Lettere di Paolina Leopardi a Marianna ed Anna Brighenti/LXXII
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LXXII.
AD ANNA BRIGHENTI
a Bologna
18 luglio (1838)
Nina mia,
Io ti scrivo, ma veramente non so se sei più viva, o vero se sei rimasta in qualche castello dei Pirenei rapita da quei contrabbandieri, o pure se i vezzi di qualche gentile hidalgo spagnuolo ti abbian trattenuto di là dai monti; precisamen te non so cosa sei divenuta, e lo saprò soltanto che ti piaccia rispondere a questa mia. Certo è però che non ti ricordi più di una povera marchegiana la quale non ha messo mai piede fuori di casa sua, che non ha passato mai nè mari, nè monti, nè ha veduto altro che in figura un battello a vapore; certo non te ne ricordi più, altrimenti io saprei cosa ne è stato di te, saprei come hai impiegati tanti giorni di ozio, se in comporre romanzi o nel darne piuttosto il soggetto. In ogni modo spero che la tua salute sia stata sempre buona, e spero che a poco a poco ti ritornerà in memoria quella Paolina che lasciasti in Italia piena d’affezione per te e per la cara tua famiglia, e che ritroverai sempre eguale nei suoi sentimenti e negli affetti suoi. Se hai scritto romanzi, mandameli a leggere, e se non li hai scritti tu, fa che la mia Marianna faccia dono alla sua amica di quelle novelle che ha scritto essa, si in francese che in italiano, e fa che il dono sia compito col mandare gli originali e non le copie. Potete ben vedere, o miei cari, quanto prezioso dono sarebbe questo per me; tocca però a voi giudicare se ne sono degna.
Quanto mi affligge il vedere soffrire disgrazie persone tanto a me care! Oh! a questo mondo non si ha da aver mai pace, nè la virtù è pegno sicuro di felicità in questa terra. Ma fatevi cuore, amici miei, e non disperate della fortuna, la quale avete più volte veduto quanto mai sia instabile.
Già una grande consolazione avete nella vostra scambievole affezione, affezione che debbe versare un balsamo dolcissimo sulle vostre pene.
Spero e bramo ardentemente di sentire diminuita la pancia di Mamà; abbiatele cura, e fatele i miei complimenti,.... non già alla pancia.
Tutta questa sera l’ho passata in finestra al lume dei baleni che abbarbagliavan la vista, ed al romoreggiar del tuono, priva come sono sempre di qualunque causa di emozione, mi lancio ove spero di trovarne, e io che ho gran paura dei temporali, questa sera al guizzare del fulmine in aria, palpitava un poco, ma non mi porrei certo in finestra quando il temporale è grosso o vicino, chè avrei timore che Brighenti mi tacciasse allora d’ignoranza delle leggi fisiche della natura. Ma non è questo ch’io voleva dire: voleva dire sol- tanto che i lampi mi avevano offeso alquanto gli occhi, i quali si ricomporranno dopo di aver dormito fino a midi e che per questo motivo dopo di avere baciato ed abbracciato con espansione grande di cuore le mie dilette Brighenti, do ad esse la buona notte, e spengo il lume.
PS. — Lessi la vita di Mozart in francese, una volta, e la ridussi in Italiano; poi ad una signora che mi chiedeva qualche cosa da fare un libretto in occasione di nozze, diedi quella, poi la censura di costi ne tolse i più piccanti pezzi e mi fece gran rabbia; la nipote di Mozart che trovavasi in Bologna ne volle copia da mio fratello, e se la portò in Germania.