Lettere di Paolina Leopardi a Marianna ed Anna Brighenti/XLVII

XLVII. Alla stessa - A Bologna

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XLVI XLVIII

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XLVII.

ALLA STESSA

a Bologna

15 Settembre (1833)

               Cara Marianna,

Oh ti sieno rese le grazie più vive perchè non hai sofferto che la tua amica vivesse più a lungo in un mare d’angustie!

Le notizie tranquillizzanti che mi hai date di Giacomo mi hanno fatto benedire una volta di più il tuo diletto nome, come mi sarà sempre carissimo. Ma sai che Muccio se n’è andato a Napoli con Ranieri? Egli parti da Firenze il 2 di questo mese, e va a piccolissime giornate, a quanto sembra, a Napoli per passarvi l’inverno, e per curare i suoi occhi tanto infermi, e ci promette di rivederci a primavera, ora figurati che bella primavera dovrà essere quella per noi!

Ma non dir più ch’io non conosco te, non conosco il tuo carattere! Già sai, ed è inutile che te lo ripeta, quanto cara cosa tu sei per me, quale immensa fiducia abbia nel tuo cuore, nelle [p. 137 modifica]qualità tutte, si di esso che del tuo spirito...... ma non poteva essere che per affetto mi nascondessi la verità? Se tu sapessi quello che noi tutti proviamo allorchè passano i mesi senza avere lettere di Giacomo, vedresti che vi è luogo allora a credere per vere le notizie le più assurde.

Non aveva io sentito nè pure una parola della lettera di Giordani, nè del supposto di lui arresto ed avrei caro assai che mi dicessi qualche cosa più in particolare, e, se si potesse avere quella lettera, tanto meglio1. Ma che, Giordani ha perduto la testa affatto?

Per commissione altrui bisogna ch’io ti preghi di un favore, ed è di sapermi precisamente dire l’età del cavaliere Rusconi, direttore della posta di costi. Io credo che non ti sarà molto difficile il saperlo, ma io te ne ringrazierò come se ti avesse costato assai.

Dunque andrai a Livorno il carnevale ? vorrei che quel soggiorno ti fosse grato come quello di Pisa, e di Arezzo e di tutti quei luoghi ove sei stata il meglio accolta. Saprò una volta i tuoi compagni, che adesso non so quali siano perchè quell’impertinente di Nina dice di non potermeli dire non sapendoli nè meno essa, come se questa fosse una ragione sufficiente..., E giacchè ho nominato quel folletto, addio cara Marianna mia, vado da lui a dirgli due parole, non senza averti prima stretta fortemente al mio cuore, dove la tua memoria è scolpita per sempre. [p. 138 modifica]

Nina mia, è un tempo questo di grande carestia di notizie amorose, come vedi. Ma che, i bei giovani sono spariti, o hanno perduto l’arte di farsi amare? o i vostri cuori sonosi ricoperti di doppio usbergo, o sono già diventati quale adamantina selce....? Ah! ci vuol pazienza! e bisognerà ch’io mi adatti a ricevere le carezze del mio uccellino senza ch’egli mi parli più di quell’altro oggetto alato come lui; me non simile a lui. Ma io frattanto vi lodo assai e vi ammiro poi grandemente, o ragazze mie: e voi sarete sempre per me il tipo della bontà, si della bontà pura ed angelica, quale dovrebbero essere tutte le donne, e quale sfortunatamente nol son punto. Non vi è certo bisogno d’incoraggiarvi, o care anime, me se fosse possibile che i più vivi applausi di una persona innocente sino ad ora, e che lo sarà sempre, vi potessero lusingare, essi sono tutti per voi, che le mostrate come si dee vivere in questo luogo d’inganni e di tradimenti, ma che pure presenta troppi allettamenti e troppo vezzo, per non dover camminar sempre ad occhi chiusi, particolarmente poi nella vita vagabonda e piena di vita menata da voi.

Nina mia, così potesse esser vero ch’io potessi tenerti in gabbia, e baciarti e accarezzarti ogni momento come faccio al mio canarino, il quale pare che mi voglia quel bene che mi vorresti tu, ma non mi vuol parlare, non vuol dirmi nè pure una parola.

Oh, addio Nina mia; amami sempre, te ne prego vivamente, e lascia che ti ami io egualmente coll’ardore il più vivo, abbracciami Marianna e salutami papà.



  1. Probabilmente la lettera al Ministro. Vincenzo Mistrali. (V. la Carcerazione di Pietro Giordani. Opere, vol. ✗I pag. 289).