Le odi di Orazio/Libro quarto/II

Libro quarto
II

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Quinto Orazio Flacco - Odi (I secolo a.C.)
Traduzione dal latino di Mario Rapisardi (1883)
Libro quarto - I Libro quarto - III
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II.


Chíunque emular Pindaro s’ingegni,
    Su ceree penne dedalèa fatica
    S’affanna, o Giulio: al cristallino mare
                4Darà il suo nome.

Qual da montagna impetuoso fiume,
    Cui crebbero le piogge oltre le ripe,
    Ferve ed immenso da profonda bocca
                8Pindaro erompe,

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Degno pur sempre d’apollineo serto,
    Sia che in audaci ditirambi nuove
    Parole evolva e d’ogni legge sciolti
                12Numeri inventi,

O sia che i Numi e i re sangue di Numi
    Egli canti, per cui cadder di giusta
    Ira i Centauri, e dell’irta Chimera
                16Cadde la fiamma;

O color cui l’elèa palma raddusse
    Celesti al tetto, e il pugile e il corsiero
    Dica, e miglior di cento statue i suoi
                20Doni dispensi;

O che alla sposa flebile il rapito
    Giovine pianga, e le virtù, l’ingegno,
    Gli aurei costumi inalzi agli astri e al nero
                24Orco rapisca.

Molta il cigno dircèo aura solleva,
    O Antonio, sempre che agli eccelsi lochi
    Delle nubi egli tenda. Io, come suole
                28Ape matina,

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Che i cari timi al bosco ed alle sponde
    Dell’acquidoso Tivoli con molto
    Studio raccoglie, industriosi carmi
                32Piccolo ordisco.

Con maggior plettro tu canta, o poeta,
    Cesare, allora che pel sacro colle
    Tragga i Sigambri fieri, il crine adorno
                36Di degna fronde:

Maggior di lui, miglior di lui nessuno
    Diedero i fati e i Numi fausti al mondo,
    Nè mai daranno, ov’anco all’oro antico
                40Riedano i tempi.

Canta i giorni solenni e il popolare
    Ludo di Roma e il Foro orbo di liti,
    Quando alla fine impetrerem d’Augusto
                44Forte il ritorno.

Allor, s’io parli mai nobili detti,
    Suonare udrete la mia voce: «Oh bello,
    Dirò felice, oh chiaro Sol, che a noi
                48Cesare rendi!»

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Ed al proceder suo «Vivi, trionfa!»
    Noi ripetendo andrem «Vivi, trionfa!»
    Ed a’ benigni iddii col popol tutto,
                52Daremo incensi.

Te dieci tori ed altrettante vacche,
    Me un vitellino tenero, che appena
    Lasciò la madre e di molte erbe impingua,
                56Sciorrà da’ voti:

Simile ad arco d’infocata luna
    Nata sol da tre giorni, è la sua fronte,
    Su cui, fulvo nel resto, un segno porta
                60Come di neve.