Le rivelazioni impunitarie di Costanza Vaccari-Diotallevi/Documenti/XXVI
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XXVI.
Rivelo in forma legale sulla costituzione del Partito Nazionale in Roma.
A dì 27 agosto 1862.1
Acceduti noi sottoscritti nella detenzione delle Donne alle Carceri Nuove, e fatta accedere nella camera ad uso di esame l’inquisita detenuta,
Costanza Vaccari in Diotallevi alla quale, previa ammonizione di rispondere con verità, siccome promise, è stato quindi dichiarato:
Che non avendo nel suo rivelo fatta parola alcuna del modo come ebbe ad istituirsi in Roma il Partito piemontese, qualora ne fosse a cognizione occorrerebbe alla punitiva Giustizia aver anche su tal particolare tutte le possibili istruzioni fino al punto da dove ha principiò il rivelo, anzidetto.
Risp. Credevo che non le occorressero tali notizia, ed è per questo che io non cominciai il mio rivelo da epoca si lontana; peraltro posso somministrarle, delle notizie bastevoli a soddisfare la domanda, perchè quantunque io non sia informata di cose minute, pure so pienamente le cose sostanziali e principali. Sappia adunque che qui in Roma trovavasi come incaricato interino d’affari della Corte sarda, presso lo Stato romano, Un tal Giovanni Antonio Migliorati, ed in tal qualifica avea tutte le più alte relazioni e gode,va necessariamente una pubblica estimazione. Questo marchese Migliorati, incominciò dapprima con molta prudenza a far trasentire d’esser liberale, e via via accostandosi e famigliarizzandosi persone di tale opinione vedeva crescere a suo favore il giorno in giorno le simpatie. Crescendo di grado in grado venne il tempo in cui il Migliorati può dirsi, francamente e sfacciatamente parlando con le persone simpatizzate incominciò a manifestare ad esse f piano rivoluzionario che dovea porre in attività, per rendere una e libera l’Italia, che il Governo piemontese vi era alla protezione, che, per tal guisa, questa nuova associazione veniva chiamata: — Partito dell’alta Italia, ossia Piemontese; — che però non poteva mai riguardarsi come setta: non vi sarebbero stati nè segretumi, nè compromesse, nè forme di alcuna sorte settaria, mentre il Partito non consisteva se non che nell’associarsi al comune intendimento, esponendo l’uno e l’altro i propri sentimenti diretti al bene comune, a rendere libera la patria, e che tali associazioni quantunque così oneste pure sarebbero state nascoste al Governo pontificio, dando qui un nome qualunque rappresentativo, o motto convenzionale; mentre il vero nome sarebbe apparso per tutti gli effetti, onori, riguardi, e diritti nel centro del Partito a Torino, per lo che veruna compromessa mai poteva avvenirne agli adepti. Con queste e con altre simili persuasive, fra le quali una esposizione la più lusinghiera di una grande generale utilità nell’unione e libertà d’Italia, vedeva e faceva crescere questa nuova forma di associazione, che apostolava per sè stesso con le persone più alte, e che faceva apostolare da persone da esso scelte, che avevano gustati i di lui intendimenti. Uno degli ostacoli forse maggiore, per quanto io seppi, era quello di ridurre al proprio intendimento quelli della setta Carbonica, mentre i modi prudenziali con i quali allora si cercava di ottenere l’intento, non sembrava a questi che fossero di una riuscita; ma seppi poi che sotto una certa condizione, si associò anche la Carboneria, a condizione, se mal non ricordo, che avrebbero questi coadiuvato il Partito piemontese fino al punto di ottenere lo scopo che, si era prefisso, con che però, questo ottenuto, fosse nella facoltà e libertà la Carboneria di avere un’azione da veruno, impedibile per proseguire ed arrivare a quello scopo cui mirano fin da antichissimo tempo. Seppi pure che lo stesso Giuseppe Mazzini aveva dato ordine alle sue dipendenze di piegarsi e di unirsi all’intendimento del Partito piemontese, mentre se si fosse mantenuta la parola dal