raggi di luce sopra una goccia sferica di acqua e si cerca per ciascuno di essi (fig. II) la deviazione totale, vale a dire l’angolo del [p. 13 modifica]raggio incidente col raggio emerso diretto all’occhio dell’osservatore, si comincierà a trovare che quest’angolo è zero per un’incidenza perpendicolare, e che il suo valore cresce fino ad un certo limite di incidenza, limite che per l’acqua fu riconosciuto essere di (raggi rossi): nel qual caso la deviazione per una riflessione sola sarà di .

Per vedere come l’angolo di deviazione totale arrivi ad un limite (fig. III), è necessario osservare ch’esso ha per valore il doppio dell’arco . Infatti:


Siano pertanto due raggi paralleli incidenti (fig. II): man mano che l’arco diviene più obliquo i raggi rifratti si inclinano e arriva un termine nel quale le estremità di due di essi si incontrano e si confondono in un punto .

Insomma: per due raggi molto vicini si ha sempre un incidenza tale rispetto alla superficie della goccia d’acqua che, fissatone uno, fra tutti gli infiniti raggi rifratti incontranti il suo, l’altro è il solo che lo trovi alla superficie dalla parte interna della goccia medesima. Al di là di questo limite i raggi rifratti s’incontrano dentro la goccia, e l’angolo diminuisce coll’arco . Dopo tutto ciò si vede facilmente che i raggi si corrispondono al massimo dell’angolo , ed emergono paralleli mentre gli altri divergeranno sempre e non produrranno sull’occhio che un’impressione troppo lieve per essere sensibile.

Si consideri la figura IV sia un raggio che dopo la rifrazione dentro la sferetta acquea, prende in la, direzione . L’angolo di deviazione sarà uguale a , essendo l’angolo di incidenza, l’angolo di refrazione.

Infatti, la somma dei quattro angoli di un quadrilatero, [p. 14 modifica]come nel caso nostro , è uguale a quattro retti; ed ancora ed sono eguali per simmetria di figura, come pure ed . Si avrà:


da cui:


(essendo il supplemento di , angolo esterno del , uguale a ). Da quest’ultima ricavo il valore di già enunciato:


Veniamo al caso di due refrazioni separate da una riflessione intermediaria. Essendo doppio di , si avrà:


e quindi

     (1).


Si potrebbe mettere in questa formola i diversi valori dell’angolo d’incidenza e i valori corrispondenti dell’angolo di refrazione per i sette colori.

Sarà molto più comodo il cercare il valore dell’angolo d’incidenza corrispondente al massimo o al minimo dell’angolo di deviazione. Applico alla (1) le condizioni analitiche del massimo o del minimo, eguagliandone la differenziale a zero.

                         (2)


Ora si sa che

[p. 15 modifica]essendo n l’indice di rifrazione. Differenziando quest’ultima espressione, avremo:

.


Ma siccome dalla (2) ricaviamo


così sostituendo si otterrà:

     (3).


Quadro questa e la e faccio la somma.


Or


onde:


Da cui ricavando ottengo la condizione d’incidenza dei raggi efficaci nel caso di una sola riflessione interna qualunque sia il liquido di cui è formata la goccia sferica.

     (4)


Quest’espressione che, come si è detto, è generale per il primo arco dell’iride posso applicarla al caso dell’acqua.

Si dovrà quindi considerare un indice di refrazione determinato e fisso per ciascun colore.

Raggi rossi


[p. 16 modifica]da cui


Raggi violetti



Se dunque consideriamo un cono avente per vertice rocchio dell’osservatore, per asse la retta che unisce l’occhio al centro del sole e per apertura angolare uno qualunque dei valori di 1) compresi fra e , ciascuna delle generatrici che incontra una goccia può riguardarsi come asse di un fascio di raggi efficaci. Questo cono comprende naturalmente le nuvole seguenti un arco luminoso che è appunto il primo arco dell’iride.

Le goccie poste al di sopra non possono inviare all’occhio i loro raggi efficaci che, quantunque paralleli ai primi, sono più alti. È pure evidente che la parte visibile del 1° arco proviene dai raggi che han penetrato la goccia sopra al raggio incidente normale poiché i raggi, che penetrano dalla parte inferiore sotto l’incidenza che conviene ai raggi efficaci, emergono diretti in alto. La porzione di arco fatto da questi ultimi può essere osservata al di sopra delle nuvole nelle ascensioni aereostatiche.

Tali appunto saranno i fenomeni di iridescenza osservati dal signor Green all’altezza di due miglia nelle nubi sottoposte.

Volendo considerare il caso di due riflessioni interne (che, come si sa, è quello del secondo arco colorato) si avrà subito, in analogia alle formule riguardanti al primo caso,

     (1').

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Differenziando

     (2').


Sostituendo in


avrò:

     (3').


Quadro questa e la e sommo:

     (4')


Applicando questa forinola si ottiene per il 2° arco dell’iride i vari valori di i di l’e di I) corrispondenti ai diversi colori che ne compongono la fascia lontana e sbiadita.

Raggi rossi del 2° arco.


Raggi violetti


La fig. 3 ci fa veere che dipenda questo segno negativo deò valore di D, o meglio, in che maniera si possa sinteticamente interpretarlo. [p. 18 modifica]

Da questi numeri è facile ricavare la larghezza apparente dell’arco interno facendo la differenza tra i valori del l’angolo di deviazione dei raggi rossi e violetti, e ottenendo per

per tal modo .......................................................................
e quella dell'arco esterno in ...............................................
e della distanza apparente dei due ....................................

Si è finora considerato il sole ridotto a un punto, mentre si può calcolarne a il diametro apparente. Ne viene che , se noi consideriamo gli archi ora determinati come prodotti dai raggi provenienti dal centro del disco solare, i raggi degli altri punti del disco stesso formeranno altrettanti archi parziali, l’asse di ciascuno dei quali sarà una retta condotta dall’osservatore al punto del disco donde si saranno sprigionati; di modo che vi saranno, al disopra o al disotto degli archi precedenti, degli archi di di larghezza. Per tal modo la larghezza di questi archi sarà aumentata di , ciò che porterà la larghezza dell’arco interiore a , quella dell’arco esteriore a , riducendo la distanza fra l’uno e l’altro a .

Si comprende benissimo oramai, dopo quanto si è detto, che, innalzandosi il sole, l’asse della visione (asse del cono dei raggi efficaci) si abbassa, e va diminuendo l’arco interiore fino alla completa sparizione di ogni sua parte visibile. Perchè ciò accada è necessario che il sole raggiunga sull’orizzonte, come si comprende facilmente, l’altezza di . L’arco esterno non cessa d’essere visibile che quando il sole arriva a .

  1. Verdet. Leçon d’Oplique Phisique, Tom 1.
  2. G. Despretz. Op. cit.
  3. Verdet. — Op. cit.
  4. Mossotti. — Sez. di Fis. Mat., Firenze, Piatti, 1815.