Lettere di Paolina Leopardi a Marianna ed Anna Brighenti/CVII
Questo testo è completo. |
◄ | CVI | CVIII | ► |
CVII.
ALLA STESSA
a Modena
9 Gennaio (1853)
Mia carissima,.
Non so come dar principio a questa mia, tanto le parole ed i pensieri si affollano e rifluiscono verso la penna che non vale ad esprimerli. Ma prima di tutto ho bisogno di rallegrarmi di vero cuore con te, per l’avvenimento tanto onorevole per te e che ti riempie di gioia. Devi esser sicura ch’io ne sento altrettanta, e che ringrazio la divina Provvidenza che ha voluto ricompensarti di tanti affanni, ed ha voluto dare un premio alle vere tue virtù, fra le quali si è distinta sopra modo quella dell’obbedienza ed amore singolare ai tuoi genitori. Sicchè, mia carissima, non ho altro che ad invocare la benedizione del cielo sul tuo capo, e che Iddio ti assista e ti dia mente e cuore atti a reggere il non lieve e difficile peso che sei per addossarti e che ti renda men dolorosa o più sopportabile la separazione dalla sorella, la quale non so come potrai eseguire senza che ti si laceri il cuore. Anch’io contava i mesi nei quali non ti avea più scritto, e nè meno in risposta ad una tua affettuosissima, e a questo silenzio io non poteva pensare senza rimorso nè senza dolore amarissimo. Ma cosa vuoi? Noi non crediamo al fatalismo, ma pure è una fatalità ch’io non potessi punto scriverti! E tu mi offendi col dirmi queste parole colle quali hai incominciato la tua lettera « l’ultima a scriverti fui io chiedendoti scusa dell’aver forse di troppo confidato nell’antica nostra amicizia, permettendomi una domanda che ebbe la sventura di dispiacerti ». No, Marianna mia, la tua dimanda non mi spiacque per altro, se non perchè non potei soddisfarla come il mio cuore e il mio desiderio avrebbero voluto, nè tu sbagliasti nel farmela, nè mostrasti maggiore fiducia nell’amore che ne lega, di quella che realmente e veramente devi avere, e il silenzio mio non è provenuto certo da questo; ma le disgrazie, che mi sono accadute, digrazie orribili ed irreparabili, mi hanno cangiata affatto, e intorpidita, e annichilita.
E mi mancava il cuore di associare nel mio dolore anche le mie amiche, già bastantemente dolenti per la propria situazione, e di costringerle a pianger meco la morte dei miei cari, ai quali non pensava mai di dover sopravvivere per menar poi sempre la vita nel pianto e nel dolore. Alla morte del mio caro fratello, a quella della mia diletta Virginia, la figlia mia, è successa ancora quella di mia cognata, la povera Cleofe, sicchè puoi bene immaginarti qual vita si meni e cosa si speri. Però, io desidero di saperti felice, e spero che me ne darai notizie, come pure degli avvenimenti de’ quali mi parli, che ti han tanto amareggiata. Mi congratulo con Nina dell’ottima riuscita che vanno avendo le sue fatiche; così prosegua Iddio a benedirla, e accordi ad essa coraggio e forza nel separarsi da te.
Vedrò di soddisfare il tuo desiderio coll’autografo di Giacomo; però sono state tante queste domande che a poco a poco si son distribuiti tutti quelli che si potevan dar via, ma ripeto, vedrò di soddisfarti.
Abbraccio la Nina e te pure e mi raccomando all’amor tuo, essendo sempre la tua affezionatissima Paolina Leopardi.
Viani è più vivo? Abita più in Genova? Quando mi scrivi dimmi qualche cosa.