Le meraviglie di Milano/Divisione del capitolo quarto

Divisione del capitolo quarto

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Bonvesin de la Riva - Le meraviglie di Milano (XIII secolo)
Traduzione dal latino di Ettore Verga (1921)
Divisione del capitolo quarto
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[p. 24 modifica]DIVISIONE DEL CAPITOLO QUARTO

I. Quantità del grano e dei legumi e quante paia di buoi lavorino i nostri territori. II. Quantità degli alberi fruttiferi. III. Quanti carri di ciliegie entrino talora in città, e degli altri frutti. IV. In quanti modi si confezionano le castagne. V. Orti e verzieri. VI. Dei prati e del raccolto del fieno. VII. Delle vigne e del raccolto del vino. — VIII. Utili prodotti che si raccolgono presso le vigne. IX. Delle selve e de' boschi e della quantità di legna che ogni anno si consuma a Milano. X. Alcune facezie. XI. Dell'abbondanza delle altre vettovaglie e prima dell'abbondanza delle carni e quanti buoi si macellano in città. XII. Quantità de' gamberi che si mangiano solo in città. XIII. Quantità dei pesci. Nomi de' nostri laghi e fiumi. XIV. Quanti siano i molini e quante ruote contino. XV. Degli altri fiumi e sorgenti. XVI. Quantità mirabile delle nostre acque. Quantità di altri generi; e del sale e del pepe. XVII. I mercati. XVIII. Fecondità della razza. XIX. Abbondanza dei beni spirituali. X. Dei santi Barnaba, Anatolone, Gaio e Ambrogio, [p. 25 modifica]arcivescovi di Milano. - XXI. Degli arcivescovi e loro successori. - XXII. Dei frati predicatori e minori. – XXIII. Numero del corpi santi.

