Le rime volgari/I. Canzone alla Morte

I. Canzone alla Morte

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Le rime volgari II. Responsio ad Magistratus Florentinos ad iustitiam cohortantes

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I

Canzone alla Morte.

     Qual peregrin nel vago errore stanco
de’ longhi e faticosí soi viaggi
per lochi aspri e selvaggi,
fatto giá da’ pensier canuto e bianco,
5al dolce patrio albergo
sospirando cammina, e si rimembra
le paterne ossa e sua novella etade;
di se stesso pietade
tenera ’l prende, e le affannate membra
10posar desia nel loco ov’el giá nacque
e ’l dì prima gli piacque;
tal io, ch’ai peggior anni oramai vèrgo,
in sogni, in fumi, in vanitade avvolto,
a te mie preci vólto,
15refugio singular che pace apporte
a l’umane fatiche, inclita Morte.
     Qual navigante ne le torbid’onde,
tra l’ire di Nettuno e d’Eolo, aggiunto
quasi a l’estremo punto,
20le care merci, per salvar sé, effonde,
e, il desiato porto
remirando, i pericoli raccoglie
scorsi e fatiche tra Caribdi e Scilla,
e vita piú tranquilla

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25pensa, non tra pirati, venti e scoglie,
dappoi che ’l danno l’have fatto saggio
del marittimo oltraggio;
tal io che son di mia fortuna accorto,
macchiato e infetto in questa mortal pece,
30a te vòlgo mie prece,
o porto salutar, che sol conforte
d’ogni naufragio il mal, splendida Morte.
     Placidissimo sonno, alta quiete,
che Stige e l’infocato Flegetonte,
35Cocito et Acheronte,
con le dolci onde del tuo ameno Lete,
non che tempre, ma estingue,
e levi d’ignoranza ’l scuro velo,
sciocco è chi ’l tuo soccorso non intende.
40In tutto al ver contende,
né trae sua vista tenebrosa al cielo,
chi de la tua presenza il don non vede,
che il gran Fattor ne diede.
Tu se’ quella possente che distingue
45il ver dal falso, dal perpetuo il frale,
da l’eterno il mortale:
di magnanimi spiriti consorte,
a te mi volgo, generosa Morte.
     Candido vien dal ciel, puro e divino
50l’animo immortal nostro in questa spoglia,
ove in tutto si spoglia
del lume di sua gloria in suo cammino,
tra paura e desio,
dolor, vane letizie, sdegni et ire,
55ove natura pugna e li elementi
tra li contrari venti.
Mirabil cosa fia se mai ’l ciel mire,
gravato dal terrestre infimo pondo
de l’orbo, ingrato mondo!
60Il tuo breve soccorso onesto e pio

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gli rende la sua pura libertade:
da te adunque pietade,
chiedendo, aspetto a la mia crudel sorte
per la tua dolce man, pietosa Morte.
     65Questa c’ha nome vita falso in terra,
ch’altro è che fatica, affanno e stento,
sospir, pianto e lamento,
dolore, infermitá, terrore e guerra?
Questa acerba matrigna,
70natura, in tanti mal questo sol bene
per pace dètte, libertade e porto,
a’ piú savi diporto:
il fine attender de le mortal pene.
E dicon: — Non fia lunge chi ne spoglia
75con generosa voglia! —
Tu sei quella, tu sei quella benigna
madre, che i vilpensier dai petti sgombri
e’ nostri mali adombri
di lunga oblivion, d’immortal scorte:
80soccormi adunque, o graziosa Morte.
     Qual di famosi ingegni è maggior gloria,
ebrei, greci, latini, arabi e persi,
di lingue e stil diversi,
quanti l’antique carte fan memoria,
85te han scritta e desiata.
Felice disse alcun chi mòre in fasce;
altri, quando la vita piú diletta;
chi, quando men s’aspetta.
Molti beato disser chi non nasce:
90molti con forte man t’han cerco e tolta,
grave turba e non stolta!
Tu breve, tu comune e iusta e grata,
tu facil, natural, pronta, che sèpre
il bel fior da la vepre:
95nostre calamitá prego che ammorte,
benigna e valorosa, optata Morte.

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Ben prego prima Quel che sopra ’l ligno
la rabbia estinse de l'orribil angue,
che del suo chiaro sangue
100me asperga e mondi, placido e benigno:
attenda sua pietade,
non del mio fragil stato il van discorso,
che sotto il peso de le colpe asconde
caduca, arida fronde.
105Con amaro dolor chiedo soccorso;
sua infinita bontá mie’ errori copra:
de le sue man son opra.
Fida ministra poi di sua bontade,
leva suavemente ’l fatal crine,
110et al celeste fine
apri le sacrosante aurate porte,
cara, opportuna e desiata Morte.
     Canzon, costante e altera, umil ma forte,
col Tesbite n’andrai, con quel da Tarso:
115quel Signor prega e adora,
che, per non esser di sua grazia scarso,
dolce e bella morendo fe’ la Morte.