Memorie storiche della città e marchesato di Ceva/Capo LX - Il Forte di Ceva tolto ai Francesi dalla forza armata.

Capo LX - Il Forte di Ceva tolto ai Francesi dalla forza armata.

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Capo LX - Il Forte di Ceva tolto ai Francesi dalla forza armata.
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CAPO LX.


Il forte di Ceva tolto ai francesi
dalla forza armata.


Nel mese di marzo 1799 incominciaron a correr voci che s’avanzava, verso il Piemonte una forte armata Austro-Russa per cacciarne i francesi.

I comandanti del forte per tema che mancasse loro la munizione da guerra, chiesero alla città un’imposizione di lire 12 mila che poi non fu pagata perchè non ostante la fatta dilapidazione si trovava ancor il forte abbastanza provvisto del necessario armamento, come si vide nell’assedio sostenuto non molto dopo dalle truppe austriache.

Li cinque successivo maggio giorno di fiera, si vide molta gente senza la prescritta coccarda nazionale; adombratine i Giacobini, che videro in questo un cattivo presagio per la repubblica, ottennero che fossero arrestati tutti quelli che non erano coccardati. Si fecero alcuni arresti, e mediante il pagamento d’un franco s’otteneva il rilascio. [p. 292 modifica]Questo sopruso fece nascere nella fiera un tal bisbiglio, che al punto di mezzodì si pubblicò un ordine del giorno che intimava a tutti di restituirsi ai loro paesi.

La voce dell’avvicinarsi dell’armata Austro-Russa andavasi confermando, come andavasi aumentando il mal contento delle oppresse e saccheggiate popolazioni. La guarnigione del forte s’approvvigionò di abbondanti munizioni da bocca, tentò di avere in suo potere otto cittadini dei più facoltosi, in ostaggio, ma i designati informati per tempo del progetto se ne fuggirono, e solo restò preso il marchese Del Carretto.

Sul far del dì delli 6 maggio si vide il territorio di Ceva coperto di gente armata proveniente dai paesi circonvicini.

In vista di ciò i francesi si ritirarono sollecitamente nella fortezza, e vi si chiusero col sacerdote D. Balbis di Garessio di cui si parlerà altrove, e l’avvocato Muzio.

Giovanni Penna, Stefano Franco, e Giuseppe Calvo si portarono alle Mollere ad incontrare alcuni condottieri della gente armata. Entrarono con essi in Ceva, ed il primo loro pensiero si fu di abbattere l’albero della libertà.

In questo mentre giunse in Ceva alla testa d’altri uomini armati il chirurgo Cerrina da Murazzano, il tenente Francolino da Castellino, molta gente di Mombarcaro, di Marsaglia, di Paroldo e di Sale capitanata dal signor Galliano, non che altri di Lesegno, di Malpotremo, di Priero, di Monesiglio, di Salicetto, di Torre di Ussone, della Scaletta, di Levice, di Prunetto, di S. Benedetto, di Camerana, di Montezemolo, di Castelnuovo, di Perlo, di S. Michele, d’Igliano, di Belvedere, di Battifollo, di Scagnello, Mombasiglio, Niella di Tanaro, Torricella, Roascio, Torre, e Roccavignale.

A questi si unirono molti di Ceva e si concertò il blocco della fortezza.

Fu grande e temerario ardire l’accingersi a tale impresa senz’artiglieria, senza tende, e con poca munizione da guerra e da bocca, e colla sola forza d’un cieco valore. [p. 293 modifica]Eppure si vide quest’ardimentoso attentato coronato di felice successo.

Il capitano Francolino occupò i campi trincierati di Faia e Baglione, ed il chirurgo Cerrina prese il comando della città. S’organizzò un consiglio militare, s’intavolarono corrispondenze con Mondovì in rivolta anch’essa alla guarnigione repubblicana, e si effettuò con tutta precisione ed intelligenza il blocco del forte.

Li otto maggio cominciò dalla fortezza un gran fuoco d’artiglieria e di spingarde per atterrire la forza armata.

