Memorie dell'ingegnere Giovanni Milani/Epilogo
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EPILOGO.
capo i.
XXVIII. Epilogo.
124. Una grande via di comunicazione è un’opera d’utilità pubblica. Deve quindi innanzi tutto soddisfare alla più grande utilità pubblica possibile, e soddisfarvi anche, se occorre, col sacrifìcio di qualche utilità privata. Ciò deve essere, sia che l’impresa si faccia a spese dello Stato, sia che si faccia con danari privati, perchè senza questa pubblica utilità i Governi non potrebbero trasferire nelle Società e nei privati il diritto di espropiazione forzosa.
Se in simili opere si fa male, o non si fa tutto il bene che si può fare, il danno è grande per la potente influenza che le vie di comunicazione hanno sulla prosperità pubblica, e perchè col far male si pone grave ostacolo a fare il meglio, pei tanti studii, per le tante fatiche, per le tante spese già sostenute.
Se una grande via di comunicazione tra più luoghi, tra più centri di popolazione e di commercio, deve essere anche il nodo di riunione di molte concorrenze attuali e future, bisogna avere a ciò un particolare riguardo, bisogna, per quanto si può, tirare a sè, agevolare queste concorrenze.
E nelle vie di comunicazione convien distinguere le piccole dalle grandi, quelle che costano poco da quelle che costano molto. Le piccole sono soltanto cagione alla pubblica prosperità; le grandi, che costano molto, bisogna che siano prima effetto della prosperità pubblica, poi impulso al di lei futuro sviluppo.
Il Regno lombardo-veneto giace tra il mare Adriatico, le Alpi, il Po ed il Ticino. Tra la Laguna veneta e le Alpi, presso Vicenza, sorgono due gruppi di colli detti Euganei e Berici. Tra questi colli, il mare e le alpi non si aprono che tre varchi piani per chi va dalle rive dell’Adige a quelle del Brenta. Il lago di Garda, che assai innanzi si spinge nella pianura lombarda, è cinto a mezzogiorno da una corona di colli che seguono per lungo tratto il di lui emissario, il Mincio.
Le alpi stanno a nord del Regno; sta la pianura bassa lungo le rive dell’Adriatico e del Po, e la pianura alta corre tra questa e le alpi, e comprende le province e le città più popolose.
Il maggior movimento di uomini e di cose, le maggiori industrie, i maggiori prodotti del suolo, del commercio, delle arti, si trovano appunto nella pianura alta.
La strada di ferro da Venezia a Milano va da un estremo all’altro del Regno; giace nella pianura alta; tocca le città principali, Venezia, Padova, Vicenza, Verona, Brescia, Milano, e corre tal direzione e sopra tal suolo da poter facilmente accogliere tutte le confluenze presenti e future.
Dei tre varchi che si aprono tra le Alpi, la Laguna ed i colli Euganei e Berici, segue il più settentrionale, perchè il meridionale l’avrebbe sviata dall’alta zona, e l’intermedio dalla città di Verona, punto importante per ogni riguardo.
Da Verona non va diritta a Brescia, ma gira le colline del lago di Garda sotto il villaggio della Volta, perchè tra quelle colline non si apre per una strada di ferro alcun passo facile, od almeno di spesa proporzionata ad uno scopo di utilità derivante dalla sola tassa del pedaggio.
Dopo Brescia si avvia retta a Milano per Chiari e Treviglio, piegando soltanto alcun poco a sud al passo dell’Adda sotto Cassano.
Studiossi se meglio non convenisse sviarla a Brescia dal cammino retto, e condurla a Milano per Bergamo e Monza; ma il danno pubblico e quello della Società derivanti da un tale partito ne vennero patenti:
Era tolta la strada dai territorii più propizii per topografiche ed economiche condizioni favorenti il transito degli uomini e delle cose, e per condizioni tecniche influenti al risparmio della spesa nella costruzione, nella manutenzione, nella sorveglianza, nel trasporto.
Veniva allontanata la linea dalle facili confluenze presenti e future, e condotta al lembo delle alpi sulle ultime pendici dei colli.
Si allungava il cammino di 14,497 metri.
Conveniva salire inutilmente 105 metri, per iscenderli poscia.
Spendere di più che per l’altra linea, almeno
tre milioni e mezzo nella costruzione;
cinquantotto mila lire annue nella manutenzione e sorveglianza;
e nell’annuo trasporto degli uomini e delle merci 263 mila lire.
In somma: diminuire di molto la concorrenza delle persone e delle cose, la sicurezza e la comodità del transito, e gettar tempo e danaro. Tutto questo per andare per Bergamo, ai cui particolari vantaggi si può d’altronde in altro modo provvedere, e vi fu in fatto provveduto.
capo ii.
La città di Bergamo è annodata alla linea principale della strada di ferro da Venezia a Milano mediante una diramazione, un braccio di strada di ferro a due carreggiate che muove da Treviglio e va a Bergamo.
