Lettere di Paolina Leopardi a Marianna ed Anna Brighenti/V

V. Alla stessa - A Bologna

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IV VI
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V.

ALLA STESSA

a Bologna

15 giugno (1830)

                    Cara Marianna mia!

La vostra carissima lettera non poteva giungere nè più gradita nè più desiderata; essa mi ha compensato della pena che mi avevano cagionato i vostri complimenti dell’ultima.

Sapevo bene, e mi ripetevo ad ogni istante che voi mi scrivevate in tal modo per togliermi dei dispiaceri, ed io ritrovavo in essa nuove prove di vostra delicatezza e bontà; ma siamo forse noi sempre padroni della nostra ragione? Con tutto quello ch’essa mi diceva io temevo che voi mi amaste meno di quanto mi facevate credere con la vostra antecedente ed ero in continua smania di averne un’altra la quale mi ridonasse la mia amica, i suoi sentimenti, ed il suo affetto, che sarei inconsolabile s’io perdessi. Ed è venuta finalmente quest’altra, ed io la tengo, e la metto sul mio cuore, cui fa provare della calma e delle sensazioni cosi nuove, così dolci, ch’io vorrei sapere e potervi ringraziare quanto lo meritate per tanta vostra bontà, per tanto amor che mi mo- strate, e per le vostre espressioni così affettuose e consolanti. Ma sapete ch’io scorgo in voi una anima rara, un cuore come se ne trovano pochi, veramente invidiabile, eccellente? [p. 11 modifica]

Non so se combiniamo insieme nella stima e nella diffidenza generale degli uomini, ma io che so e vedo quanto poco vale questo genere umano, tutto composto di egoismo, di puro egoismo, e quanto sono rari ed impercettibili quelli che si possono, non dico amare, ma stimare, tanto più io vi ammiro, o cara, e vi considero come un ente privilegiato, e stimo fortuna grande, inaprezzabile l’avere acquistata la vostra amicizia, ed il vostro onore, che voi mi avete offerto, e che ora io considero già come mio.

Quanto mi sono cari i dettagli che mi date di voi, della vostra famiglia! ma quanto vi compiango per avere amato tanto tempo invano. Quanto mai avete dovuto essere infelice! Io sapevo che ai nostri tempi questa è sempre la sorte delle persone che amano come voi, o che hanno un cuore come il vostro; ma e che cosa dunque ha di buono la vita, quando abbia ad essere composta di pene simili, e non è meglio, mille volte meglio, morire nelle fasce? Mi pare che Giacomo mi abbia nominato l’oggetto del vostro amore, ed io l’ho dimenticato; nè crediate ch’io ora voglia saperlo, poichè già non lo conosco, e poi io l’odierei, oh sì! l’odierei assai, assai ma voi consolatevi, o anima mia, colla certezza che non meritava certo l’amor vostro chi ha disprezzato un cuore così tenero e sensibile come quello della mia amica. Ed a proposito di amore, sapete che mia cugina1 è divenuta gelosa di [p. 12 modifica]voi, benchè non vi conosca? Giacomo le ha raccontato ciò ch’egli vi diceva di Carlo; nostro fratello, ch’era egli un bel giovane, e la comparazione che voi faceste di lui con Pepoli, ebbene! essa non vorrebbe certo che Carlo vi vedesse, e non vuole ch’egli le parli di voi, e in somma ne è gelosa!

Ma non crediate mica perciò che mia cugina sia una stravagante nè una sciocca; essa non fa altro che amare perdutamente suo marito, e considera come una disgrazia irreparabile il perdere uno solo dei suoi pensieri. E, giacchè vi ho nominato mia cugina, voglio dirvi che anch’essa è per me un oggetto di sommo dolore, nel tempo stesso che ci amiamo tenerissimamente. Io la ho amata tanto questa cara persona che me ne ero fatto quasi un idolo; essa era l’unico mio pen- siero vegliando e dormendo, essa era per me il vero tipo della bontà, non avevo altro desiderio che di vederla, e, come potete bene figurarvi, avevo renduto mamà cost gelosa, che io ne ero disperata; ma ora che mia cugina è divenuta moglie di mio fratello, e che i miei genitori non volevano, io non la vedo più, e sono rimasta sola, affatto sola! Voi non potete figurarvi i miei pianti, il mio dolore, ed io non potrei mai descriverlo.

Da più giorni vi rinnovo assai di sovente, anzi tutte le volte ch’io passo dinanzi ad un certo quadro, i ringraziamenti per il caro dono che il papà vostro ha fatto a Giacomo. Se sapeste quanto mi ha divertito lo svolgere quel pacco, e trovarvi delle carte appartenenti ad una certa [p. 13 modifica]mia amica! per esempio un sonetto in onore suo una coperta di un libro di musica; tutti oggetti ch’io tengo con un poco di devozione e di entusiasmo. Ora vi preparerete al viaggio. per la Toscana, non è vero?

Non ve lo vorrei dire, ma pure, v’invidio, se non altro perchè avete uno scopo nella vita; e certo molto onorevole ed affettuoso. E se voi sapeste che vita oziosa che faccio io, vi spaventerebbe: io non faccio che dormire, e desiderare di dormire semprepiù, fosse anche per sempre! Addio cara ed amatissima! Mi scriverai prima di partire per la Toscana?

Oh! mi ero scordata di farvi ridere.

La vostra penultima lettera non mi fu data mica; per un vero caso io la trovai e la presi; potevo forse lasciarla stare?

A voi, o Ninetta mia, sorella ed amica della mia amica, che dividete i suoi piaceri e le sue pene, dirò che io vi amo e stimo sommamente, e che mi fa male il sentire che vi siete cavata sangue. Dunque non state bene? Io spero che avrete la bontà di consolarmi con le vostre buone nuove, e di amarmi un poco anche voi, se siete così buona come vostra sorella. Addio care giovani! io vi abbraccio e vi bacio con tutto il cuore.



  1. Paolina Mazzagalli, che Carlo sposò nel marzo del 1829.