Le odi di Orazio/Libro terzo/X
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X.
Lice, se a bevere tu stèssi l’ultimo
Tanai, d’un barbaro sposa, me piangere
Vorresti a’ rigidi battenti trepido
4Contro aquilon che v’abita.
Non odi? Strepita la porta; agli euri
In tra’ magnifici tetti agitandosi
Il bosco mugola; all’aere limpido
8I nivei strati agghiacciano.
Smetti quell’aria sgradita a Venere:
Ruota nel correre trae dietro il cànape;
Non tu Penelope nova a’ Proci ardua:
12Padre tirren produsseti.
Deh, se non pièganti doni e suffragj,
Nè amor che in pallida viola tingesi,
Nè sposo fervido d’una píeria
16Druda, pietà de’ supplici,
Cui nè più tenera di rigido ischio
Sei, nè di mauri serpi più docile:
Non sempre all’uscio e all’intemperie
20Potrà il mio flanco reggere.