Memorie per servire alla vita di Dante Alighieri/XIII

Della venuta di Arrigo VII. in Italia, e delle avventure di Dante in tal tempo

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XII XIV


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§. XIII.

Della venuta di Arrigo VII. in Italia, e delle avventure
di
Dante in tal tempo.

Essendo succeduta la morte di Alberto Austriaco Re de’ Romani il dì primo maggio 1308.1 si trattò senda indugio di eleggergli un Successore. Erano in ciò discordi gli Elettori, onde il Re di Francia Filippo il Bello credè di dover profittare di tal cosa per far cadere quella Corona in capo di Carlo di Valois suo fratello. Ma il Pontefice Clemente V. temendo che questo potesse arrecare troppo pregiudizio agl’interessi della Santa Sede, diretto dai consigli del Cardinale Niccolò da Prato2, fece che senza dilazione fosse scelto al geloso uffizio Arrigo Conte di Lucemburgo3 «uomo savio, e di nobil sangue, giusto, e famoso, di gran lealtà, pro d’arme, e di nobile schiatta, uomo di grande ingegno e di gran temperanza»4. Seguì questa elezione il dì di S. Caterina cioè ne’ 24. novembre di detto anno 1308.5 con [p. 127 modifica]molta maraviglia di tutti, non sapendo come egli che di pochi stati era provveduto, fosse a tanti altri potenti Principi preferito. Non indugiò Arrigo a prepararsi a venire in Italia a prendere la Corona imperiale6. Crederono in questa occasione i Ghibellini delle città di Lombardia e di Toscana di veder migliorare le loro cose; ed in effetto ovunque passava nel cammino, che fece per andare a Roma, metteva pace «come fosse un’Angiolo di Dio»7 sostenendo sempre gl’interessi di quelli che erano del suo partito, o che dimostravano almeno di stare obbedienti a’ suoi voleri. Dante pensò che questo fosse il tempo migliore per tentar nuovamente d’esser rimesso nella patria; onde si portò ad inchinare Arrigo8, e forse in questa congiuntura tentò di disporre l’animo suo contro i Fiorentini, i quali si erano sforzati di sconsigliarlo per mezzo dell’Arcivescovo di Magonza dal valicare i monti7, e non avevano da prima umilmente risposto agli ambasciatori, che dal detto Arrigo erano stati spediti9. Con sua lettera ancora diretta ai ai Re d’Italia, e [p. 128 modifica]a’ Senatori di Roma10 cercò Dante di sollecitare la coronazione di Arrigo, e per essere più al fatto di ciò che succedeva, venne in Toscanella piccola città del patrimonio di S. Pietro, di dove scrisse un’altra lettera allo stesso Arrigo in data del dì 26. aprile 1311.11, nella quale con nuove istanze lo pregava a volgere le sue armi contro la città nostra, sgridandolo, per così dire, della sua poca sollecitudine in adempire alle richieste de’ suoi devoti: nè altro frutto ei ne ritrasse se non che una terza condanna proferita in quell’anno istesso12. Arrigo dopo essere stato coronato in Roma nella Chiesa di S. Giovanni Laterano dal cardinale Niccolò da Prato, dal cardinale Luca da Fiesco Genovese, e dal cardinale Arnaldo Pelagrù Guascone per ordine del pontefice Clemente V.13 il dì 29. di giugno festa dei SS. Apostoli Pietro, e Paolo dell’anno 1312.14, per il contado di Perugia si trasferì [p. 129 modifica]a Cortona15 e poi ad Arezzo, ed in seguito prese la via di Firenze, intorno alla quale si accampò il dì 19. settembre dello stesso anno16. Lo sdegno concepito dall’Imperatore contro i Fiorentini, perchè questi apertamente si erano uniti con Roberto Re di Napoli, figliuolo di Carlo II. che gli aveva serviti in qualità di Capitano più anni avanti nell’assedio di Pistoja17, fu un semplice fuoco di paglia, poichè la mancanza dei viveri, ed il vedere che non era facile impresa il prender per forza la città, tanto più che incominciava a vacillare la sua salute, lo indusse a pensare di ritirarsi dall’assedio la notte del dì 31. ottobre, avendo per quanto potette danneggiate le castella del di lei contado18. In questo assedio per riverenza della patria19 non si volle ritrovar Dante, il quale nella prossima estate vedde svanite tutte le concepite speranze. Imperciocchè avendo Arrigo tentato senza frutto di aver Siena, ed essendosi in questo tempo assai più avanzato il suo male, che sulle prime aveva fatto mostra di non curare, cessò di vivere a Buonconvento 12. miglia lontano da Siena il dì 24. agosto 1313. mentre appunto si disponeva a passare in Sicilia contro il re Roberto20. [p. 130 modifica]Questo accidente rese vano tutto il prognostico che nel Canto XXXIII. del Purgatorio finse Dante, che gli fosse fatto dalla sua Beatrice21, ed insieme gli fece ben conoscere, che per esso non vi era più speranza di rientrare in Firenze. È certo che le arti da lui usate per infiammar d’ira contro a’ suoi cittadini l’Imperadore, furono la cagione che di nuovo l’anno 1315. nel mese di ottobre fosse riconfermata la sua condanna dal cavalier Ranieri del già messer Zaccaria da Orvieto Vicario del Re Roberto di Napoli in Firenze22, sotto coperta di non esser comparso nel primo giudizio. Nel tempo che l’Imperatore si trovava in Italia, è probabile che Dante si ponesse a scrivere il suo famoso libro de Monarchia, nel quale prese arditamente a sostenere i diritti dell’Impero Romano.

