Le meteore cosmiche/XIV.
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XIV.
Ma cha cosa è mai codesta materia celeste, codesta materia cosmica, di cui finora si è parlato, e da cui si fanno derivare le comete e le meteore cosmiche?
Eccoci, o Signori, pervenuti al lato più bello e più sublime delle dottrine finora accennate. Queste non costituiscono già una teoria isolata e disgiunta dalle altre teorie astronomiche; ma sono invece una conseguenza immediata e necessaria, e quasi un complemento della celebre teoria nebulare, che l’immortale William Herschel escogitò in sul principio di questo secolo, per dare ragione della formazione di tutto il sistema dell’Universo, deducendola dalle profonde e presistenti esplorazioni del cielo, che non interruppe giammai per lo spazio di ben 30 anni. Siffatta teoria, più volte contraddetta eziandio da sommi astronomi, venne mirabilmente confermata dalle recenti scoperte astronomiche, e soprattutto dalle scoperte spettrali; ed è la sola che valga finora a spiegare in modo adeguato la immensa varietà dei fatti che studia l’astronomia.
Secondo le divine speculazioni del Sapiente di Annover, tutti quanti i corpi che popolano l’Universo, derivano da una stessa materia primitiva, o caotica che vogliam dire, la quale sola uscì dalle mani del supremo Autore della natura. Codesta materia, da principio informe e diffusa per tutti gli spazii, andò poco per volta, in virtù dell’universale attrazione, raccoglien- dosi e concentrandosi intorno ad un grandissimo numero di centri preponderanti. Essa si segregò per tal guisa in altrettante agglomerazioni distinte, le quali, dopo un lavoro non mai interrotto di miriadi di secoli, prodassero le prodigiose masse che ammiriamo sospese nella volta dei cieli, non che le altre di gran lunga più numerose e di dimensioni molto minori, che sfuggono ai nostri più potenti telescopii. A seconda della diversa natura di questo lavoro di concentrazione, si formarono corpi dotati di luce propria, come le stello, ed il nostro sole; e corpi oscuri, come i nostri e molti altri pianeti, i quali tutti sono raccolti in sistemi più o meno definiti, il cui numero si va tutti i dì scoprendo sempre maggiore, e tra cui va annoverato il nostro sistema solare; la formazione del quale venne tanto bene esposta dal Laplace colla nota sua ipotesi della nebulosa primitiva, ipotesi che strettamente si annoda con quella di Herschel.
Però un immenso numero di tali concentrazioni rimasero tuttora incomplete, e cagionarono innumerevoli ammassi della stessa materia cosmica, senza alcuna consistenza e forma determinata, a di tutte le dimensioni possibili. Tali sono le nebulose propriamente dette, nelle quali si rav visano uno o più nuclei luminosi, circondati da materia informe e radissima: non che le nebulose così dette diffuse; cioè quegli spazi di luce assai fioca che si estendono sopra immensi tratti di cielo, epperò non si possono discernere che coi più forti istrumenti.
Or tutti i corpi che noi veggiamo coll’oc nudo od armato di cannocchiali, non sono per certo i soli che riempiano l’Universo; anzi essi non ne costituiscono che il minor numero. E se potessimo disporre di istrumenti ben più energici di quelli che ora possiede la scienza, noi scopriremmo la esistenza di corpi assai più piccoli, ma immensamente più numerosi; i quali anch’essi sarebbero una minima parte dogli altri moltissimi, che si trovano dispersi nel profondo ed interminabile firmamento. Fa d’uopo quindi supporre che gli spazi celesti siano ricolmi d’infiniti corpi di tutte le dimensioni possibili, fino alle particelle più minute e più rade della primitiva materia caotica. Questi corpi si muoveranno colle leggi della universale attrazione; o, pel grandissimo loro numero, debbono sovente urtare cogli altri corpi celesti, nei quali s’imbattono. D’altra parte ogni ragione richiede, che in tutte codesto agglomerazioni minori si ammettano le stesse gradazioni di densità e di concentrazione che nelle altre che ci rivela il telescopio. Quindi è che alcune saranno formate da una o più masse aventi una sufficiente densità e consistenza, perchè non vengano disciolte dall’attrazione degli astri presso cui passano; altre consteranno di parti rade e di parti più dense, ed allora avvicinandosi ad un centro potente, le ultime si mantengono compatte e non si disperdono, mentre le prime restano abbandonate lungo la strada percorsa altre finalmente saranno formate da innumerevoli particelle di materia tenuissima, epperò essendo affatto prive di aderenza, potranno essere facilmente disciolte dall’influsso di un sole vicino. E tutte le volte che l’incontro di cosiffatte agglomerazioni cosmiche avviene col nostro sistema solare, si riprodurranno i fenomeni di cui ho parlato in questa mia qualsiasi lettura.
Adunque le semplici comete, le comete congiunte a correnti meteoriche, e le correnti meteoriche che ci danno le stelle cadenti, i bolidi, gli aeroliti, appartengono tutte allo stesso ordine di fatti, da cui si debbono derivare le stelle fisse, i pianeti, le nebulose. Tutte queste manifestazioni cotanto svariate e numerose dell’opera divina della creazione, non sono che una semplice e naturale conseguenza di un fatto unico, che ben difficilmente si potrà ora rivocare in dubbio, cioè della diversa condensazione della materia celeste ovun que disseminata e diffusa.