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pensare senza rimorso nè senza dolore amarissimo. Ma cosa vuoi? Noi non crediamo al fatalismo, ma pure è una fatalità ch’io non potessi punto scriverti! E tu mi offendi col dirmi queste parole colle quali hai incominciato la tua lettera « l’ultima a scriverti fui io chiedendoti scusa dell’aver forse di troppo confidato nell’antica nostra amicizia, permettendomi una domanda che ebbe la sventura di dispiacerti ». No, Marianna mia, la tua dimanda non mi spiacque per altro, se non perchè non potei soddisfarla come il mio cuore e il mio desiderio avrebbero voluto, nè tu sbagliasti nel farmela, nè mostrasti maggiore fiducia nell’amore che ne lega, di quella che realmente e veramente devi avere, e il silenzio mio non è provenuto certo da questo; ma le disgrazie, che mi sono accadute, digrazie orribili ed irreparabili, mi hanno cangiata affatto, e intorpidita, e annichilita.
E mi mancava il cuore di associare nel mio dolore anche le mie amiche, già bastantemente dolenti per la propria situazione, e di costringerle a pianger meco la morte dei miei cari, ai quali non pensava mai di dover sopravvivere per menar poi sempre la vita nel pianto e nel dolore. Alla morte del mio caro fratello, a quella della mia diletta Virginia, la figlia mia, è successa ancora quella di mia cognata, la povera Cleofe, sicchè puoi bene immaginarti qual vita si meni e cosa si speri. Però, io desidero di saperti felice, e spero che me ne darai notizie, come pure degli avvenimenti de’ quali mi parli, che ti han tanto amareggiata. Mi congratulo con Nina dell’ottima