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XCIII.

ALLA STESSA

a Forlì

17 Agosto (1845)

               Mia carissima,

Acciò non mi avvenga in questa come nelle altre volte, quando non ritrovava mai l’ora di scriverti, sebbene ti avessi di continuo e nella mente e nel cuore, pochi giorni dopo il ricevimento dell’ultima tua rispondo a quella carissima, capo per capo, per non dimenticare cosa alcuna. E prima di tutto: Giacomo si è chiamato sempre Giacomo, nome di famiglia, nome di mio avo paterno. E come ti è venuto in mente che abbia avuto altro nome? Ti ringrazio poi dell’offerta che mi fai dell’edizione di Firenze. A Sinigaglia ne abbiamo trovate copie, e così finalmente è venuta in nostra mano questa edizione tanto desiderata ed aspettata, e questa vita scritta da Ranieri, che tanto ne fa desiderare un’altra? Per quelle copie poi che ne bramarono alcuni di qui, e così si erano associati, io non me ne impiccio; è affare di librai, e non ne ho avuto io l’incarico. Però si vede che Le Monnier è assai trascurato, oppure questa edizione ha avuto uno smercio incredibile, per cui esso si è tenuto addietro, e dal compensare i collaboratori (intendo Viani e Giordani ecc.) e