Lezioni di eloquenza/Lezione I/Capitolo III

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CAPITOLO III.


Le facoltà naturali, e lo studio
nella letteratura sono annessi ai bisogni
della società.


I. Tutte queste facoltà che dà la natura, presumono sempre bisogno.

II. Tutto quello che soddisfa ai bisogni è necessario. III. Tutti i bisogni non soddisfatti lascerebbero gli uomini alla disperazione delle passioni che ogni bisogno eccita necessariamente. IV. Il bisogno di esercitare le proprie facoltà per mezzo della parola, e di comunicare in altri lo stesso esercizio deve essere adunque soddisfatto. V. L’uomo è animale sociale. VI. Ogni società è un aggregato di pochi che comandano per mezzo della spada, e delle opinioni; e di molti che servono. VII. Le società compongono le nazioni che guerreggiano l’una contro dell’altra. VIII. Le nazioni hanno principio di forza nella comunicazione delle loro idee. IX. La comunicazione delle idee rappacifica per mezzo delle leggi e delle opinioni gli interessi degli individui. X. Le leggi che contrastano cogli interessi degli individui, e le [p. 94 modifica]opinioni che combattono con le leggi, rodono i principii della prosperità e della forza d’ogni società; perchè l’arbitrio delle leggi produce la tirannide, e l’arbitrio delle opinioni produce la licenza, e questi due mali distruggono presto o tardi la prosperità delle nazioni. XI. L’uso della parola destinata dalla natura all’esercizio delle facoltà e delle passioni, ed alla comunicazione delle idee deve dunque mantenere l’equilibrio tra il potere di chi comanda, e le opinioni di chi obbedisce. L’uso della parola si rende utile rendendolo grato alle passioni, e conveniente alle opinioni. Si rende grato alle passioni esercitandole, perchè le passioni non si spengono mai. Si convincono le opinioni dimostrando il danno e l’utilità. Questa alleanza di passioni o di ragione per mezzo della parola costituisce la persuasione; la persuasione costituisce l’unico fine dell’eloquenza. La poesia, la storia, e la facoltà oratoria, che costituiscono la letteratura di ogni nazione, non cangiano se non che apparenze, perchè tutte stanno nell’eloquenza. Poichè la letteratura di una nazione è annessa al clima, agli usi, alla religione, alle leggi, alla fortuna della stessa nazione. Chi non ama la sua patria, non può essere utile letterato. [p. 95 modifica] Da questo terzo capitolo emerge: I. che lo stato di natura, di guerra e di società sono una cosa sola ed identica, e che non vi possono essere uomini, senza una specie qualunque di letteratura: II. che le distinzioni di stato, di natura, e di società sono fantasmi platonici da lasciarsi a Rousseau ed a’ suoi partigiani, perchè Rousseau dividendo la natura dell’uomo dalla società, pianta per principio delle sue declamazioni, che le lettere essendo frutto delle società corrompono la natura dell’uomo; e frattanto in quel suo discorso contro le lettere e le scienze ammettendo per assioma, che nascano dalle passioni degli uomini, come per esempio, a quanto egli dice: = la geometria nacque dall’avarizia, l’astronomia dalle superstizioni, la poesia dalla credulità, l’eloquenza dall’ambizione, = egli sovverte da se medesimo il suo pomposo edificio, da che se le lettere e le scienze nascono dalle passioni, egli doveva prima mostrare che la natura concede agli uomini di dar corso diverso alle loro passioni, e indicarci il mezzo di cangiare la natura dell’uomo. III. Gli uomini Cosmopoliti saranno sempre trepidi cittadini, e trepidi cittadini sono dannosi letterati: IV che niun letterato sarà utile e glorioso, se non conosce le [p. 96 modifica]istituzioni sociali, se non vede molti paesi e costumi, se non paragona ed illumina i meriti, gli errori, ed i fatti de’ propri concittadini, se non legge nel cuore della filosofia morale e politica, se finalmente non attende all’indipendenza e all’onore della sua patria.