Le odi di Orazio/Libro quarto/II
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II.
Chíunque emular Pindaro s’ingegni,
Su ceree penne dedalèa fatica
S’affanna, o Giulio: al cristallino mare
4Darà il suo nome.
Qual da montagna impetuoso fiume,
Cui crebbero le piogge oltre le ripe,
Ferve ed immenso da profonda bocca
8Pindaro erompe,
Degno pur sempre d’apollineo serto,
Sia che in audaci ditirambi nuove
Parole evolva e d’ogni legge sciolti
12Numeri inventi,
O sia che i Numi e i re sangue di Numi
Egli canti, per cui cadder di giusta
Ira i Centauri, e dell’irta Chimera
16Cadde la fiamma;
O color cui l’elèa palma raddusse
Celesti al tetto, e il pugile e il corsiero
Dica, e miglior di cento statue i suoi
20Doni dispensi;
O che alla sposa flebile il rapito
Giovine pianga, e le virtù, l’ingegno,
Gli aurei costumi inalzi agli astri e al nero
24Orco rapisca.
Molta il cigno dircèo aura solleva,
O Antonio, sempre che agli eccelsi lochi
Delle nubi egli tenda. Io, come suole
28Ape matina,
Che i cari timi al bosco ed alle sponde
Dell’acquidoso Tivoli con molto
Studio raccoglie, industriosi carmi
32Piccolo ordisco.
Con maggior plettro tu canta, o poeta,
Cesare, allora che pel sacro colle
Tragga i Sigambri fieri, il crine adorno
36Di degna fronde:
Maggior di lui, miglior di lui nessuno
Diedero i fati e i Numi fausti al mondo,
Nè mai daranno, ov’anco all’oro antico
40Riedano i tempi.
Canta i giorni solenni e il popolare
Ludo di Roma e il Foro orbo di liti,
Quando alla fine impetrerem d’Augusto
44Forte il ritorno.
Allor, s’io parli mai nobili detti,
Suonare udrete la mia voce: «Oh bello,
Dirò felice, oh chiaro Sol, che a noi
48Cesare rendi!»
Ed al proceder suo «Vivi, trionfa!»
Noi ripetendo andrem «Vivi, trionfa!»
Ed a’ benigni iddii col popol tutto,
52Daremo incensi.
Te dieci tori ed altrettante vacche,
Me un vitellino tenero, che appena
Lasciò la madre e di molte erbe impingua,
56Sciorrà da’ voti:
Simile ad arco d’infocata luna
Nata sol da tre giorni, è la sua fronte,
Su cui, fulvo nel resto, un segno porta
60Come di neve.