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La vostra carissima lettera mi ha rallegrato, consolato, intenerito. La viva amicizia che voi mi dimostrate e che io contraccambio con eguale tenerezza, mi fa provare dei sentimenti ch’io credevo di non dover più gustare, ora che da lungo tempo sono divenuta fredda ed insensibile anche all’amore. E come non lo sarei dopo di aver perduto da gran tempo la speranza di unirmi all’oggetto che io amavo, e dopo di aver veduto morire sotto i miei occhi un fratello, giovane amabilissimo, vero angelo di bontà e d’ingegno?1 Noi avevamo passato insieme ventitre anni, senza separarci un momento, ci amavamo tenerissimamente, ed egli era quasi il mio prediletto! Non potete mai immaginarvi, o Marianna mia, quale spasimo di dolore io abbia provato, e quale inesauribile sorgente di affanno e di melanconia questa perdita terribile sia cagione a me, che desidero con tutto il cuore di vedere finita una vita, che è continuamente abbeverata di dolore e di pianto....

Ma perchè io vi contristo, o mia cara? Voi dovete essere allegra, brillante; voi, che senza dubbio farete col vostro canto palpitare i cuori dalla gioia e dal piacere, voi non dovete conoscere il dolore nemmeno per ombra ed io certo non vi avrei parlato mai delle mie pene, se voi medesima non mi aveste ispirata una confidenza grandissima nel vostro cuore e nella vostra amicizia, che mi sarà sempre di consolazione e di superbia.



  1. Luigi, morto nel 1828.