Si ripigliò il cannoneggiamento il giorno nove, in cui di concerto colla città fu spedito al comandante del forte Maris dai capitani Francolino e Cerrina un parlamentario per la resa, ma fu questi rimandato con alterigia e con disprezzo al campo.

Il giorno dieci sparsasi dai Giacobini la falsa notizia che una forte armata francese s’avanzava a gran passi su Ceva, il comandante Maris fece una sortita per abbattere il baraccone costruttosi fra le due barricate che chiudevano la via pubblica.

Accortosene il capitano Galliano, per mezzo di alcune imboscate, si portò alla testa di alcuni bravi a far fronte al nemico, s’impegnò un combattimento di più ore, e furono i francesi costretti a ritirarsi.

Addi undici maggio il comandante Francolino diede fuori il seguente proclama.

Il Comandante Francolino.

L’amore della patria, l’attaccamento alla religione, ed all’adorabile Monarca, mi hanno posto nella gloriosa carriera di prendere il comando di tutti questi valorosi e fedeli sudditi, quali già diedero prove non equivoche della loro bravura, pronti a sacrificare la propria vita per procurarsi la resa del forte in nome dell’ottimo loro Monarca.

Glorioso pertanto di combattere a fianco di queste buone [p. 294 modifica]e valorose popolazioni mi sono prefisso e mi prefiggerò mai sempre di spargere per la causa comune tutto il mio sangue.

Uguali sentimenti desidero dalla città e terre del circondario, a cui mi faccio animo di dirigere questa mia determinazione, persuasissimo che si faranno anch’esse tutta la premura di concorrere dal canto loro a continuarci quei soccorsi e somministranze necessarie per sostenere l’impegno cui si è costantemente intrapresa, e già mi trovo in situazione di annunciare essere oramai vicini a conseguire quella gloria che resterà in noi e nei nostri posteri eternata.

Volete prova della bravura de’ miei fratelli d’armi?

Questa notte circa le ore quattro, otto della mia compagnia di Castellino penetrati nella barriera Porta Tanaglia la ruppero trasportandone i ferrogli, e quel che è più, portarono in questo campo la garrita e data la scalata per impadronirsi dei più importanti bastioni, loro riuscì di salire sul primo, e di inalberarvi lo stendardo dell’ottimo nostro Monarca.

Dall’accampamento li 10 maggio 1799.

Il comandante FRANCOLINO.


La mattina del 12 sorpreso il comandante del forte da stupore nel veder aperta la barriera, fatta a pezzi la porta, ed esportata la garrita spedì un tamburro al comandante Francolino per trattar di capitolare. Il Francolino rispose che vi avrebbe aderito purchè fosse senza ritardo.

Si continuò per quel giorno e per l’indomani lo scambio dei parlamentari. Il comandante Maris sperava sempre nell’aiuto delle truppe repubblicane che si dicevano dai Giacobini in marcia alla volta di Ceva. Il capitano Francolino raddoppiava le sue minaccie, e per maggiormente intimorirlo fece raccogliere contadini armati di scuri, di zappe, ed anche di fucili, e di grande quantità di scale, in varii siti, più esposti alla vista del forte.

Temendo il comandante Maris una sorpresa acconsentì a [p. 295 modifica]capitolare. Si elessero da un consiglio dei comandanti della forza armata il signor conte Appiani capitano nel reggimento d’Asti, ed il signor Gabutti per concertar col comandante del forte la capitolazione da stipularsi, e loro si consegnò il seguente dispaccio.


Il Comandante del blocco del forte di Ceva Francolino
al Comandante della fortezza Giovanni Maris.


Dal Campo di Bajone li 14 maggio 1799.

Cittadino comandante, ieri colli nostri parlamentari, avete stabilito che non si sarebbe fatto fuoco nel mentre della trattativa, le vostre sentinelle non hanno osservato questa sacra promessa. I comandanti ufficiali della forza armata, sono moderati e generosi nel loro tratto ed osservanti delle leggi militari, vi si rimettono i Capitoli per la vostra sottoscrizione fra ore due, altrimenti si avrà per non fatto il trattato.

