Melmoth o l'uomo errante/Volume II/Capitolo X

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Charles Robert Maturin - Melmoth o l'uomo errante (1820)
Traduzione dall'inglese di Anonimo (1842)
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CAPITOLO X.


Tre anni erano trascorsi dalla separazione d’Immalia e dello straniero, quando una sera l’attenzione di alcuni gentiluomini spagnuoli, che passeggiavano in un viale del Prado di Madrid si fissò sopra di una persona, che passò loro d’appresso. Essa era vestita alla foggia del paese, ma non portava spada e camminava lentamente. Si arrestarono eglino con un trasalimento simultaneo, e sembrava da’ loro vicendevoli sguardi che si dimandassero l’un l’altro qual [p. 213 modifica]fosse la causa dell’impressione, che loro aveva cagionato l’apparire di cotesto individuo. In tutta la persona di lui non v’era nulla di singolare, egli camminava tranquillamente, ma ciò che aveva principalmente colpiti i gentiluomini, era l’espressione singolare della di lui fisonomia che nessuno di essi sapeva spiegare.

Non si erano eglino mossi ancora dal loro posto, quando l’incognito ripassò d’avanti a loro, continuando a camminare con la stessa lentezza; osservarono di nuovo quella singolare espressione ne’ lineamenti di lui, e particolarmente negli occhi, che fin qui nessuno uomo aveva potuto contemplare senza fremere. Avvezzi a riguardare degli oggetti ributtanti alla natura ed agli uomini; percorrendo senza intermissione gli ospizii degli alienati di mente, le caverne della fame, le prigioni del delitto, o il letto di morte della disperazione, essi avevano contratto uno splendore ed un linguaggio, che era tutto loro proprio: uno splendore che nessuno avrebbe potuto fissare, un linguaggio [p. 214 modifica]che pochi avrebbero potuto comprendere.

Cotesti gentiluomini stavano osservando di più due altre persone, la cui attenzione pareva fissata sul medesimo oggetto della loro; perchè questi due lo mostravano a dito e si parlavano a voce bassa con de’ gesti, che indicavano una forte ed evidente emozione. La curiosità vinse per una volta la riserva spagnuola; ed i primi avvicinandosi ai due secondi, dimandarono loro, se lo strano personaggio, che era passato testè fosse il soggetto della loro conversazione e la causa della emozione che scorgevasi ne’ loro discorsi. Risposero affermativamente, ed aggiunsero di essere istrutti di certe circostanzen, che potevan ben giustificare l’emozione, che avevan provata. Coteste parole aumentarono la curiosità di alcuni altri che passavano, ed il gruppo divenne più numeroso; alcuni sapevano o pretendevano di sapere delle particolari circostanze intorno a quel personaggio rimarchevole, e si istituì una conversazione di discorsi [p. 215 modifica]vaghi, la principal materia de’ quali si compone d’ignoranza, di curiosità e di terrore, mescolati con qualche poco di verità e di cognizioni positive, dove ogni interlocutore si fa un dovere di contribuire per parte sua alle voci, alle conghietture, agli aneddoti, tanto più facilmente creduti, quanto più sono incredibili, e tanto più convincenti quanto più sono falsi: ma piacemi dare una idea di quella conversazione singolare.

Uno degli interlocutori: ma che? disse, se la cosa sta realmente così, come si crede e come si assicura che sia, perchè non arrestarlo? perchè la inquisizione non se ne impadronisce? Egli è stato già più d’una volta nelle prigioni del sant’uffizio, soggiunse un secondo, e più spesso ancora che que’ giudici incorruttibili non avrebbero voluto. Il fatto però si è, lo interruppe un terzo, che egli ne è uscito libero incontanente. Un quarto assicurò, che cotesto incognito era stato di mano in mano rinchiuso in tutte le prigioni dell’Europa, ma che aveva sempre trovato il [p. 216 modifica]mezzo da liberarsene. Al momento stesso in cui si credeva, che egli espiasse i suoi misfatti in un luogo, egli ne commetteva de’ nuovi in un altro. Si sa di che paese egli sia? dimandò un altro. Egli è originario d’Irlanda, gli fu risposto, paese poco conosciuto, e dove per diversi motivi i suoi abitanti non rimangono che con ripugnanza. Desso si chiama Melmoth. Uno degli interlocutori che si vantava di saperne più degli altri, parlò della prontezza inconcepibile, con la quale cotesto straniero passava da un paese ad un altro, prontezza, che sorpassava ogni mezzo umano. Raccontò loro ancora, che costume di lui era di andare in traccia dappertutto delle creature le più infelici e più viziose, senza che alcuno sapesse assegnare il motivo, per cui egli si compiacesse della loro intimità. Appena egli ebbe terminato di dire queste parole, una voce grave si fece udire da tutt’i componenti quel gruppo, la quale disse: Questo motivo è cognito bastantemente ad essi ed a lui. [p. 217 modifica]

Il giorno era prossimo al suo termine, ma ciò non impedì, che si potesse perfettamente distinguere la persona dello straniero. Alcuni assicurarono di aver osservato perfino lo splendore rimarchevole degli occhi di lui, che non brillavano giammai sul destino degli uomini, se non come pianeti di malaugurio. Il gruppo s’arrestò per qualche tempo per aspettare che si fosse allontanato l’incognito, il quale aveva prodotto sopra di loro l’effetto della torpiglia. Esso si dileguò lentamente, e nessuno si prese pensiero di arrestarlo.

