Meditazioni sull'Italia/Prima parte/II

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II.


CIVILTA’ ROMANE E CIVILTA’ ATENIESI


Una civiltà romana si fonda sul rispetto di ció che è nel presente; la sua forza è il senso morale.

Una civiltà ateniese si fonda sul libero esame; la sua, forza è l’immaginazione.

Qual’è l’origine di questo istinto eversore dell’Italia? Come si puó chiarire il mistero di un paese, in cui la vita scaturisce dalla morte?

Bisogna dividere le civiltà dell’Europa in due categorie che si vedono nella storia opporsi e succedersi: la civiltà che vorrei chiamare romana e l’ateniese. La civiltà romana insegna agli uomini ad operare, a tener conto l’uno dell’altro. La civiltà ateniese insegna agli uomini a riflettere. Nella civiltà Romana regna l’ordine, nella civiltà ateniese la grazia, l’arte o la filosofia. Nella civiltà romana si scusa l’ignoranza di un industriale, nella civiltà ateniese l’immoralità d’un artista. Nella civiltà romana ci si annoia; nella civiltà ateniese ci si distrugge. Le [p. 11 modifica]civiltà romane sono così ben regolate, che gli uomini per riescire a viverci non hanno da conoscerne il meccanismo; ma in quel caos che è una civiltà ateniese gli uomini che non si rendono conto dei difetti, dei pregi e dei segreti del loro mondo, sono perduti.

Nelle civiltà romane la calma invita gli uomini a non riflettere; da questo torpore universale la quiete stessa è mantenuta e oscuramente corrosa; nelle civiltà ateniesi il disordine affina l’intelligenza e l’intelligenza provoca il disordine. Le civiltà romane sono percio’ minacciate da crisi di sonno, dall’oblio delle loro origini, e da una forma di voluttuosa inerzia; le civiltà ateniesi dalla instabilità, dalla mobilità e dal fuoco di un malcontento perpetuo. Il governo è uno dei privilegi delle civiltà romane. L’amore uno dei privilegi delle civiltà ateniesi. Per formare una civiltà romana gli uomini devono possedere una coscienza morale, una mente divisa in compartimenti. Una civiltà ateniese si fonda sull’immaginazione; ma l’immaginazione infrange i compartimenti e sovverte l’ordine.

Il principio di una civiltà romana è il rispetto di tutto cio’ che è nel presente. La sua forza è il senso morale.

Il principio di una civiltà ateniese è il libero esame e un continuo sogno e una continua attesa dell’avvenire. La sua forza è l’immaginazione.

Roma fu una civiltà romana fino al tempo di Cesare: durante un secolo si è sforzata, non tanto di fondere quanto di equilibrare il suo antico istinto [p. 12 modifica]sociale e conservatore, collo spirito ellenico intellettuale e rivoluzionario. A cominciare dal 2° secolo la Roma delle dispute giuridiche e religiose è una civiltà ateniese.

Perchè gli inglesi, cosí tenaci ed energici quando fanno una rivoluzione conservatrice, quando cioè si rivoltano contro il proprio governo se esso viola la sua legge, sono disorientati davanti ai rischi di una rivoluzione rivoluzionaria quando si tratta di rovesciare un governo i cui principî non si adattano più ai tempi, quando si tratta di sostituire nuovi principî a quelli invecchiati?1 Perchè hanno il senso morale e l’idea del diritto, ma mancano di immaginazione.

Uno spirito ateniese dotato di immaginazione potente, concepisce senza difficoltà al momento delle crisi i principi nuovi necessari a una nuova società; direi anzi che li concepisce anche quando non sono necessari. Ad ogni modo, l’idea di cambiare delle istituzioni, utile o inutile che sia, invece di spaventarlo lo tenta. Lo spirito ateniese si adatta rapidamente ad un futuro che riesce colla immaginazione a rappresentarsi con una esattezza spesso illusoria. Ma è altrettanto pronto ad attaccare che a scoraggiarsi. Intravede troppo rapidamente il modo di [p. 13 modifica]risarcirsi dei danni subiti, e siccome è abituato a mettere d’accordo il diritto e i bisogni, la legge e la forza, la sua coscienza è incapace di ricorrere alla violenza, senza ricorrere, per giustificarla a degli argomenti di diritto, cosí come di vedere il diritto violato senza trovar modo di giustificare la violenza.

Uno spirito sociale invece dotato dell’idea del diritto si rivolta d’istinto contro il Potere quando il Potere non rispetta il diritto nel dominio in cui la forza è esclusa. Non ammette accordo con un giocatore, che cambia d’un tratto a suo vantaggio le regole del gioco. Ma siccome manca di immaginazione, lo stesso uomo che lotta con tanto ostinato coraggio contro il potere quando esso ha violato il diritto, è incapace di concepire nuovi principî con cui abbatterlo e sostituirlo se lo giudica cattivo.

Io mi chiedo pertanto come un celebre storico del secolo XIX. ha potuto vedere nella rivoluzione francese una seconda edizione della rivoluzione inglese, mentre la prima è puramente conservatrice e la seconda puramente rivoluzionaria.

  1. Leo, nelle sue note, nei suoi libri posteriori, si è assai preoccupato di distinguere le rivoluzioni conservatrici da quelle rivoluzionarie. Vedi a questo proposito Paris, dernier modèle de l’Occident. — Rieder, editeur. Paris.