Lettere di Paolina Leopardi a Marianna ed Anna Brighenti/LXXXVII
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LXXXVII.
ALLA STESSA
a Forlì
21 Gennaio (1844)
Cara Marianna mia,
Oggi ricevo la tua (non posso dire la cara tua) del 27 dello scorso. Al vedere il nero sigillo subito mi si è stretto il cuore, e ho detto: Ah! È morta la mamà Brighenti! e nell’aprirla ho veduto tosto di non essermi ingannata. Oh miei cari, io vi abbraccio tutti, e vi stringo al mio cuore, e piango con voi per questa immensa disgrazia, come ho pianto nel leggere i dettagli di si doloroso avvenimento. Oh certo, voi non vi potrete mai consolare, chè non vi vedrete più accanto quella che ha diviso con voi le vostre pene ei vostri godimenti, quella cui pensavate sempre anche in quelle lontane contrade dove il destino vi conduceva; quella che vi portava si grande amore; oh non ve ne consolerete mai davvero! Vi sarà però di conforto il pensare agli ultimi suoi momenti pieni di rassegnazione e di calma, vi sarà di conforto rammemorarvi la sua vita così buona e così virtuosa; e sopratutto vi sarà di gioia il pensiero di avere in paradiso una anima diletta che pregherà per voi, per quelle care persone ch’essa ha lasciate afflitte e piangenti su questa terra, e che di continuo hanno bisogno di preghiere e di protezione. E spero ch’essa si ricorderà anche di me, che la venerava come mamà vostra, e le voleva bene quasi come mia madre; essa pregherà anche per me, per l’affezione ch’io porto alla cara sua famiglia, e per quella ch’essa in iscambio mi porta. Poi, vi deve ancora consolare il vedere che la mamma vostra è stata tolta alle immense pene di questo misero mondo: e già vedete che tra le pene fisiche e morali, tutta la vita si passa senza mai un’alternativa di bene, o di miglioramento. Sicchè, tocca a noi il piangere per essere rimasti su questa terra, e ci conviene ancora scordare e faticare, chi sa per quanto tempo! E il povero Brighenti? Oh! Abbracciatelo per me e ditegli che non pianga, chè le sue lagrime affliggono e sconfortano di troppo noi figlie sue; ditegli che gli offriamo un compenso nell’amor nostro, e che lo ameremo anche di quell’amore che gli portava la mamà vostra.
Oh! Se sapeste quanto dolore mi fa il veder piangere un uomo! proprio mi si straccia il cuore alla sola idea dei pianti che ho veduto versare dagli occhi di mio padre nella morte dei figli suoi, oh è quella per me un’idea terribile e che mi fa piangere come piango anche adesso. Sicchè io raccomando Brighenti a voi, care anime mie, e voi a Brighenti; confortatevi insieme, e fatemi sperare che non passiate più giorni cotanto infelici come senza dubbio lo erano i primi dopo la disgrazia, quando proprio ne pare di non poter vivere, e che il dolore uccida. Se potessi parlar di altro, ti direi, Marianna mia, quanto dolore abbia apportato alla tua Paolina il sentire che hai dubitato di lei. Dunque per quattordici anni interi non ho fatto che mentire! Dunque non ci è carattere più vile, e cuore più cattivo del mio! La tua lettera che dici avermi scritta il 16 di novembre non mi è giunta, e mentre io deplorava il tuo silenzio, tu pensavi di me quello di cui non mi viene mai in mente di accusare le mie amiche. Oh! dammi un altro bacio, Marianna mia, in compenso del male che mi fai, e prometti di non pensar mai più così tristamente di me. Cleofe e Pietruccio prendono parte al tuo affanno e si dolgono del tuo dolore; Virginia ti bacia, e io vi bacio tutti, miei cari, pregando che Dio vi accordi rassegnazione e pace, non solo in quest’anno, ma in molti e molti altri. Addio, addio, non vi scordate che il caro amor vostro è l’unico conforto della vostra Paolina Leopardi.