Lezioni sulla Divina Commedia/Appendice/II. Come si trasfigura il brutto?

Appendice - II. Come si trasfigura il brutto?

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II

COME SI TRASFIGURA IL BRUTTO?

Lezione, Giovedí 23 Marzo i854.

(dal ms. cit.).


Noi abbiamo detto che l’inferno è il regno del male, dell’errore, del brutto: è negazione di Dio, che è assoluta bontá, bellezza, veritá. Noi prendiamo ora come fatto immediato di coscienza ciò che sará poi risultamento ultimo del nostro ragionamento. Pure l’Inferno è il capolavoro di Dante: quantunque alcuni critici, come Balbo, insistendo su alcuni episodii d’una bellezza proverbiale e tradizionale, non solo vollero sostenere che il Purgatorio e il Paradiso è uguale all’Inferno; ma anche che sono superiori: tuttavia il giudizio popolare ha sempre giudicato in favore dell’Inferno. Ma se l’arte è la rappresentazione del bello, come potrá essere artistico il regno assoluto del brutto? come potrá essere trasfigurato e reso poetico? Ecco la quistione fondamentale che uno si deve porre intorno all’inferno.

Vi sono due scuole contrarie, di cui una sbandisce affatto il brutto dall’arte, l’altra ritiene che sia costitutivo ed elemento essenziale dell’arte. La prima è la classica, antica; la seconda, la romantica, odierna. La prima, fondata sul precetto di Orazio simplex et unum, sul tipo di bellezza greca, sulla semplicitá vuota di differenza ed opposizione, sbandisce il brutto. Secondo questa scuola l’artista deve essere come il pittore che, dovendo dipingere Elena, prese sette delle piú belle donne di Grecia, e togliendo l’una forma da una e l’altra da un’altra, ed eliminando il brutto, [p. 331 modifica]di sette bellezze imperfette ne fece una perfetta. Questo è un modo assurdo di concepire l’arte. Ponetevi quanti occhi, bocche, nasi che vogliate, se non avete ingenito il tipo del bello e la forza di riprodurlo, avete un bel da comporre e separare, non ne caverete mai nulla. Eppure l’influenza di questa scuola si diffuse anche fra personaggi dottissimi. Vedetelo nel giudizio che T. Tasso, dottissimo poeta — piú poeta se non fosse stato cosí dotto — , porta sull’Achille d’Omero. Egli dice che non è compiutamente bello, che non è conforme al tipo semplice: perché iroso, e per capriccio d’una schiava abbandona i suoi: ed è troppo selvaggio contro Ettore. Al contrario Goffredo è perfetto, ornato di tutti i pregi, né vi è vizio o cosa che lo deturpi. Ma appunto per questo Achille è creazione vivente che attraversa i secoli, sempre giovane, laddove Goffredo non è che una concezione secondo un tipo astratto, ed è meno interessante. Dove porta questa dottrina? Vedetelo nell’estremo che mostra il difetto di essa. Dalla semplicitá greca viene a terminare nell’astratto intellettuale, nella morale sapienza. Vedete in Gravina. Egli è uomo di molta dottrina e scienza: eppure la sua Ragione poetica, quantunque sia eccellente per alcune osservazioni, è falsata nella sua base, poiché pone per essenza della poesia la sapienza morale. Con questa stregua egli giudica Dante, Petrarca, Ariosto, Tasso; di cui egli faceva una cattiva ed infelice applicazione nelle sue tragedie.

La romantica al contrario sostiene che non solo il brutto non deve essere bandito dall’arte, ma è indispensabile, ed essenziale elemento dell’arte moderna. La poesia, dice Schlegel, deve rappresentare la vita reale qual essa è; mista di bene e male, di gioie e dolori, di morte e vita, di brutto e bello. Uscite nella via: voi troverete un funerale, con accompagnamento di gente mesta: accanto a loro sono per istrada fanciulli che giuocano: altri che sono ubbriachi. Entrate in un’anticamera regia: troverete ancora i resti d’un banchetto: a guardia vi stanno servitori confabulanti. Dentro vi è una dama ambiziosa che uccide il proprio figlio con un pugnale. Insomma, accanto al ridicolo vi è il sublime, accanto la tragedia la commedia. [p. 332 modifica]

Io ho confutato ambedue le scuole. Il bello non si deve risolvere nell’astratto, né deve essere una imitazione della vita reale. Ma deve trasfigurarla e realizzarla. Insomma non deve essere né il pensiero astratto, né il reale astratto. Confutazione di fatto di queste due scuole è l’Inferno di Dante. Non può spiegarlo la dottrina classica; resiste alle sue dottrine, perché tutto è brutto e deve essere; il bello sarebbe un controsenso: perché è il regno della giustizia di Dio, e la punizione deve essere imagine dell’anima colpevole.

D’altra parte come il romantico può spiegarlo coll’elemento reale, coll’avvicendamento di gioia e dolore? Dove la vita è rappresentata da un lato solo non vi è inferno e paradiso mescolato insieme, ma solo male, brutto, orrore. Quando il fatto è evidente, la teoria si piega, si modifica, finché il fatto, sopravanzando l’angustia del sistema, si allarga, poi sparisce per sollevarsi ad un piú alto. In che modo hanno cercato di allargarsi ed uscire dal rigore del loro sistema? L’inferno non è giá fatto isolato...1. Egli si va esplicando in Petrarca, Boccaccio, Cervantes, Lope de Vega, Calderon: quindi dopo un interrompimento di alcuni anni rivive nei romantici del XIX [secolo] in Byron, Leopardi, Goethe, Victor Hugo, finché, acquistando la coscienza di sé, appare in Mefistofele, che è incarnazione del brutto che si pone come brutto.

Due opinioni sono correnti ed universali; l’una delle quali è modificazione della dottrina classica, l’altra della romantica. L’una dice: il brutto è nell’arte, non si nega; ma cessa di essere tale nel bello artistico per la bellezza di sua rappresentazione. Questa viene a ricadere nella dottrina giá nota: lo stile è la veste, l’ornamento del pensiero: essa crede di potere abbellire e quindi fare amare il brutto: sarebbe come prendere una scimmia e coprirla d’un manto di porpora: prendere la schifosa Gabrina d’Ariosto, e vestirla degli abiti sontuosi di Isabella. Ornate pure e diviene piú brutto. Questo non può certo applicarsi a Dante, che non dissimula né orna il brutto, ma lo mostra; egli, avvezzo [p. 333 modifica]a pigliare il concetto, mette in piú rilievo e lumeggia il brutto che ha innanzi. Cerbero è bello, perché è ben rappresentato: ma egli non ha dissimulato il...2 «Cerbero fiera crudele e diversa».

Ma è bello per la intrinsichezza e la natura stessa del concetto che ha voluto esprimere in lui: perché lumeggia ciò che in Cerbero è deforme...3.

  1. Ho tralasciato il resto del periodo che riesce oscuro.
  2. Parola incomprensibile.
  3. La lezione è incompleta.