Note

  1. Alberto fu ucciso da un Giovanni suo nipote nel passare il fiume Orsa. Giovanni Villani lib. 8 cap. 95. Muratori Annali d’Italia all’anno 1308.
  2. Gio. Villani loc. cit. cap. 101. ove riferisce le parole appunto, le quali furono dette al Papa dal Cardinale Niccolò in questa occasione. Intorno alla Vita di Arrigo si deve consultare la Storia Augusta di Albertino Mussato Tom. X. Rer. Italic. Script. col. 234. e seg. e le ampie Annotazioni di Felice Osio, Niccolò Villani, e Lorenzo Pignoria alla detta Storia.
  3. Egli fu il sesto Arrigo fra gl’Imperadori; ma si chiama VII. perchè è tale nell’ordine de’ Re di Germania di questo nome.
  4. Dino Compagni lib. 3. pag. 77. dice ancora che era bel Parlatore, ed è probabile che si acquistasse la grazia del Cardinale da Prato, e del Pontefice, mentre stette in Corte per ottenere l’Arcivescovado di Treveri al suo fratello Balduino, come dice il detto Compagni.
  5. L’elezione di Arrigo quasi a pieni voti cadde nel detto giorno, come su la fede di molti Storici accreditatissimi scrive il Muratori ne’ suoi Annali, non già nel dì 16. di Luglio 1309. al dire di Dino Compani loc. cit. o in altro tempo. Clemente V. per sventare le mire che aveva Filippo il Bello Re di Francia di far coronare il più volte mentovato Carlo di Valois suo fratello, procurò di affrettare la suddetta elezione, che se si fusse prolungata al 1309. cioè più d’un anno dopo la morte di Alberto, il Re di Francia avrebbe avuto campo di effettuare i suoi disegni. Ved. Gio. Villani loc. cit. cap. 101.
  6. Dino Compagni loc. cit. dice che subito eletto, promesse nel futuro mese di Agosto di venire in Italia a prender la Corona. Ma in tanto poco tempo non poteva avere ottenuto dal Pontefice la conferma della sua elezione, siccome narra il mentovato Villani.
  7. 7,0 7,1 Dino Compagni loc. cit. pag. 78.
  8. Che Dante si portasse ad inchinare Arrigo, lo dice espressamente nella Lettera a lui diretta, di cui or’ora parleremo.
  9. Giovanni Villani loc. cit. cap. 121. Le accoglienze ancora che a Roberto Duca di Calabria, dichiarato in quel tempo Re di Napoli, fecero i Fiorentini nella sua venuta in Firenze (Villani lib. 9. cap. 8.) e l’amicizia che contrassero con esso, dovette molto dispiacere all’Imperatore, il quale vedeva bene che detto Roberto era impegnato a sventarli i suoi disegni. Lo stesso Villani cap. 25. racconta il cattivo trattamento che i Fiorentini fecero nell’ottobre del 1311. agli Ambasciatori, che Arrigo aveva spediti nuovamente in Toscana.
  10. Questa lettera tratta da un Codice della Libreria del Collegio Romano, è stata pubblicata la prima volta in Roma dal P. Pietro Lazeri Gesuita nel suo primo Vol. «Miscellaneorum ex manuscriptis libriis Bibl. Collegii Romani Societ. Jesu» impresso nel 1754.
  11. Questa lettera è stata stampata più volte, come diremo a suo luogo, e specialmente da Niccolò Vescovo di Butricato compagno e confidente d’Arrigo.