Re di Savoia sarebbero potuti giungere colla rivoluzione fino ad un punto dove il desiderio non poteva non essere comune.2 Le cose si videro crescere senza però che si andasse a verificare quel tanto dichiarato di non doversi praticare forme settarie, nè segretumi, nè convegni ec3 mentre s’istituì un Comitato in Roma che si chiamò Nazionale Romano, se ne pose a capo il Migliorati e chiamò a’ suoi membri coadiutori il principe .... Gabrielli, il duca Fiano, il principe Piombino, di cui non ricordo il nome, però quella al quale vengono trattati gli affari dall’Agronomo Giuseppe Mazzoni, che abita nell’ultimo piano deb palazzo Carpegna, stato anche carcerato per politico; qual Mazzoni tratta anche gli affari del duca Fiano; il Commendator Cavalier Fausti, che in allora era persona famigliare dell’Eminentissimo e Reverendissimo signor Cardinale Segretario di Stato, il marchese Verospi Gavotti; il conte Baccus; il conte Lucciani; Pietro De Angelis della Manziana; Luigi Gulmanalli; . . . . Silvestrelli, mercante di campagna; . . . . Rocchi; . . . . Ferri; . . . . Cartoni; . . . . Tittoni. Questi ultimi cinque erano addetti però più per apostolare il Partito con i loro conoscenti e dipendenti, di quello che fossero alla direzione primaria.4 Venni pure, a cognizione che intanto il Migliorati proseguiva alla scelta di altri Commissari banditori della classe di quelli che per grado, o per ricchezza, o perchè avevano opinione e simpatia popolare potevano riuscire ad attirarsi le masse. Cosi cominciarono ad aver luogo congressi nel palazzo abitato dal Migliorati, e questi, per quanto allora si seppe, allorchè si ebbero a ricever firme per una organizzazione militare di volontari che si arruolarono, colà si ricevevano le dette firme, ed esso mandava le note degli arruolati al Piemonte.5 Questi maneggi per quanto si volessero tenere in serbo, pure non poterono non venire a sospetto del Governo pontificio In fatti il Migliorati dovette partirsene, e prima di farlo, ne diede avviso ai suoi associati, e questi ai subalterni, e so che venne stabilito di portarsi tutti alla spicciolata nel palazzo che si abitava dal Migliorati per firmare una petizione a nome del popolo romano, onde venisse subito sostituito un capo, in somma un’autorità primaria rappresentativa del Partito qui allora nascente, e ciò in, sostituzione del Migliorali; ma so che a questo provvide esso medesimo, lasciando ad urgenza per suo successore il conte Baccus torinese, almeno io lo conobbi sotto questo nome. Si videro in folla recarsi le persone per l’apposizione di tali firme nel palazzo Migliorati la mattina che precedeva la sua partenza, fra le quali anch’io mi vi portai, e firmai, e queste firme giunsero circa alle ottocento. Se non sbaglio; il conte della Minerva, lo succedette nella rappresentanza diretta governativa, ma quantunque non sappia che questo s’impicciasse di cose di Partito, pur dovette partire, ed ebbe però anch’esso visite copiose di complimento. Ricordo pure che si voleva fare una dimostrazione popolare per il Corso, alla partenza di uno dei due suddetti, cosa però che venne impedita dalla polizia, col far sì che passasse per altra strada.6 Qui non ometterò di dire con ogni riservatezza, che nella sera precedente alla partenza del Migliorati ebbe questo con Sua Eccellenza il signor Generale conte De Goyon, un lungo abboccamento per raccomandargli le persone sue dipendenti, ed in specie quelle del Comitato Nazionale Romano, perchè nel miglior modo che avesse potuto le avesse protette. Passati pochi giorni dalla partenza del Migliorati da Roma, venne la conferma del Governo sardo per il Baccus nella qualifica in cui lasciato l’aveva provvisoriamente il Migliorati. Il conte Baccus abitò il secondo piano del medesimo palazzo, ove sono al di fuori le armi del Governo sardo, almeno in quel luogo l’ho conosciuto, ed ivi si facevano le adunanze settarie. Cercando io una commendatizia per