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128 | Le Odi di Orazio |
Cui nè più tenera di rigido ischio
Sei, nè di mauri serpi più docile:
Non sempre all’uscio e all’intemperie
20Potrà il mio flanco reggere.
XI.
Mercurio, poi che docili Anfione,
Te maestro, attirò col canto i sassi,
E tu che sopra sette corde, o lira,
4Destra risuoni,
Già non loquace e non gradita, adesso
Alle mense de’ ricchi, a’ templi amica,
Tai modi or di’, cui l’ostinate orecchie
8Lide protenda:
La quale, come a’ prati ampj tríenne
Poledra, ruzza e d’esser tocca teme,
Ignara ancor di nozze e a petulante
12Marito acerba.