La linea principale attraversa l’intiera pianura della provincia di Bergamo da est ad ovest, e la diramazione di Treviglio la attraversa da nord a sud tra l’Adda ed il Serio.
Quindi la città e la provincia di Bergamo sono in diretta comunicazione con la strada principale, e possono volgere, mediante strade di ferro, a Milano, a Brescia, a Verona, a Vicenza, a Padova, a Venezia; ed anche alle ricche provincie di Cremona, di Crema, di Lodi, ed alle fertili rive del Po, intanto per le comunicazioni attuali dirette a Treviglio, a Romano, ed in seguito anche per istrada di ferro, cioè per la diramazione da Treviglio a Crema, a Soresina, a Cremona, la quale fu già supplicata.
Fu detto da qualcuno che le pendenze del sei e del selle per mille, che s’incontrano nella diramazione da Treviglio a Bergamo, non si possono percorrere con le macchine locomotive a vapore; ma questa asserzione è smentita, e tutti lo sanno, dalla teoria, e, quel che più conta, dalla pratica, dalla esperienza di tutte le strade di ferro d’Europa e d’America. Se potesse esser vera, converrebbe concludere che non si può condurre per Bergamo alcuna strada di ferro percorribile con macchine a vapore locomotive, perchè l’altezza di Bergamo è tale che quelle pendenze in qualche tronco sono inevitabili da qualunque lato vi si giunga. E tanto è vero, che non furono evitate nemmeno da quelli che, dopo aver accusato di soverchia ripidezza le pendenze della diramazione di Treviglio, si accinsero poi a progettate due strade di ferro per salire a Bergamo venendo da Brescia e da Monza.
capo iii.
Ed il danno pubblico e privato, derivanti dal condurre la linea da Brescia a Milano per Bergamo e Monza, anzichè per Treviglio e Chiari, si aumenterebbe di molto se, non istandosi paghi a questo sviamento, si volesse anche spezzare a Brescia l’attuale Società intraprenditrice in due Società, limitandole, una da Venezia a Brescia, l’altra da Brescia a Milano.
Vi sarebbe:
difficoltà di accordi, e quindi di uniformità nella costruzione, manutenzione, sorveglianza, servizio, e nei miglioramenti futuri;
spese maggiori di direzione, di direzione tecnica superiore, e quasi doppio capitale impiegato nei veicoli di trasporto;
notabile perdita di tempo e di danaro per reciproca consegna a Brescia dei viaggiatori e delle merci.
Da tutto questo, diminuzione di transito sopra tutta la linea da Venezia a Milano, e quindi diminuzione di prosperità pubblica e di profitti per la Società lombardo-veneta.
capo iv.
Questi danni, derivanti al pubblico ed alla Società lombardo-veneta dallo sviamento della linea per Bergamo e dalla divisione della Società in due a Brescia, sono incalcolabili: se pure calcolar si potessero, sarebbero ad ogni modo grandissimi, sarebbero tali che nessun individuo, nessuna società potrebbe assumersi di compensarli, potrebbe darne una guarentigia sufficiente.
Pel danno pubblico non si saprebbe nè a chi compensarlo, nè come compensarlo; nè mai si potrebbe con un compenso qualunque giugnere all’intento a cui mira ed in cui coglie una grande via di comunicazione, a quello di accrescere il pubblico comodo, l’agiatezza pubblica e il generale incivilimento.
Alla Società lombardo-veneta si dovrebbe:
1.° Un premio di confluenza pel vantaggio che il suo concorso arrecherebbe all’altra linea da Brescia a Milano per Bergamo.
2.° Un indennizzo per generale diminuzione di concorso e di affluenza, conseguenza degli scapiti topografici, economici, tecnici della linea suddetta.
3.° Un indennizzo per maggiori spese di amministrazione, direzione e veicoli di trasporto in ragione della minor lunghezza della strada.
4.° Un rimborso di 800,000 lire annue per perdita di giusto guadagno, oltre il frutto comune del cinque per cento che il pensiero primitivo dell’opera, gli studii già fatti, le spese esborsate e le cure già sostenute possono procurarle sull’impiego dei venti milioni occorrenti al tronco da Brescia a Milano per Treviglio e alla diramazione da Treviglio a Bergamo.
Dare alla Società lombardo-veneta, come reca la voce pubblica, per intiero indennizzo un quinto della rendita brutta della strada di ferro che si facesse da Brescia a Milano per Bergamo e Monza, è darle una miserabilissima cosa.
Intanto la fonte del compenso è affetta da tutti i mali che affliggono l’intiera linea da Brescia a Milano per Bergamo, e derivanti dalla inopportuna di lei posizione e dai molti scapiti della sua costruzione.
Di tutto quello che reca di vantaggio netto il concorso della linea della Società lombardo-veneta, si darebbero ad essa soltanto i due quinti, trattenendosi per sè i tre quinti.