Torino nell’ottobre o novembre 1860, potei parlare con questo Baccus, e me ne trovò il mezzo lo stesso signor Generale de Goyon,7 ciò che pur dico riservatissimamente, favorendomi un biglietto di visita che quest’ultimo aveva avuto dal Baccus, e vi fece dietro un segno di convenzione, che ebbe tanta efficacia, mentre appena il domestico portò al conte Baccus questo biglietto: mi ricevette all’istante, trattandomi con modi cortesissimi ed invitandomi a comandarlo senza alcuna riserva; ed allorchè mi licenziai, m’incaricò di tornare dal signor generale De Goyon per dirgli come ero stata trattata. Voleva tornare a trovarlo, ma non feci più in tempo, mentre il Baccus pure improvvisamente si allontanò da Roma, e fu allora che questo lasciò a fare le sue veci, o per dir meglio a cuoprire il suo posto, Lucciani che abitava con lui. La partenza del Baccus mi pare che rimonti al decembre 1860. Entrato il Lucciani al potere, ricevetti un di lui gentilissimo biglietto, col quale mi diceva che sarebbe stato molto fortunato di potarmi servire in qualche cosa, come per il passato aveva fatto il suo antecessore, ed io più volte mi recai a discorrere con lui. Dopo la partenza del conte Baccus, cominciarono le emigrazioni favorite, protette, e dirette dal Lucciani, e suoi colleghi. I convegni si proseguirono a fare nella casa dello stesso Lucciani, ma con moltissima cautela che prima non era stata adoperata dai suoi antecessori. Pur nonostante anche il Lucciani dovette lasciare questa capitale. Partito il Lucciani rimase alla testa del Partito, Luigi Gulmanelli, il quale, prosegui ad organizzare il Partito piemontese a guisa di setta8 con tanto maggior zelo de’ suoi antecessori, senza schivare però di porre persone anche immorali alla testa delle squadre, che ha rese calde, quasi allo stile dei Carbonari. Come poi, e da chi sia composto il Partito, l’ho detto nel mio rivelo. Il principe Gabrielli, quantunque esiliato pur questo, rimase sempre nella sua qualifica ed è venuto più volte in Roma con permessi del Governo francese. Il marchese Verospi Gavotti è pur rimasto sempre colla sua qualifica. Qui deve notarsi che nè il principe di Piombino, nè il duca di Fiano, poterono assumere la qualifica principale, perchè furono astretti anche questi a partire circa le epoche del Lucciani.
Pietro De Angelis della Manziana poi si è ricusato sempre di cuoprire la primaria qualifica, come non l’ha voluta cuoprire il Fausti. Il De Angelis ha sostenuto la carica di uno dei dieci, tenendo la linea delle persone più distinte, della nobiltà, e degl’impiegati ec. Il Fausti, per intenderci, è rimasto nella primaria sua qualifica; non ha voluto cuoprire la prima qualifica a motivo dei suoi impieghi, però si è caricato, come ho detto nel mio rivelo, degli andamenti settari che riguardano pure gl’impiegati pontificii, la Sapienza, scolareccia ec.9 Luigi Gulmanelli adunque sostenne dalla detta epoca la primaria qualifica del Partito piemontese fino al carnevale 1861 in cui fu esiliato per ordine del Governo, mi pare colla comminatoria di tre giorni di tempo a partire, intimo che fu comune anche a Domenico Gelsi; quale ultimo però potette ottenere altri due giorni di dilazione per impegno di non so qual personaggio del Governo pontificio. Nel partire, Luigi Gulmanelli lasciò al potere nel suo posto il suo fratello minore, Augusto Gulmanelli; e questo Luigi Gulmanelli è stato sempre in stretta relazione con il suo fratello Augusto per coadiuvarlo, tenendo l’uno e l’altro stretta relazione con tal Luigi Mastricola vice prefetto in Rieti, qual Mastricola gli facilita le relazioni dirette col Governo di Torino.10 La prosecuzione di queste cose si ha dal mio rivelo.
Prima di chiudere il presente atto, quantunque non sia materia relativa a quanto stavo esponendo, siccome me ne rammento converrà che esponga di conoscere come persone appartenenti al Partito piemontese e nemiche al governo pontificio.
