Memorie storiche della città e marchesato di Ceva/Capo XLV - Ospedale degli infermi.

Capo XLV - Ospedale degli infermi.

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Capo XLIV - Chiese secondarie più non esistenti. Capo XLVI - Separazione dell’Ospedale dall’Arciconfraternita di S. Maria.
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CAPO XLV.


Ospedale degl’infermi.


Le memorie più antiche che si conservino dell’Ospedale degl’infermi si ricavano da un legato ad esso fatto di venti scudi Romani dai Fratelli Antonio e Giorgio Gandolfi da Ceva nel 1307, e dagli statuti Marchionali nel 1357, in cui si prescrive, come già si disse parlando degli statuti, che alcuni estimatori del comune di Ceva, deggiano in ogni anno portarsi all’Ospedale nella settimana santa, in quella di san Giovanni Battista, di S. Michele, e del SS. Natale con visitare e descrivere quanto spetta a quell’Ospedale e raccomandarne la cura all’ospedaliere.

«Item statutum est quod existimatores communis Cevæ teneantur quatenus in quolibet anno ire ad hospitale Cevæ, videlicet in ebdomada sancta, et in ebdomada in qua est festum Sancti Joannis Baptistæ, et in ebdomada in qua est festum S. Michaelis, et in ebdomada post festum Nativitatis Domini et respicere, et scribi facere bona dicti hospitalis, [p. 237 modifica]et ea recomandare hospitalario ut ipsa bona custodiantur ad usum pauperum

Un altro monumento istorico, ma meno antico, di quest’ospedale l’abbiamo nella più volte citata visita pastorale di monsignor Peruzzi del 1585. In essa si legge che nel giorno 5 maggio di quest’anno avendo voluto il visitatore apostolico Peruzzi, vedere l’oratorio di santa Maria dei disciplinanti si portò sul luogo, ma non vide nemmeno più le vestigia di questa chiesa, essendo stata distrutta dal diluvio dell’anno antecedente. Vi trovò però ancora l’ospedale che fu risparmiato dall’innondazione, e gli fu detto che possedeva beni stabili da ricavarsene annualmente ottanta staia di frumento, altrettanto di castagne, dieci sestaia di vino, dieci scudi in danaro, oltre il provento di dodici luoghi sulla banca di S. Giorgio in Genova. La casa di quest’ospedale era composta di quattro camere una delle quali serviva d’infermeria. Non vi trovò che quattro letti male in arnese, ed in cui si ricoveravano i viandanti e gl’infermi ricevendo in essi promiscuamente uomini e donne. Riconobbe che s’avea poca cura degl’infermi, e che i redditi dell’Ospedale s’impiegavano in soccorsi a domicilio, e in maritare donzelle. Prescrisse, che i letti ivi esistenti si provvedessero dei necessarii pagliaricci, materazzi e guanciali, e che si provvedessero altri due letti in una camera destinata per le sole donne, con rigoroso divieto di ricoverar nello stesso letto uomini e donne quand’anche si qualificassero maritati.

Sulla fattagli relazione, che l’ospedaliere teneva pubblica osteria nelle camere dell’Ospedale, e ciò con grave disturbo degl’infermi e con disdoro del pio stabilimento ne decretò l’espulsione, con mandarsi a provvedere d’un infermiere di buoni costumi, ed occupato unicamente del servizio dei poveri infermi.

Avendo inteso che i confratelli di S. Maria e S. Catterina avevano stabilito di riedificare i loro rispettivi oratorii decretò che fossero riedificati a totali spese dei confratelli senza [p. 238 modifica]servirsi per niente dei redditi dei due ospedali, e ciò sotto pena di cinquanta scudi d’oro, e della scomunica in sussidio.

Si conserva nell’attuale ospedale una serie d’armi gentilizie ed alcuni ritratti dei principali benefattori di questa pia opera che sono i seguenti:

Nel 1307, Giorgio Gandolfi legò a quest’ospedale venti scudi romani.

Nel 1497, Gerardo Sartorio lasciò un’annualità denominata annuo ætatis nostræ scutato.

Nel 1507, Ludovico Odera legò allo stesso venti scudi romani.

Nel 1517, il cav. Andrea Bassi legò N. 25 luoghi della banca di S. Giorgio in Genova.

Nel 1530, Pietro e Maddalena Berretta fecero l’ospedale erede dei loro averi.

Nel 1548, Maddalena Chiavelli legò al medesimo una casa.

Nel 1643 Maria Bianchi lo fece erede di sue sostanze.

Nel 1678, Giuliano Bocca gli fece un legato di 120 scudi romani.