E per ogni altro titolo di compenso, il quinto della rendita brutta del transito naturale della linea, cioè, stando anche ai calcoli di rendita esposti dai fautori di simili proposte, la povera somma di lire 336,000 annue,
per 800,000 lire di perdita sulla minor quantità di capitali impiegati;
per compenso di maggiori spese di amministrazione, di direzione, di veicoli di trasporto in ragione della minor lunghezza della strada e del minor transito;
per ogni indennizzo di diminuzione di concorso e di confluenze.
Di quale natura, di qual misura sarebbe alla fine questo compenso non occorre di più per dimostrarlo.
L’ultimo risultato sarebbe questo:
Rovinar l’opera di una strada di ferro da Venezia a Milano.
Recare un grave danno alla pubblica prosperità.
Rovinare la Società lombardo-veneta.capo v.
Quando occorre di scegliere per una grande via di comunicazione la linea più vantaggiosa tra diverse che possibili e vantaggiose si mostrano, si procede sempre, e per tutto, per via di studii comparativi, topografici, economici e tecnici, e non mai per via di esperimento, costruendo la strada prima sopra una linea e poi sopra un’altra, come vanno suggerendo alcuni, in proposito delle due linee da Brescia a Milano, di cui è parola. Le ragioni, per le quali sempre e per tutto si fa così, sono tante e tanto evidenti, che non occorre rammentarle; poi, nel caso di cui si tratta, ve ne è anche una di più, quella che l’esperimento, se pur fare si usasse, è già fatto. Tra Brescia e Milano esistono già due strade postali, una diritta, breve, piana per Treviglio; l’altra lunga, tortuosa, con salite e discese per Bergamo, ed il grande movimento è per quella di Treviglio e non per l’altra di Bergamo. Il ripetere quell’esperimento con una strada di ferro, spendendo circa venti milioni, sarebbe cosa di grave danno alla Società lombardo-veneta, perchè le aprirebbe una concorrenza cui ha diritto di opporsi, e di grave danno pubblico per le forti somme spese con poco profitto, per le difficoltà che il mal fatto porrebbe al ben fare.
capo vi.
E di poco conto, a petto al grave danno dello sviamento della linea e della divisione della Società in due, sarebbe lo scapito che potrebbero recare alla Società lombardo-veneta le due concorrenze di cui la si minaccia, quand’anche fossero tutte e due possibili. Sono queste la strada da Milano a Bergamo per Monza, l’altra da Bergamo a Brescia per Palosco. Ma delle due, la seconda segnatamente non è da presupporsi dopo la venerata Sovrana risoluzione 7 aprile 1840, che accorda alla Società lombardo-veneta il privilegio definitivo della linea principale, e la concessione provvisoria per la diramazione da Treviglio a Bergamo. Per nostro avviso, in forza di quella Sovrana risoluzione, la Società lombardo-veneta ha il diritto di priorità in confronto di ogni altro per una strada di ferro da Bergamo a Brescia. Ma pongansi per ipotesi tutte e due possibili, ancora il danno che possono recare è assai minore di quello dello sviamento.
Questo danno delle concorrenze si ristringerebbe, in ogni modo, al solo movimento tra Milano e Brescia per Bergamo e Monza che, quand’anche fosse tutto perduto, non diminuirebbe punto le utilità su cui conta la grande linea, perchè quel movimento non fu né annoverato né calcolato tra le utilità di essa.
Poi, dopo la diramazione da Treviglio a Bergamo, gran parte del movimento di Bergamo sarebbe ad ogni modo per la grande linea.
Da Bergamo a Milano, per la linea di Treviglio o per quella di Monza, la sicurezza, la facilità e la brevità del transito si possono tenere eguali nelle due linee, perchè, se quella di Treviglio è più lunga dell’altra di sei mila metri, quella di Monza ha sette curve di più, che importano nel viaggio una perdita di tempo maggiore di quella de’ sei mila metri. Resta a quella di Treviglio l’economia nella spesa, la tariffa più bassa. Nella linea da Milano a Bergamo per Monza il frutto annuo dei capitali impiegati nella costruzioni, le spese annue di manutenzione, di sorveglianza, di amministrazione dovrebbero essere pagate dal solo transito tra Milano e Bergamo per Monza; nell’altra linea, pel tratto da Milano a Treviglio, queste spese vengono supplite non dal solo transito tra Milano e Bergamo per Treviglio, ma anche da quello di tutta la linea da Milano a Venezia; sicchè in questa linea da Milano a Bergamo per Treviglio la quota, a queste spese corrispondente, di ciascun viaggiatore, di ciascuna tonnellata di merci deve essere molto minore che nell’altra.
Così si dimostra, che anche nelle due linee da Bergamo a Brescia, per Treviglio l’una, per Palosco l’altra, l’economia della spesa è per la linea della Società lombardo-veneta; e che soltanto pei viaggiatori che vanno da Bergamo a Brescia, e viceversa, puossi porre a petto a questa economia della spesa una maggiore celerità di viaggio di forse una mezz’ora: per tutti gli altri e per le merci il vantaggio dell’economia della spesa rimane intiero, perchè tutte le altre condizioni di transito o sono pari, o sono a favore della linea lombardo-veneta.