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120 rime volgari


e d’ogni ragion sciolte,
a cui l’opre mortal tutte rivolse.
Libidine a man destra il loco prese,
30e col fiero amor seco
e ’l desiderio accese
e l’odio venenoso e il tristo errore
e il van diletto e cieco
tra il concetto dolore:
35cosí questa al bramar ci sprona sempre,
se non è chi ’l suo corso o ferme o tempre.
     Da la sinistra man suo furor tese
l’Iracondia matrigna, e sì ben finge,
ch’or ci ritiene or spinge,
40facendo sempre al vero aspre contese.
Qui l’affannosa spene e ’l timor vile,
qui ’l desperar dubioso
e l’audacia virile,
qui pon la fervid’ira sua malizia,
45e il pensiero ozioso
la sua fredda pigrizia.
Torbidi fien per questa i nostri passi,
se non è chi sua rabbia estingua o abbassi.
     Tra sì contrari venti in cima siede,
50quale in poppa nocchier vigile e desto,
prudente, ardito e presto,
ch’a l’ondeggiar per vil pensier non cede,
questa nostra regina, e sé rimira,
suo loco e sua natura:
55in sé poi si ritira,
l’imperio prende e con la verga il freno
mantiene e si assecura
tranquilla il chiaro seno.
Allor l’opre mortal fien poi divine,
60singulari, ammirande e peregrine.
     Tale è vostra cittá, quale è nostr’alma,
tal di vostra republica la forma,