Ho sentito dire, osservò uno di quelli che erano insieme radunati in quel luogo, che la musica la più deliziosa precede l’avvicinamento di cotesta persona quando si trova presso la vittima, che egli è permesso di tentare o di tormentare. Talvolta questa musica non è sensibile, che per la sola vittima; in qualche altro momento si lascia sentire anco dagli astanti. Me ne sono state fatte le relazioni le più maravigliose... La Santa Vergine Maria ci protegga! [p. 218 modifica]Avete mai sentito simili suoni? Ciò non deve far maraviglia, disse ridendo un altro della società, che una creatura tanto celeste sia annunziata da suoni deliziosi.

Non aveva egli terminato ancora di dir così, quando gli occhi di tutti si rivolsero verso una giovanetta, la quale essendo in compagnia di altre giovani e belle persone, le sorpassava tutte nell’eleganza e nobiltà della sua andatura. Dessa non cercava già di attirarsi gli altrui sguardi, ma gli sguardi di tutti si fissavano sopra di lei, senza che se ne potessero più distaccare. Indarno le sue compagne mettevano in uso tutte le armi, che loro poteva somministrare la civetteria per fissare l’attenzione de’ giovani cavalieri, perchè questi non ponevano attenzione che a lei. Gli uomini i più dissoluti non potevano contemplarla, se non con un involontario rispetto, gli infelici provavano della consolazione nel rimirarla, i vecchi si rammemoravano gli anni. della loro giovinezza, ed in giovani sperimentavano per la prima volta [p. 219 modifica]quel sentimento, che solo merita il nome di amore, perchè ispirato dalla purezza dei costumi.

Noi abbiamo già osservato quanto tutti i moti della persona, fossero in lei graziosi e naturali. Diffatti ognuno di essi aveva una elasticità, una vitalità, che facevano, che ciascheduna delle sue azioni fosse l’espressione d’un pensiero. Dessa accorgevasene tosto, e gli sforzi, che faceva per nascondere ciò, che suo malgrado aveva annunziato, manifestavano in lei una nuova grazia. Intorno di lei regnava quello splendore d’innocenza e di maestà, che non si trova giammai riunito se non nel suo sesso gli uomini possono per lungo tempo conservare ne’ loro lineamenti quella espressione del potere, che loro comparti la natura, ma quella dell’innocenza non tarda molto a dileguarsi.

In mezzo a tante grazie vive ed alquanto straordinarie di una persona che pareva non conoscere altre leggi, che quelle le quali a sè medesima aveva imposte, regnava una [p. 220 modifica] di malinconia, la quale agli occhi di un osservatore superficiale avrebbe potuto sembrare passeggiera o affettata, ma che per altri era argomento che mentre tutta l’energia della sua intelligenza era occupata, e desto tutto l’istinto della sua ragione, il suo cuore era ancor vuoto e dimandava un abitante.

Il gruppo de’ cavalieri, ch’era stato occupato nel ragionare intorno allo straniero, sentissi irresistibilmente attratto alla vista di lei. Il loro bisbiglio prodotto dal timore cangiossi in esclamazioni di piacere e di maraviglia vedendo passare quell’avvenente giovanetta. Appena ella ebbe fatti alcuni passi per allontanarsi, videro essi lo straniero rivolgersi indietro lentamente e passar vicino alle giovani damigelle. Ma l’occhio di lui andò in traccia di una sola: questa lo riconobbe, gettò un alto grido e cadde per terra priva di sentimento.

Il tumulto cagionato da un tale evento, del quale tutti erano stati spettatori, senza che alcuno sapesse [p. 221 modifica]assegnarne la cagione, fece sì che nessuno ponesse più mente allo straniero, ma tutti si occupassero di assistere la signorina o di dimandare sue nuove. Fu incontanente trasportata verso la di lei carrozza, ed al momento in cui vi fu collocata, una voce a non molta distanza da lei pronunziò la parola Immalia! Ella riconobbe la voce, e si rivolse a quella parte con uno sguardo angoscioso e mandando un flebile grido. Quelli che le stavan d’appresso avevano pur essi intesa la voce; ma non comprendendo il senso della parola, e non sapendo a chi fosse diretta, attribuirono la emozione della signorina ad indisposizione di salute. La carrozza partì e lo straniero l’accompagnò con l’occhio; la società tardò poco a disciogliervi ed egli rimase solo. Le ombre si addensavano ed egli non pare a rimarcare se non questa unica circostanza. Un piccol numero di persone, che non lo avevano perduto di vista continuarono a tenergli dietro per osservarlo, nè egli se ne occorse. Uno di quelli, che si era [p. 222 modifica]trovato a lui più vicino disse di avergli veduto fare un gesto come per asciugarsi gli occhi; le lagrime della penitenza erano state a lui interdette per sempre. Era dunque la passione, che gliene aveva fatte versare? In tal caso guai all’oggetto di cotesta sua passione!