Le odi di Orazio/Libro terzo/XI
Questo testo è stato riletto e controllato. |
◄ | Libro terzo - X | Libro terzo - XII | ► |
XI.
Mercurio, poi che docili Anfione,
Te maestro, attirò col canto i sassi,
E tu che sopra sette corde, o lira,
4Destra risuoni,
Già non loquace e non gradita, adesso
Alle mense de’ ricchi, a’ templi amica,
Tai modi or di’, cui l’ostinate orecchie
8Lide protenda:
La quale, come a’ prati ampj tríenne
Poledra, ruzza e d’esser tocca teme,
Ignara ancor di nozze e a petulante
12Marito acerba.
Tu puoi trarre con te le tigri e i boschi;
Tu ritardar la correntìa de’ fiumi;
A te soave l’infernal si arrese
16Usciero immane
[Cerbero, benchè il capo furiale
A lui muniscan cento serpi e dalla
Bocca trilingue pestilente flato
20E sanie emani.]
Ed Issíone e Tizio anch’essi il volto
Forzâro al riso, e secca stette alquanto
Delle Danaidi l’urna, allor che grato
24Molceale il canto.
Sappia Lide il misfatto e le famose
Verginee pene e il sempre vacuo doglio,
A cui dall’imo fondo l’acqua sfugge,
28E la perenne
Pena inflitta alle colpe anche nell’Orco.
Empie (di peggio e che poteano mai? )
Empie, poteano con acciar crudele
32Perder gli sposi!
Una, fra tante, de la nuzíale
Fiaccola degna, fu splendidamente
Mendace al padre rio, vergin per ogni
36Secolo illustre,
Che «Sorgi, disse al giovane marito,
Sorgi, chè il sonno eterno, onde non temi,
Non ti sia dato; al suocero, alle ree
40Sorelle sfuggi,
Che a lionesse simili i gheriniti
Vitelli, ahi, fanno a brani; io, meno forte
D’esse, nè te ferir, nè tra serrami
44Tenerti ho core.
Me di catene atroci il padre opprima,
Se fui benigna al mio povero sposo;
Me dei Numidi a’ campi ultimi in cupa
48Nave bandisca.
Va dove il piede e l’aura ti sospinga,
Or che propizia è Venere e la notte;
Va in fausto auspicio, e al mio sasso un compianto
52Memore incidi.»