Pagina:Paolina Leopardi Lettere.djvu/162

138


Nina mia, è un tempo questo di grande carestia di notizie amorose, come vedi. Ma che, i bei giovani sono spariti, o hanno perduto l’arte di farsi amare? o i vostri cuori sonosi ricoperti di doppio usbergo, o sono già diventati quale adamantina selce....? Ah! ci vuol pazienza! e bisognerà ch’io mi adatti a ricevere le carezze del mio uccellino senza ch’egli mi parli più di quell’altro oggetto alato come lui; me non simile a lui. Ma io frattanto vi lodo assai e vi ammiro poi grandemente, o ragazze mie: e voi sarete sempre per me il tipo della bontà, si della bontà pura ed angelica, quale dovrebbero essere tutte le donne, e quale sfortunatamente nol son punto. Non vi è certo bisogno d’incoraggiarvi, o care anime, me se fosse possibile che i più vivi applausi di una persona innocente sino ad ora, e che lo sarà sempre, vi potessero lusingare, essi sono tutti per voi, che le mostrate come si dee vivere in questo luogo d’inganni e di tradimenti, ma che pure presenta troppi allettamenti e troppo vezzo, per non dover camminar sempre ad occhi chiusi, particolarmente poi nella vita vagabonda e piena di vita menata da voi.

Nina mia, così potesse esser vero ch’io potessi tenerti in gabbia, e baciarti e accarezzarti ogni momento come faccio al mio canarino, il quale pare che mi voglia quel bene che mi vorresti tu, ma non mi vuol parlare, non vuol dirmi nè pure una parola.

Oh, addio Nina mia; amami sempre, te ne prego vivamente, e lascia che ti ami io egualmente coll’ardore il più vivo, abbracciami Marianna e salutami papà.