Nel 1680, Francesco M. Barruero fece suo erede l’ospedale. Così Marcantonio Chiavelli nel 1701.

Nel 1764, Gio. Antonio Riccardone vi legò 400 scudi romani.

Nel 1793, con testamento delli 7 marzo dissigillato li 24 giugno stesso anno, rogato Solaro, il signor Carlo Antonio Chiavelli patrizio Cevese ed ultimo di sua famiglia, comandante della Cittadella di Mondovì, dove seguì il suo decesso, istituì erede per parti eguali quest’ospedale, e l’orfanotrofio, di sue sostanze.

Nel 1798, l’avvocato Giovanni Battista Greborio, di cui si farà onorevole menzione nel Capitolo in cui si tratta della separazione dell’ospedale della confraternita di S. Maria, dopo aver con istromento 25 febbraio 1794, rogato Bottalla, eretto [p. 239 modifica]un Monte di Pietà colla cospicua somma di ll. 12m. approvato da S. M. Vittorio Amedeo III, istituì erede questo pio stabilimento della pingue sua eredità valutata circa 150m. franchi.

Nel 1814, l’intendente Giuliano Appollinare Morretti fondò in quest’ospedale due letti d’incurabili ed un terzo ne fondò suo nipote avvocato Antonino Morretti.

Il signor D. Agostino Davico Cevese, morto li 3 gennaio 1816, fece dono in suo vivente di lire 8m. a quest’ospedale, e gli legò morendo un calice d’argento.

Nel 1829, il signor D. Agostino Susa dei Poggi S. Spirito e canonico di quest’insigne Collegiata, legò a quest’ospedale lire dodici mila coll’obbligo di erigere due letti d’incurabili, e far celebrare una Messa nella Collegiata nei giorni festivi dopo la spiegazione del Vangelo1.

[p. 240 modifica]Il signor D. Pio Bocca, già tanto benemerito di Ceva sua patria fondò anch’esso in quest’ospedale due letti d’incurabili col generoso legato di lire quindicimila, come da suo testamento 21 settembre 1841, rogato Cervini in Torino.


[p. 241 modifica]Con istromento delli 22 dicembre 1840, rogato Rovea, si fece il cambio della casa dell’ospedale col convento di san Francesco proprio delle scuole, colla debita superiore approvazione, e mediante la rifatta di dodici mila franchi a carico dell’ospedale medesimo.

Col nuovo regolamento delli 4 dicembre 1849, approvato da S. M. Vittorio Emmanuele II, si ordinò che l’amministrazione di questo pio stabilimento venga composta d’un presidente di nomina regia, di sei membri nati che sono il Giudice, il Parroco, il Sindaco, due Consiglieri municipali da designarsi in ogni anno dal civico Consiglio ed il priore dell’arciconfraternita di S. Maria.

