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LXXX.
ALLA STESSA
a Forlì
22 luglio (1840)
Mia carissima,
Ricevetti puntualmente la cara tua sebbene diretta a Marianna Corsetti, ed oggi ricevo l’altra tua a me diretta. Da ora in poi scriverai al Signor Giuseppe Corsetti. Tutte le tue lettere sono la mia consolazione, e il caro amor tuo è il mio conforto in questa mia triste vita, ma io vorrei vederti lieta, se pure la letizia è per animi come i nostri, o almeno tranquilla, Marianna mia. Già non puoi dubitare ch’io mi affligga al tuo dolore e pianga al tuo pianto, e vorrei essere tra le tue braccia per confondere le nostre lagrime, le quali sarebbero allora più dolci; e vorrei esser teco per trascinarti via più sollecitamente da cotesto luogo, fonte di tanto dolore, e ti consiglierei a far lavorare la mente in quel luogo delizioso ove sei per andare, e tacere il cuore, che parla sempre più per nostro tormento che per consolazione nostra. Io mi sarò spiegata male, ma non ho voluto dire che sei in contrasto con Nini; ho conosciuto troppo bene il tuo carattere per giudicarti male: io porto invidia alle tue rare qualità, al tuo cuore, al tuo ingegno, al tuo discernimento rarissimo. Ma volea