Le rime volgari/II. Responsio ad Magistratus Florentinos ad iustitiam cohortantes
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II
Responsio ad Magistratus Florentinos
ad iustitiam cohortantes
Mova dal cielo in me sua santa luce
quella felice stella peregrina,
che la parte divina
nostra, con soi bei raggi, al ver conduce:
5mova dal cielo in me soi dolci lampi,
discenda il suo splendore,
la lingua e ’l petto avvampi
d’un vivido, suave e chiaro foco,
e diami tal vigore,
10che in questo ornato loco,
ove la mia Fiorenza intenta ascolta,
ogni ignoranza dal mio cor sia tolta!
Quando nostra natura in prima cinse
l’immortal spirto di sì bella scorza,
15la suprema sua forza
ne la piú altiera parte ci dipinse;
e ’l mirar e ’l sentir, lo intender, quivi,
e ’l discorso e ’l ingegno,
i moti accesi e vivi,
20del libero voler l’arbitrio pose.
E per condurne al segno,
non giá di fragil cose
un tacito custode, un pio gran nume
ivi ancor pose, col perpetuo lume.
25In parte assai piú bassa fermar volse
due ancille, anzi due fere al peggior vòlte
e d’ogni ragion sciolte,
a cui l’opre mortal tutte rivolse.
Libidine a man destra il loco prese,
30e col fiero amor seco
e ’l desiderio accese
e l’odio venenoso e il tristo errore
e il van diletto e cieco
tra il concetto dolore:
35cosí questa al bramar ci sprona sempre,
se non è chi ’l suo corso o ferme o tempre.
Da la sinistra man suo furor tese
l’Iracondia matrigna, e sì ben finge,
ch’or ci ritiene or spinge,
40facendo sempre al vero aspre contese.
Qui l’affannosa spene e ’l timor vile,
qui ’l desperar dubioso
e l’audacia virile,
qui pon la fervid’ira sua malizia,
45e il pensiero ozioso
la sua fredda pigrizia.
Torbidi fien per questa i nostri passi,
se non è chi sua rabbia estingua o abbassi.
Tra sì contrari venti in cima siede,
50quale in poppa nocchier vigile e desto,
prudente, ardito e presto,
ch’a l’ondeggiar per vil pensier non cede,
questa nostra regina, e sé rimira,
suo loco e sua natura:
55in sé poi si ritira,
l’imperio prende e con la verga il freno
mantiene e si assecura
tranquilla il chiaro seno.
Allor l’opre mortal fien poi divine,
60singulari, ammirande e peregrine.
Tale è vostra cittá, quale è nostr’alma,
tal di vostra republica la forma,
che da Natura l’orma
del bon governo prende, ove s’incalma,
65magnanimi Signor, la miglior parte
che vostra patria adorna,
e il bel popul disparte.
Fra le passion ch’ai mondo ciascun guida,
chi a l’onorate corna,
70chi al fral voler di Mida,
sol vostra sede e questo bel Collegio
a vera e iusta gloria pone il pregio.
Questo è quel loco eccelso e quella cima,
donde la bella terra prende esemplo;
75questo è l’albergo e ’l tempio
de la rara virtú che ’l mondo estima.
Di qui la norma prende e la misura
il fortunato populo:
sotto la vostra cura
80libero, quieto e allegro vive in pace.
E come a l’onde ’l scopulo
immobil, fermo giace,
cosí vostri decreti e vostre legge
il vulgo errante ammira e sé corregge.
85Vostra virtú, Signori, e sante opre,
che da iustizia bella mai partirò,
a questo ornato giro
col vivo esemplo insegna quel ch’adopre;
poi con voce di fede e d’amor piena,
90di teneri ricordi
con dolce ornata scena,
ne invita a seguitar suo chiaro lume,
e vòl che sian concordi
nostra vita e costume
95con la legge, ciascun nel proprio officio,
con pio, sincero, grave e ver iudicio.
Qual maraviglia adunque ha se l’Arno,
se le campagne e i colli e se ’l ciel ride?
Gentil Signori, ’l grido
100de la publica fama mai fia indarno:
Fiorenza unita, libera, felice,
tranquilla in pace e lieta,
ricca, bella, vittrice.
Ma qual fia maraviglia a chi ben mire?
105Qui la forza non vieta
che a un segno ’l stral si tire:
e mostra qual sia il iusto e qual l’onesto
con l’opre il primo seggio, e col protesto.
Non minor luce adunque qui è permesso,
110di quanto vostro lume ne concede,
né piú termine eccede,
che da l’imperio vostro sia commesso.
Seguirem l’orme e’ vostri ver precetti
con diligenza e fede,
115con puri e bon concetti,
quanto nostra virtú bassa comporta,
quanto lo ingegno vede.
Ben fia la voglia scorta
a l’onor sempre et a grandezza e possa
120di vostra eccelsa patria gloriosa.
Allegra, reverente, umil, ioconda,
a questo bel Collegio qui ristretto
mia canzone risponda,
né li suoi vizi asconda
125la inculta rima, onde io venia cheggio
al bel vostro, onorato, inclito seggio.