Lettere di Paolina Leopardi a Marianna ed Anna Brighenti/XCVII

XCVII. A Marianna Brighenti - A Forlì

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XCVI XCVIII

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XCVII.

A MARIANNA BRIGENTI

a Forlì

9 marzo (1847)

               Cara Marianna mia,

Io ho sempre bisogno grande della tua indulgenza pel mio si lungo silenzio. Io ti ho sempre nel cuore, credimelo, ch’io non mento giammai; ma son tante le occupazioni, i dispiaceri e gli affari, che proprio non posso mai riuscire a trovare un minuto di tempo per scriverti. Ma già tu lo sai che l’amicizia nostra non può perire (come la nazionalità della Polonia) sicchè non ti devi sorprendere pel ritardo dei miei caratteri, ma dire soltanto: la Paolina ha certo molto da fare. E veramente io più presto assai di ora, doveva ringraziarti della continuazione dell’amore, e delle care affettuose tue parole, le quali puoi credere se mi sieno di vera e dolce consolazione. Poi mi rallegro con te, e col papà dell’impiego avuto, e spero che tra poco mi avrai a dire qualche cosa di più sostanzioso e di più utile a tutti voi altri, e certo sarebbe pur ora di mettere a profitto l’esperienza e i lumi di un uomo atto a fare onore al governo che lo impiegasse. Che ne dice Brighenti di questi tempi e di questo governo? Mi pare che il mondo sia ora posto tutto sopra un vulcano, e che non [p. 276 modifica]manchi che la scintilla elettrica che debba accendere un gran fuoco, ma un fuoco immenso e devastatore; e questa scintilla sembra sia vicina (senza contare poi quanto mai fatichi Pio nono per accenderla). Avrai sentito parlare molto confusamente di quanto avvenne a Recanati in una notte di Carnevale. Ne han parlato anche i fogli esteri, senza però parlarne con tutta verità. Il fatto si è che dopo l’opera furono uccisi due Loretani e due feriti, e furon trovati i cadaveri la mattina seguente in mezzo alla strada.

Si potrebbe ancora dubitare se gli uomini fossero recanatesi, o i loretani fossero venuti a rissa tra di essi, e questo è ciò che si saprà, terminato che sia il processo che si sta facendo da un giudice venuto apposta. È vero che sempre vi è un tantino di urto tra Recanatesi e Loretani come accade sovente tra popolazioni limitrofe; ma è vero ancora che i loretani, popolo scorretto e briccone, viene sempre a cimentare i Recanatesi, e più di frequente in occasione di Teatro aperto e di cantanti loretani. Il comune di Recanati ha cercato di riparare la enorme disgrazia di quel l’uccisione, e lo ha fatto con onori veri ai defunti, e con denari alle loro famiglie, (e gli uccisi eran due giovinetti non ancora ventenni), ma Pio nono ha voluto render perpetua questa macchia (macchia di una mano di birbaccioni) imponendo al Comune una paga annua di cinquanta scudi in perpetuo. E qui ci sarebbe molto a dire in proposito della giustizia di questa imposizione, ma ognuno già sa cosa pensarne.

Mio padre ha migliorato da qualche tempo, [p. 277 modifica]per non si muove mai dalla camera, e se la buona stagione non giunge a risanarlo, l’è una vita assai penosa per tutti. La Cleofe ancora è in Ancona, chè è ricaduta più volte, ma speriamo di riaverla presto. La Virginia, qui presente, vuole che ti saluti, anzi ti dia un bacio affettuosissimo, il che faccio di gran cuore; rimane che tu l’accetti. Cari miei, io vi amo sempre con intensissimo affetto, e vi bacio e vi abbraccio tutti. Avrei voluto esser con Rosa e così accrescere il popolo alla novena della Beata Vergine del Zioco; spero però che avrete fatto memoria della vostra amica, la quale nelle poche orazioni che fa, si ricorda pure di voi altri. Addio, Marianna mia, seguita ad amarmi quanto puoi, ad esser certa dell’affezione immensa che avrà per te in eterno la tua Paolina!

Un’altra cagione per cui ho tardato a risponderti, è stato di aver dovuto impiegarmi nel copiare le lettere di Giacomo da darsi a Viani. Che nuove hai di Viani di cui è un pezzo che non sappiamo nulla?