Note

  1. Qui si possono portare le iscrizioni, e le arme dei pii Benefattori.
    DD. Antonius et Georgius de Gandulphis Cæbani ut pauperum leventur precibus 20 scuta rom. publico huic hospitio largiverunt an. 1307.
    Arma: campo bianco in cui una pianura verde con cinque piante di grano, tra le quali un orso rampante al naturale.
    DD. Aloysius et Jactrettus de Geogiis 80 loca Montis S. Georgii Genuæ in publici hujus hospitii ejusque ecclesiæ commodum atque egentium puellarum nuptum conferunt.
    Arma: Fasciato a sei pezze d’oro e di nero, sopra le quali una banda bianca caricata di tre lettere G. all’antica.
    D. Gerardus Sartorius Ceb. hujus Xenodochii Oratorio annuo ætatis nostræ scutato posteros ad majora excitavit. an. 1497.
    Vi è l’arma che è d’argento alle forbici aperte di ferro, col capo di nero a tre stelle d’oro in fascia.
    D. Ludovicus de Oddera ob data huic loco XX scuta Rom. in ejusdem benefactorum numerum receperunt. an. 1507.
    Arma: d’argento a due palle di nero in mezzo a due bande rosse.
    Eques Andreas Bassi Doct. Med. Cebanus fundos aliquos et 25 loca Montis S. Georgii Genuæ huic Xenod. legans egentium puellarum doti consuluit an. 1517.
    Arma di rosso con la croce a quadretti d’oro e di nero.
    DD. Petrus et Magdalena conjuges de Berretis Cebani cum liberos non haberent pauperes in hoc Xenodochio ægrotantes bonorum suorum haeredes fecerunt an. 1530. Arma: Copato inferiormente d’argento a tre berrette nere 1. e 2: sopra d’azzurro a tre stelle d’oro in fascia.
    D. Magdalena de Clavellis Ceb. post nepotes ex Hieron. Cibo fratre natos omnibus præferens egentes puellas domum hanc ut earum prospiciat doti 2.am hæredem facit 1548.
    Arma: d’oro ad una croce d’azzurro, con quattro bolle o chiodi d’oro, e quadretto d’oro nel mezzo: sopra la croce tre fascie ondate d’azzurro col capo dell’impero. Vi è anche unita l’arma dei Cibo.
    D. Maria de Blancis Cebana ut bona sua omnia in cœlestes thesauros per manus pauperum collocet domum hanc ex asse hæredem facit an. 1646.
    Arma: Inquartata nel 1° e 4° di bianco, nel 2° e 3° di azzurro ad una stella d’oro, sui quarti bianchi vi è una banda rossa.
    D. Julianus Bocca Cebanus ut pauperes sibi apud Deum patronos ponat CXX scuta romana huic Xenodochio ab heredibus suis donari mandat. an. 1678, 14 Decembris.
    Arma: Sotto d’argento a tre bocche al naturale 2. 1. sopra d’argento ad una torre ammattonata di rosso, contro la quale è rampante un leone coronato d’oro.
    D.a Francisca Maria Berroveria Cebana quo tutiorem sibi in cœlum viam paret rem sua omnem in ægrotantium pauperum subsidium domui huic testamento reliquit an. 1680.
    Arma: Bandeggiata d’azzurro e di rosso.
    D. Marcus Ant. De Clavellis Ceb. ut opportunis in ægrotorum pauperum usum instruatur supellectilibus rem suam fere omnem huic Xenodochio legat an. 1701.
    Joan Ant. Ricardonus Cebensis I. U. D. publici hujus hospitii incremento prospiciens CCCC scuta romana elargitur. an.
    1764.
    Arma: Di azzurro ad una banda rossa sinistrata accompagnata da due stelle d’oro nella parte superiore ed una nell’inferiore.
    D. Carolus Greborius Cebanus ut pauperibus infirmis prœbeat amoris argumentum CC scuta romana huic Xenodochio testam.o reliquit: anno 1765.
    Arma: D’argento ad una piccola montagna con albero di palma di verde, e due leoni d’oro rampanti contro l’albero con una stella d’oro a 5 raggi sopra ciascun leone; motto: Fortes Fortuna adjuvat.
    D. Joan. Baptista Greborius Ceb. I. U. D. orbatus unico filio vix nato ipsi pauperes substituit quos semper mira pietate dilexit defendit
    atque ipsis charitate vere eximia summa motus pinguissima sua legavit obtulit. Obiit secundo calendas decembris MDCCXCVIII. An. agens...
    L’arma come sopra, per cimiero un’aquila coronata d’oro.
    Eques Julianus Apollinaris Moretti Ceb. I. U. D. rei tormentariæ R. ædificiis et arcibus proto præses temporum vicibus in patriam redux jura bona pauperum omni vi restauravit. Demum omnia sua ipsis legavit. Obiit 4 nonas febr. 1815.
    Porta per arma quella di Ceva sovra la quale vi sono tre sbarre bianche.
    Sac. Augustinus Davico Cevensis octo mille libellas largiturus non legavit sed dedit huic Xenodochio. Moriens argenteum calicem super adjecit. Obiit die III Jan. an. MDCCCXVI. Hujus hospitii Administrator et præses.
    Arma: D’argento ad una pianura verde in cui avviticchiata ad un palo vi è una pianta di vite con grappoli e pampini al naturale, contro al palo un leone d’oro rampante. Motto: In aridis pullulat.
    Canonicus Augustinus Susa Ceb. ut pauperibus chronicis morbis laborantibus præsto esset sobrie pie vixit. Iis duo cubilia in hoc Xenodochio paravit. Mortuus V id. dec. 1829.
    Arma: Copato sotto d’azzurro ad un cane bianco passante in una pianura verde, sopra d’azzurro ad un albero di verde contro il quale vi è un leone d’oro rampante: tra l’un campo e l’altro una fascia d’oro.
    Canonicus Clemens Barberis Ceb. ob pia legata in suffragium hujus Xenod. defunctorum benemeritus. Ob. die 29. Ian. 1846.
    Arma: D’oro ad una banda nera.
    Quantum possit charitas, pietas admiramini omnes.
    Dominicus Molo Paroldiensis non litteris non exemplo majorum eruditus sola misericordia in pauperes motus huic Xenodochio 10,000 libellas legavit. Admiramini omnes.        (A. B.)