Lettere di Paolina Leopardi a Marianna ed Anna Brighenti/LXXXIII

LXXXIII. Alla stessa - A Modena per Vignola

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LXXXIII.

ALLA STESSA

a Modena per Vignola

27 ottobre (1841)

               Cara Marianna mia,

Si, è vero io dovea scriverti assai prima d’ora, chè è lungo tempo ch’io ricevetti la tua carissima; proprio il giorno innanzi alla venuta del Papà. Nemmeno saprei dirti il perchè non abbia più presto di oggi presa in mano la penna per dire a voi tutti quanto vi amo; non ho altra scusa se non nella mia pigrizia, la quale vires acquirit eundo; non l’avrei certo nei miei affari, chè io non ho mai da far niente. E, per parentesi, (se questo è il bel far niente degli Italiani, tanto vagheggiato ed esaltato dagli stranieri) oh è pur la brutta cosa! Cosa di cui sono annoiata fin sopra gli occhi. Ma intanto, datemi un bacio ognuno di voi, e perdonatemi le mie colpe. Sicchè la nostra cara Nini è sfuggita al pericolo di fare un matrimonio che non le convenisse! Oh! io me ne rallegro veramente di cuore con essa e con i suoi parenti, e quasi vorrei compiangere il povero Virgilio, il quale dovrà andare in cerca di altra sposa. La sorte però ha compensato Ninì della perdità delle sue speranze colla realtà della donazione della vostra parente, ed io ne [p. 234 modifica]sono assai contenta; così riuscissero bene egualmente tutti gli altri affari, e particolarmente quello della lite, di cui è un pezzo che non mi parli più. Son sicura che sarete andati all’apertura del teatro di Modena, particolarmente per prender parte al buon esito dell’opera del Cav. Gandini, il quale mi sembra che mi abbiate detto essere vostro parente dal lato materno. Nè so poi quanto duri la vostra villeggiatura, nè dove sarete per passare l’inverno; io dirigo questa mia a Vignola, e poi mi scriverai dove andrai. Cleofe ti saluta assai e saluta Ninì e i tuoi genitori. A momenti diverrà madre una seconda volta, ed intanto la sua bambina cresce in grazia e vorrei dire in sapienza, ma no, che ciò si è detto di uno cui non si può senza colpa paragonare verun altro. È certo però ch’essa è la nostra delizia, ed è un vero piacere il vedere sviluppare ogni giorno questa fresca intelligenza.

In quanto poi al disgusto che l’altro mio fratello ha provato pel matrimonio dell’ultimo, esso sussiste tuttora, e promette ancora di durare. Tu ne chiedi il motivo; in casa Leopardi era solito di prender moglie uno solo per far una sola, comoda famiglia. Ora Carlo era più grande di Pietro ed avea preso moglie prima di lui ed aveva una figlia, e non avea piacere che in casa Leopardi vi fosse ammogliato altri che lui. Non ti dirò se questo stato di cose mi addolori, già pare che per letera non mi possa spiegare, poichè dicendo che potresti dirmi delle cose non affatto conformi alle mie idee sembra che tu abbia rilevato dalle mie parole essere io contenta di questo [p. 235 modifica]presente stato di cose, il che è ben lontano dal vero. La moglie di Carlo è una bravissima giovine, piena di talento, di coltura, di cuore eccellente, figlia di una sorella di Mamà, della contessa Mazzagalli, sicchè vedi che i miei genitori non si opponevano a quel matrimonio per disuguaglianza di condizione, ma principalmente per mancanza di dote, della qual dote in quel tempo avea piuttosto bisogno la mia famiglia; e poi temevamo che la sposa fosse alquanto capricciosa, perchè giovine assai vivace e bella; poi il fatto ha dimostrato il contrario. Pur troppo è vero che noi dobbiamo piangere e piangeremo sempre la perdita di un mio caro fratello, Luigi, morto a 23 anni! Marianna mia, son due queste care anime che ci hanno lasciato tristi ed inconsolabili, e che speriamo piangendo di rivedere un giorno, ma l’assenza è troppo lunga, troppo lunga davvero. Vorrei dirti altre parole, ma non ne ho la forza. Seguita ad amarmi, o mia carissima, e così voi tutti della famiglia Brighenti., Persuaditi pure. ch’io non ho più grande consolazione che pensando a te, all’amore immenso che ti porto, e a quello che spero e mi lusingo avrai sempre per la tua Paolina.