Lettere di Paolina Leopardi a Marianna ed Anna Brighenti/III
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III.
ALLA STESSA
a Bologna
17 maggio (1830)
Ecco ch’ella ha riveduto, e lasciato mio fratello! So quanto ed ella, e suo Padre, e tutta la sua famiglia lo amano, e m’immagino bene il contento che avranno provato nel vederlo. Quando poi sia stato quello di Giacomo nel trovare tutti loro costi, dove, per qualche tempo, aveva disperato di trovare, io me lo figuro, conoscendo qual posto distinto tutta la famiglia Brighenti tenga nel cuore di mio fratello, il quale me ne ha parlato sempre con il più grande amore, e mi diceva che il piacere che avrebbe provato nel rivedere il suo papà, era come se avesse riveduto uno della nostra famiglia. Egli sperava di giungere all’improvviso, come avrebbe certamente fatto, se qualche incomodo sofferto non lo avesse trattenuto, e non gli avesse fatto differire la partenza di più settimane, e perciò io non le scrissi nulla in questo proposito. credendo ch’egli potesse eseguire il suo desiderio. Ma, o aspettato o non aspettato ch’egli sia giunto, la consolazione scambievole sarà egualmente stata grande, e deliziosa. Il desiderio mio sarebbe di ricevere da lui lettere frequenti e lunghe; ma come sperarlo, conoscendo quanto gli sia d’incomodo lo scrivere?
Ed ecco che io non so se ha veduto la famiglia Tommasini, s’egli è andato a Parma, se la sua salute col viaggio si è migliorata ecc. Mi perdonerà ella, se chiedo notizie a lei, a quella che deve averlo veduto tutti i giorni del suo trattenimento costi? Mi farebbe certo gran piacere, se ciò non le fosse di noia, e mi compenserebbe un poco per il dolore della separazione ch’ella può credere quanto sia grave. Da costi Giacomo mi ha mandato un caro dono, che io terrò sempre con il più grande affetto, e che m’immagino da quali mani sia uscito, e perciò anche queste ringrazio con tutto il cuore. Sempre più piango e piangerò la perdita del tal pacco; e il nome della Ferrucci non mi sarà mai molto gradito. Si faranno, come Ella dice, delle ricerche all’Ufficio della diligenza in Roma, ma pur troppo saranno inutili. Che fa ella, cara signora Marianna?
Attendo sempre e scorro impazientemente i giornali teatrali, per vedervi il suo nome: ma ora ella riposa, e ne ha ragione, dopo le fatiche del carnevale. Godo nel sentire che anche la sua sorellina si disponga a correre nella medesima carriera, la qualo io ho considerata sempre come dilettevole, e quasi invidiabile. Faccia, la prego, a questa sua sorella, i miei affettuosi saluti, ed ai suoi genitori i miei distinti complimenti, ed ella riceva un abbraccio della sua amica
P. Leopardi.
La prego a dirigere da ora in poi (nel soprascritto soltanto) le sue lettere al sig. D. Sebastiano Sanchini a Recanati. Se Ella ora suppone ch’io non sia molto felice, ha ragione, perfettamente ragione.