«Voi cittadino comandante, sarete risponsale della vostra temerità e testardaggine in una situazione tanto disperata come la vostra, che si è di essere senza viveri, e di avere a disputare con una forza cinquecento volte superiore della vostra, piena d’ardore e coraggio, che saprà vendicare i torti da voi e dai vostri ricevuti, assicurandovi per parte di tutta la forza armata che non si darà più alcun quartiere ad alcuno dei vostri.»

Questi sono gli ultimi sentimenti di chi si dichiara con tutta la stima, ecc.

In seguito a quest’intimazione il comandante del forte s’arrese a capitolare proponendo gli articoli seguenti che vengono in parte variati come si vedrà dai numeri corrispondenti.

1° La guarnigione della fortezza di Ceva sortirà domani mattina alle ore otto con armi, bagagli e tamburro battente.

[p. 296 modifica]1° Si renderà il forte domani mattina alle ore sei, e di questa sera anderanno a dormire nel forte quattro comandanti della forza armata, cioè Cerrina, Luciano, Gabutti ed Aguzzi.

2° Deporranno le armi avanti la barriera della porta Reale.

2° Si accorda.

3° A ciascun individuo della guarnigione sarà lecito di portar seco tutto ciò che sarà di spettanza a questa guarnigione, come anche i cavalli che si troveranno nel forte.

3° Si accordano tre cavalli pel comandante Maris, uno per Molinier, uno pel comandante Goyneau ed uno pel comandante l’artiglieria.

4° A diligenza del comandante del blocco alle ore sei precise della mattina saranno condotti alla suddetta porta due carri a tiro a quattro pel trasporto sino a Cuneo del bagaglio e degli ammalati della guarnigione.

4° Si accorda.

5° I suddetti comandanti nomineranno tre commissarii per visitare gli equipaggi, e prender le chiavi dei magazzeni, ed entreranno nel forte alle ore sei di mattina.

5° Si accorda, ma si visiteranno le mine se ve ne saranno ancora, e vi entreranno alle ore 5 precise.

6° Fatta questa visita nessun individuo della guarnigione non avrà più ricerca, ne sarà inquietato per gli effetti che trasporterà.

6° Accordato.

7° I suddetti comandanti sceglieranno nelle loro truppe 400 dei migliori e dei più sicuri individui, e di quelli che si giudicheranno più capaci di seguire sino sotto il cannone della piazza di Cuneo questa guarnigione, e d’impedire che non sia insultata nella menoma maniera per la strada.

7° Si restringe la scorta a 300 uomini, e quest’articolo per la sicurtà sarà vicendevole per ambe le parti.

8° I comandanti delle truppe si rendono risponsali sul [p. 297 modifica]loro onore e su quanto hanno di più sacro, questi trattati per la sicurezza della vita e delle proprietà di ciascun individuo componente la guarnigione.

8° Sarà comune coll’articolo sovra espresso per quanto le nostre forze lo permettono.

9° La guarnigione domanda per ostaggi, il conte Appiani di Levice, capitano nel reggimento d’Asti, il signor Romano de’Romani di Castellino, o l’uno o l’altro dei fratelli Galliani, ed accettano l’offerta del signor Marchese Del Carretto di venire sino a Mondovì nella vettura del comandante del forte.

9° Si accordano i tre ostaggi, ma anderanno a suo agio sino sotto il cannone di Cuneo.

Quanto al signor Marchese si lascierà a suo piacere di andare o no.

10. I suddetti ostaggi dovranno costituirsi nel forte al momento della partenza e faranno le loro marcie nel centro della colonna.

10. I suddetti ostaggi marcieranno in loro compagnia.

11. La guarnigione potrà trasportare dal forte dei viveri per due giorni di quelli che si trovano nel forte ed il signor Comandante della scorta si obbligherà a darle un rinfresco a Mondovì dove anderà a dormire.