Vincenzo e Gregorio fratelli Rossi mercanti di Campagna, romani di origine; — l’ebreo Anseimo Paci — Bernardino Tori di Percile della Comarca che sta quasi sempre in Roma — l’avvocato Solidati, amico di Venanzi, del quale quest’ultimo si serviva per assicurarsi che le cose del Partito avessero una idea di legalità, ed allorchè doveva scrivere cose che premevano ne commetteva la composizione al detto avvocato. Ecco quanto ricordo ora ed ho aggiunto per la verità.
— - Sulla richiesta dei connotati del Baccus e Lucciani.
Risp. La persona da me conosciuta sotto il cognome Baccus era di statura giusta, capello nero, piuttosto lungo, baffi e pappafico dello stesso colore, occhio nero affossato; portava un palton abbottonato fin sotto il mento, sul petto l’insegna di conte; parlava l’accento toscano. L’altro da me conosciuto sotto il cognome Lucciani era di statura giusta, capelli bigi alla Fieschi con ciuffo avanti, baffi bigi, piuttosto magro, vestito per lo più color cenere, di maniere cortesi, e parlava con accento che non dava a divedere di esser forastiero.11 Io li ho trovati, come mi pare di aver detto, nel palazzo ove sono al di fuori le armi del Governo sardo, palazzo che sta in via Borgognona N. 78, e se non erro al secondo piano.
Data lettura, confermò il tutto con la propria firma ec.
Costanza Vaccari Diotallevi
E. D. Collemassi Giud. Commiss.
Così è Giac. Pesarini Att.
Note
- ↑ È la storiella della Costituzione del Partito piemontese già veduta, tradotta in forma legale, abbellita ed accresciuta a comodo dei Collemassi e ad uso della Sacra Consulta La quale, dopo ciò, può giurare che ha saputo il vero!! Preghiamo il lettore a farne il confronto coll’autografo della rivelante.
C. N. R.
- ↑ Quante belle cose aveva dimenticato di sapere questa donna, che, avendo nel 62, secondo risulta in processo, 22 anni, nel 1858, ultimo della residenza del Migliorati in, Roma, non ne aveva che 18! Ed era ancora nubile! E non era stato ammessa, secondo lei, nel Partito, che nel 1860!
C. N. R.
- ↑ E aveva dimenticato di sapere pur questo? Propriamente non aveva bene inie&o l’ispirazione! Il povero dottore Eucherio sarebbe stato disperato di uon trovare la setta!
C. N. R.
- ↑ Manco male! Ella, niente altro aveva dimenticato nel Partito che una sciocchezza di gerarchia; quella degli Apostoli.
C. N. R.
- ↑ A parte le note e le firme che non punto ebbe luogo, è evidente che qui si confonde, coll’epoca del Migliorati il movimento del 1859; in cui dal Comitato sottoscritto si adunarono volontari e si spedirono alla guerra. L’ispirazione fallì alla Sibilla. 11 Collemassi era in quell’epoca nella Marca!....
C. N. R.
- ↑ Qui l’ispiratore pur dubitando di sè stesso, fa però che la Sibilla lasci nel dubbio ciò che aveva affermato positivamente nel suo autografo
C. N. R.
- ↑ La ietlera datagli dal generale Goyon per Torino, di cui parla nel suo rivelo, ora si cangia, in una commendatizia per l’immaginario Baccus
C. N. R.
- ↑ Ecco tutto rimediato. Il Gulmanelli organizzò il Partito in setta. Grande potenza che aveva il Gulmanelli in Roma!! Se non si fossero avuti a mano gli autografi della rivelante non si direbbe che tutto è chiaro come la luce del giorno, ch’ella ha ripetuto sempre una cosa medesima?
C. N. R.
- ↑ Scolareccia è ripetuto sempre quando si parla d’Università. Non bisogna dimenticare che il dottore Eucherio Collemassi è di Monte Giorgio!
C. N. R.
- ↑ Finalmente ecco in campo il cavaliere Mastricola. Era tempo. E la Sibilla aveva dimenticato quella relazione nel suo autografo. Forse, quando ella scrisse, non occorreva: non erasi ancora stabilito se dovesse, e come, provarsi la reità del Fausti.
C. N. R.
- ↑ Ora negate l’esistenza del Lucciani e del Baccus! Pazienza pel secondo, ma chi non riconoscerebbe il primo a quell’insegna di Conte sul petto?
C. N. R.