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Libro quarto, Ode II. 167


Che i cari timi al bosco ed alle sponde
    Dell’acquidoso Tivoli con molto
    Studio raccoglie, industriosi carmi
                32Piccolo ordisco.

Con maggior plettro tu canta, o poeta,
    Cesare, allora che pel sacro colle
    Tragga i Sigambri fieri, il crine adorno
                36Di degna fronde:

Maggior di lui, miglior di lui nessuno
    Diedero i fati e i Numi fausti al mondo,
    Nè mai daranno, ov’anco all’oro antico
                40Riedano i tempi.

Canta i giorni solenni e il popolare
    Ludo di Roma e il Foro orbo di liti,
    Quando alla fine impetrerem d’Augusto
                44Forte il ritorno.

Allor, s’io parli mai nobili detti,
    Suonare udrete la mia voce: «Oh bello,
    Dirò felice, oh chiaro Sol, che a noi
                48Cesare rendi!»