11. Non si accorda.

12. Gli ufficiali ed impiegati trasporteranno le loro spade e sciabole.

12. Si accorda.

13. I cittadini Muzio e Balbis, rifugiati nel forte avranno li stessi vantaggi della guarnigione, e potranno ritirarsi dove loro meglio piace.

13. Accordato.

14. I signori comandanti la forza armata s’impiegheranno affinchè gli effetti appartenenti alla guarnigione, e quelli che si sono lasciati nella città le siano restituiti.

14. Accordato, ma senza risponsabilità. [p. 298 modifica]15. Sono invitati a far partire una staffetta per impedire gli attruppamenti che si possano ritrovare sulla strada, e che possano apportare qualche disordine.

15. Accordato, e la staffetta partirà sul campo.

16. Il comandante del blocco dopo di aver sottoscritto e fatto sottoscrivere da chi di ragione, la presente capitolazione, si compiacerà di mandare nel forte uno o più ufficiali per regolare all’amichevole la maniera di questa marcia che dovrà fare la guarnigione e qualunque altro articolo che possa essersi dimenticato nella presente.

16. Accordato.

Fatta nel forte di Ceva li 25 fiorile anno 7°, repubblicano, 14 maggio 1799.

Sottoscritto il Comandante del forte
Maris.



Omgens, aiutante maggiore della piazza del forte.
Dufois, capitano d’artiglieria.
Riobs, segretario.
Chevalier, ufficiale d’artiglieria.
Moliniers, Ange, Deleques,


Noi ci sottoscriviamo a nome del Re di Sardegna e delli alleati.

Francolino, comandante del blocco.
Cerrina, comandante della Città di Ceva1.
Conte Appiano, capitano d’Asti.
Conte Mellini, di Scagnello.
Aguzzi, capitano.
Imberti, capitano.
Toesagni, capitano.
Giovanni Battista Galliani, capitano.
Filiberto Galliani, aiutante di campo e capitano.


[p. 299 modifica]La guarnigione francese evacuò il forte all’ora concertata. Dell’esito di sua marcia se sia giunta a Cuneo o no, non si ha memoria.

Tommaso Canavese, autore del memoriale istorico di Mondovì, dice che questa guarnigione giunse in Mondovì, dove i paesani pretendevano di toglier loro l’equipaggio gridando: spogliamoli nudi come vennero in Italia. Fu però’ tale equipaggio depositato colà nella chiesa di S. Francesco, quindi nella cittadella, e finì per rimaner preda di gente scapestrata.

Il comandante Maris, fu giudicato da un consiglio di guerra e passato per le armi. Fu veramente estrema dappocaggine il cedere una fortezza armata a tutto punto ad una turba di contadini, che sarebbero stati costretti fra non molto a rinunziare all’audace impresa, se si fosse fatto loro più lunga resistenza perchè mancanti di munizioni da bocca e da guerra.

Ad ogni modo fu questo un fatto memorando, degno d’una pagina della storia di Carlo Botta, potente scrittore delle luttuose vicende di quei tempi, il che certamente, non ebbe luogo per mancanza di esatte relazioni.

Appena caduto il forte in potere della forza armata, il capitano Francolino spedì tosto il capitano Luciano di Lesegno a portarne avviso al principe maresciallo Suvarow, generalissimo dell’armala russa calata in Piemonte.

La civica amministrazione spedì in Alessandria al quartier generale Austriaco due fratelli Garrelli fondachieri per chieder pel forte una guarnigione d’alleati. Si presentarono al generale Suhendorf, il quale tosto aderì alla fattagli dimanda.

Ritenne in ostaggio l’uno dei fratelli, e l’altro il diede per guida al capitano Krai Schmelzem il quale alla lesta di trecento soldati di fanteria e quaranta d’artiglieria per sentieri e strade inusitate, per dir così, in mezzo all’armata francese giunse felicemente alla fortezza, mise il tutto in assesto, aspettando nuovi assalti dal nemico, che andava di bel nuovo avvicinandosi alla città.

Note

  1. Il Capitano Cerrina passò al servizio di Napoli, e nel 1834 era Generale e Governatore di Castelnuovo di Napoli. (A. B.)