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di dante alighieri. | 127 |
molta maraviglia di tutti, non sapendo come egli che di pochi stati era provveduto, fosse a tanti altri potenti Principi preferito. Non indugiò Arrigo a prepararsi a venire in Italia a prendere la Corona imperiale1. Crederono in questa occasione i Ghibellini delle città di Lombardia e di Toscana di veder migliorare le loro cose; ed in effetto ovunque passava nel cammino, che fece per andare a Roma, metteva pace «come fosse un’Angiolo di Dio»2 sostenendo sempre gl’interessi di quelli che erano del suo partito, o che dimostravano almeno di stare obbedienti a’ suoi voleri. Dante pensò che questo fosse il tempo migliore per tentar nuovamente d’esser rimesso nella patria; onde si portò ad inchinare Arrigo3, e forse in questa congiuntura tentò di disporre l’animo suo contro i Fiorentini, i quali si erano sforzati di sconsigliarlo per mezzo dell’Arcivescovo di Magonza dal valicare i monti2, e non avevano da prima umilmente risposto agli ambasciatori, che dal detto Arrigo erano stati spediti4. Con sua lettera ancora diretta ai ai Re d’Italia, e
- ↑ Dino Compagni loc. cit. dice che subito eletto, promesse nel futuro mese di Agosto di venire in Italia a prender la Corona. Ma in tanto poco tempo non poteva avere ottenuto dal Pontefice la conferma della sua elezione, siccome narra il mentovato Villani.
- ↑ 2,0 2,1 Dino Compagni loc. cit. pag. 78.
- ↑ Che Dante si portasse ad inchinare Arrigo, lo dice espressamente nella Lettera a lui diretta, di cui or’ora parleremo.
- ↑ Giovanni Villani loc. cit. cap. 121. Le accoglienze ancora che a Roberto Duca di Calabria, dichiarato in quel tempo Re di Napoli, fecero i Fiorentini nella sua venuta in Firenze (Villani lib. 9. cap. 8.) e l’amicizia che contrassero con esso, dovette molto dispiacere all’Imperatore, il quale vedeva bene che detto Roberto
Muratori ne’ suoi Annali, non già nel dì 16. di Luglio 1309. al dire di Dino Compani loc. cit. o in altro tempo. Clemente V. per sventare le mire che aveva Filippo il Bello Re di Francia di far coronare il più volte mentovato Carlo di Valois suo fratello, procurò di affrettare la suddetta elezione, che se si fusse prolungata al 1309. cioè più d’un anno dopo la morte di Alberto, il Re di Francia avrebbe avuto campo di effettuare i suoi disegni. Ved. Gio. Villani loc. cit. cap. 101.