Leggenda eterna/Risveglio/Poiesis

Poiesis

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Risveglio - Ancora nel vecchio parco Risveglio - Natale..... 1895!
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POIESIS.


 
In quale sera limpida? Da quale
cielo migrando alle terrene porte
discese questa pia che un immortale
         nimbo cinse alla morte

di simboli, di sogni e di mistero;
prisca Dea, che, d’ogni altra trionfante,
lampi accese nei ciechi occhi d’Omero,
         fiamme nel cor di Dante?

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Per tutto vive, ed or sulle nivali
cime dell’Alpi ride, ora s’ammanta
di tenebre, fuggendo ebbra sull’ali
            dell’uragano e canta.

Tutto a lei si rivela; e i rovi, e l’erbe
umìli delle selve, ove non sole
penetra, e i muschi, appiè delle superbe
           querci, han per lei parole.

Lei che palpita e freme nel ruggito
del mar; lei che nell’estasi d’amore
svela passando un raggio d’infinito
           al nostro intento cuore...

Sin fra le tombe ella consola il grande
silenzio con la sua mistica voce;
veste di raggi e cinge di ghirlande
         ogni povera croce.

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Nelle notti d’April, sparse le belle
trecce sul peplo candido, il profondo
sguardo rivolto alle tacenti stelle,
         passar la vede il mondo.


*



O voi, che i vostri palpiti e i tormenti
vostri, e l’ebbrezza dei segreti amori,
nell’impeto febeo gettate ai venti
         come un pugno di fiori;

ben la vedeste, o giovani poeti,
bene udiste la Dea dirvi: — «La terra
altri amori, altre angosce, altri segreti
         dei vostri, in grembo serra!

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Ecco preghiere, e gemiti, e feroci
urla d’oppressi, d’egri, di ribelli.
Non le udite? Son mille e mille voci,
         sono i vostri fratelli

che implorano; son anime affannate
gementi sotto il peso che le grava.
Voi non sapete che cantar? Cantate!
         ma come Alceo cantava!

E sia squillo di tromba ai combattenti
la strofe; e il verso balenando cada
sugli apostati, i vili, i prepotenti
         come colpo di spada.

Ma non fomite all’ire e non veleno
perfido scenda nei già gonfi cuori;
ma l’inno assorga libero e sereno
         sui vinti e i vincitori.» —

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Non la udiste così cantarvi, o forti
nostri figli, o suoi giovani soldati?
E non vi giunse l’evviva dei morti
         al suo passar destati?

Va la vittorïosa e novi ardori
e più gagliardi palpiti raccende
or d’ombre avvolta, or cinta di splendori
         le simboliche bende.

Nelle notti d’April, sparse le belle
trecce sul peplo candido, il profondo
sguardo rivolto alle tacenti stelle,
         passar la vede il mondo.