  12. Ci da notizia di questa terza condanna contro di Dante, il dotto Ab. Mehus, nella Vita del Camaldolense Ambrogio Traversari a CLXXXII. »ivi «Inter veteres chartas Reipublicae Florentinae reformationem vidi ann. 1311. factam ab Hubaldo de Auguglione Priore ea aetale artium, in qua spes Danti penitus adempta est Florentiam redeundi.
  13. Dino Compagni loc. cit. pag. 90.
  14. Il Villani lib. 9. cap. 42. e Dino Compagni dicono che questo succedesse il giorno della Festa di S. Pietro in Vincola, cioè il dì 1. d’agosto; ma il Muratori ne’ suoi Annali all’anno 1312. con l’autorità di Tolomeo da Lucca nella vita di Clemente V. e di Alberto Mussato sostiene che la detta coronazione seguisse il dì 29. di giugno.
  15. Ved. il citato Cav. Guazzesi nella Disser. sul dominio del Vescovo di Arezzo in Cortona § 5. della part. II. pag. 174. e seg.
  16. Gio. Villani cap. 46. La Storia di questi fatti scritta con tutte le più minute circostanze si ha nel Tom. II. de’ Papi Avignonesi del Baluzio, ed in una Cronichetta di Gio. Lelmi pubblicata dal Dott. Lami nelle sue Delic. Erudit. nel Tom. VIII. delle quali vi è anche il processo formato dall’Imperatore, e la sentenza data contro i Fiorentini. A noi non appartiene l’esporre tutto quello che accadde in questa occasione, perchè ciò troppo ci allontanerebbe dallo scopo di queste nostre memorie.
  17. Nel 1305. Storie Pistolesi pag. 33. e 34.
  18. Gio. Villani lib. 9. cap. 47.
  19. Leonardo Aretino Vita di Dante.
  20. La voce che si sparse allora, che Arrigo fosse morto di veleno, e che un Frate dell’ordine de’ Predicatori lo avesse attossicato coll’Ostia consacrata nella S. Comunione, è falsa, come hanno con autentiche prove sostenuto uomini di sommo grido. Ved. il Muratori negli Annali d’Italia a questo presente anno: e di fatto i medesimi Religiosi per distruggere una calunnia così pregiudiciale al loro decoro, procurarono una Bolla di Gio. XXIII. ed un attestato di Gio. Re di Boemia, e figliuolo di questo Imperatore. Il di lui corpo fu portato in Pisa, città devotissima a’ suoi interessi, e gli fu data onorevol sepoltura nella Chiesa Primaziale ove tutt’ora si vede il suo sepolcro.
  21. Vers. 34. e seg. Vedi ancora il Canto XXX. del Paradiso vers. 136. e seg. Alcuni hanno creduto che Dante nel primo passo abbia inteso di ragionare di Can Grande della Scala suo benefattore, ma combinando le parole del detto XXXIII. Canto del Purgatorio con quelle del XXX. del Paradiso si vede che non di esso, ma di Arrigo VII. parla il Poeta, che grandissima speranza aveva concepita per la venuta in Italia di questo Imperatore di veder vendicati i torti dei Ghibellini.
  22. Ved. sopra alla nota 54. del Capitolo X. I Fiorentini nel 1313. avevano data per anni cinque la Signoria della loro città al Re Roberto, e da essa non si liberarono prima del gennajo del 1322. perchè gli fu riconfermata per altri tre anni. (Villani lib. 9. cap. 55. e 136.)