Lettere di Paolina Leopardi a Marianna ed Anna Brighenti/IV

IV. Alla stessa - A Bologna

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III V

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IV.

ALLA STESSA

a Bologna

26 maggio (1830)

               Mia Cara!

Ebbene, sia fatto come voi volete, e come il mio cuore giá desiderava, e voleva proporvi; ma anche voi farete lo stesso con me, non è vero? Io lo spero, ed essendo questo il primo favore ch’io vi domando dopo che voi con le vostre care ed affettuose parole mi avete dato il diritto di chiedervene qualunque, non ho alcun dubbio di doverlo ottenere. [p. 7 modifica]

La vostra carissima lettera mi ha rallegrato, consolato, intenerito. La viva amicizia che voi mi dimostrate e che io contraccambio con eguale tenerezza, mi fa provare dei sentimenti ch’io credevo di non dover più gustare, ora che da lungo tempo sono divenuta fredda ed insensibile anche all’amore. E come non lo sarei dopo di aver perduto da gran tempo la speranza di unirmi all’oggetto che io amavo, e dopo di aver veduto morire sotto i miei occhi un fratello, giovane amabilissimo, vero angelo di bontà e d’ingegno?1 Noi avevamo passato insieme ventitre anni, senza separarci un momento, ci amavamo tenerissimamente, ed egli era quasi il mio prediletto! Non potete mai immaginarvi, o Marianna mia, quale spasimo di dolore io abbia provato, e quale inesauribile sorgente di affanno e di melanconia questa perdita terribile sia cagione a me, che desidero con tutto il cuore di vedere finita una vita, che è continuamente abbeverata di dolore e di pianto....

Ma perchè io vi contristo, o mia cara? Voi dovete essere allegra, brillante; voi, che senza dubbio farete col vostro canto palpitare i cuori dalla gioia e dal piacere, voi non dovete conoscere il dolore nemmeno per ombra ed io certo non vi avrei parlato mai delle mie pene, se voi medesima non mi aveste ispirata una confidenza grandissima nel vostro cuore e nella vostra amicizia, che mi sarà sempre di consolazione e di superbia. [p. 8 modifica]

Spero che anche voi avrete in me la stessa confidenza, e che crederete sortite veramente dal fondo del mio cuore le parole con le quali io vi assicuro di una tenerezza vivissima, e di una amicizia eterna.

Fra gli altri motivi che hanno renduto così triste la mia vita e che hanno disseccato in me le sorgenti dell’allegrezza e della vivacità. uno è il vivere in Recanati, soggiorno abbominevole ed odiosissimo; un altro poi è l’avere in Mamà una persona ultra-rigorista, un vero eccesso di perfezione cristiana, la quale non potete immaginarvi quanta dose di severità metta in tutti i dettagli della vita domestica. Veramente ottima donna ed esemplarissima, si è fatta delle regole di austerità assolutamente impraticabili, e si è imposti dei doveri verso i figli che non riescono loro punto comodi.

Ci vogliamo però tutti un bene infinito, ed a forza di assuefazione si riesce a sentire meno gravoso il peso di queste sue massime. In conseguenza di questa cosa vede con gran dispiacere, anzi non vuol soffrire ch’io faccia amicizia con alcuno, perchè (dice essa) ciò distoglie dell’amore di Dio; e non può vedere nessun soprascritto di lettera a me diretta, fosse anche del suo Santo protettore. Ed è per questo ch’io vi ho pregata a cambiare la direzione della vostra, come avete fatto, e come vi compiacerete di continuare. Ora dovrei chiedervi perdono dell’avervi parlato tanto di me, e delle cose mie; pure non lo faccio, perchè lo avete voluto voi, e perchè se voi mi parlerete, come io spero, egualmente di [p. 9 modifica]voi e delle cose vostre, delle vostre speranze, dei vostri studii, dei vostri successi, io ne sarò estrememente contenta e consolata. Mi sono stati assai grati i dettagli che mi date di Giacomo e del noto pacco; ma lo credereste? Giacomo nelle sue quattro righe che ogni settimana ci scrive, non ci ha detto una parola di questo affare; ed io, come vedete, non posso mostrare a Papà di saperlo. Scriverò dunque subito a Giacomo affinchè ci scriva, o faccia scrivere, o mandi quel brano di lettera, di cui voi mi parlate. Ma certo è cosa molto curiosa che essendo questo pacco tanto vicino a noi, non sia ancora in mano nostra.

Dunque voi andate in Toscana! È inutile ch’io vi dica quanta compiacenza io ne abbia per voi e per la vostra famiglia, alla quale presenterete i miei complimenti. Terrò sempre gradita memoria delle vostre gentili offerte, e vi prometto di prevalermene con pienissima libertà tutte le volte che mi occorra.

Ma quanto siete buona ed affettuosa! Lasciate ch’io vi baci e vi abbracci, come abbraccio pure vostra sorella, alla quale volevo dire una parola ma non vedete che non ho sito? Che essa dunque mi scusi. Giacomo ha scritto, e ha mandato tutto, onde a momenti speriamo di avere il pacco.



  1. Luigi, morto nel 1828.