ELOGIO DI MILANO RIGUARDO ALLA FERTILITÀ E ALL'ABBONDANZA D'OGNI GENERE. L'eccellenza di Milano per la fecondità del territorio e l'abbondanza d'ogni cosa utile agli uomini appare ormai chiara; ma la voglio spiegare in modo ancor più chiaro. I. - I nostri fertili territori producono ogni sorta di granaglie : grano, segale, miglio, panico, onde si intride il paniccio, ed ogni genere di eccellenti legumi da cuocere, fave, ceci, fagiuoli, lupini, lenticchie, e il tutto in tanta copia che non solo basta a supplire al difetto di vettovaglie di cui soffre Como (21), ma ne avanza da mandare al di là delle alpi. Questa esportazione è stata da molti accertata, e nessuno potrà sospettare di essere ingannato quando pensi che più di trentamila paia di buoi sono impiegati nella coltivazione dei nostri territori. Si ricavan pure dai campi rape e navoni che offrono un cibo molto utile a ricchi e a poveri durante l'inverno, e si raccoglie un'infinita quantità di lino. II - Dai frutteti, dagli orti, dai campi, dal [p. 26 modifica]le vigne si raccolgono, a seconda delle stagioni, saporitissimi frutti d'ogni natura. III. - Le ciliegie, così dolci come agiotte, e domestiche e silvestri, sono in tal copia che a volte se ne portano in città più di sessanta carri al giorno, e dalla metà di maggio fin quasi a quella di luglio si vendono in città a qualunque ora. Altrettanto dicasi delle prugne bianche, gialle, scure, amoscine, che in quantità infinita son messe in vendita, mature, dai primi di luglio sino ad ottobre. Quasi nel medesimo tempo che le prugne, cominciano ad apparire abbondanti le pere e le mele estive, le more e i fichi che si chiaman fiori; seguon le nocciuole domestiche, quindi le corne che più si confanno alle donne (22), le giuggiole e le pèsche abbondantissime, fichi d'ogni qualità ed uve; un po' di mandorle, nocciuole silvestri; di noci è un'abbondanza incredibile e i cittadini, cui piacciono, ne fanno un uso continuo durante tutto l'anno: le impastano triturate con uova e cacio e pepe e ne fanno un ripieno per le carni durante l'inverno; ne traggono un olio molto adoperato fra noi. Quindi tornan le melo e le pere invernali, e le mele cotogne di cui per tutto l'inverno ed oltre si cibano i nostri cittadini. E vengon le mele granate buone per gli ammalati. Si raccolgono uve d'ogni qualità che son mature verso la metà di luglio e si vendono sino ai primi di dicembre. IV. - E ci son le castagne comuni e quelle nobili, dette marroni, abbondantissime in tutto l'anno, sufficienti ai cittadini e ai forestieri. [p. 27 modifica]Le nostre famiglie le mangiano cucinate in diverse maniere: le fanno arrostire verdi sul fuoco por mangiarle in fin di tavola in luogo di datteri, e, così fatte, hanno, secondo me, un sapore più gradito dei datteri stessi; le fan cuocere lesse e molti così le mangiano a cucchiaiate; oppure, così cotte, le fanno asciugare e le mangiano molto spesso in luogo del pane. Disseccate prima al sole e poi cotte a fuoco lento, si danno agli ammalati. In novembre compare una grande quautità di nespole, che spiacciono ai biscazzieri rovinati (23). In parecchi luoghi del nostro territorio si raccoglie pure una discreta quantità di olive; e si raccolgon bacche di lauro che col vino caldo son buone per curare il mal di ventre. Vi sono anche altre qualità di frutta, ma basti quanto ho detto. La nostra terra non produce datteri, nè pepe nè altri generi oltremarini; il che non mi dispiace giacchè questa roba non nasce se non in luoghi aridi e infuocati. V. Gli orti danno, a seconda delle stagioni, copiosi e svariati legumi, cioè, cavoli d'ogni qualità, bietole, lattughe, atrepici, sedani, spinaci, prezzemolo, finocchio, aneto, cerfoglio, anice, nepitella, zucche d'ogni genere, d'orto e silvestri, aglio, porri, pastinace comuni, alfaneria che è una specie di pastinaca della cui radice si fa un ottimo e sano composto (24) ; borraggine, senape, croco, liquerizia, erba cetrina, peplide, papaveri, marrobbio, malvavischio, anagallide, o consolido più grande, enula, ru[p. 28 modifica]ta, dragontea, latticrepolo (scorzonera) o enula spinosa che un po' triturata, fatta cuocere e bevuta col vino, si dice sia ottima medicina pel mal di ventre; issopo, che guarisce le infiammazioni di petto, e molte altre erbe medicinali. Anche salvia, menta, basilico, santoreggia, maggiorana e altre erbe odorose. Nei giardini tra l'erbe e il trifoglio sbocciano viole, rose ed altri fiori che dilettano la vista e solleticano l'odorato: fra gli altri la viola mammola, nunzia della primavera, diverse qualità di rose, la malva marina, gli occhi di Cristo e altri fiori variopinti. Vi abbonda la fragola dal bianco fiore e dal rosso frutto così gradita al nostro palato. VI. - I prati irrigati da infiniti fiumi e ruscelli fecondatori offrono fieno eccellente, e oltre ogni credere copioso, a buoi, giumenti, cavalli, pecore e ad ogni altro genere di bestiame. Per darne una prova porto un esempio che sembrerà incredibile: il solo convento di Chiaravalle raccoglie ogni anno dalle sue praterie più di tremila carri di fieno, gli stessi monaci me lo hanno assicurato. Un'altra cosa sembrerà incredibile, ma, poichè risponde al vero, secondo le affermazioni di quegli stessi monaci, la voglio dire: nel contado di Milano son tanti prati da fornire ogni anno più di dugentomila carri; e, poichè di questo fieno si pascono buoi, cavalli, muli ed asini, ma non certo uomini nè cani, chi potrà mai immaginare l'infinito numero di quei quadrupedi? Nè di solo fieno si cibano, bensì son condotti a pascolare fra erbe [p. 29 modifica]fronde, gambi d'orzo, rape ed altro. Le ville poi nutrono bestie da ingrasso e alimentano copiosamente le mense cittadine di latte, nova, miele ed altro ben di Dio. Forniscono anche molta lana ordinaria : quella fina si fa venire da fuori (25). VTI. - Le vigne numerose producono vini svariati, sì dolci che aspri; vini salubri, saporiti, chiaretti, bianchi, gialli, rosei o color d'oro, e in tale abbondanza che una sola famiglia può ogni anno raccoglierne più di mille carri, altre più di cinquecento, altre più di cento. Anche questo parrà incredibile che nel contado di Milano, negli anni buoni, si imbottano più di seicentomila carri di vino: così assicurano parecchi che, fatte diligenti indagini, sono convinti di non sbagliare. Vi sono molte città, ne son sicuro, nei cui territori tutte le viti insieme anzichì' produrre le vinaccie onde si preme il nostro vino, non sarebbero in grado di dare neppur quello di cui si ubbriacano i nostri beoni. VIII. - E si noti che dalle nostre vigne si ricavano in un sol tempo, e in abbondanza, quattro prodotti utili agli uomini : primo il vino, secondo gli svariati frutti degli alberi ai quali vengono addossate le viti; terzo la legna da ardere che si raccoglie ogni anno colla potatura delle viti e degli alberi ; quarto, il grano ed altri cereali utili al nostro nutrimento che nascono sotto le viti e le piante. IX. - Le selve, i boschi e le rive dei fiumi producono legna di rovere per costruzioni e per [p. 30 modifica]molti altri usi, e legna da ardere in tanta abbondanza che, solo in città, se ne bruciano ogni anno più di centocinquantamila carri. X. (*) - Vo' dire una cosa che, agli intelligenti sembrerà un miracolo: l'olio, e anche quello che abusivamente dicesi composito, in qualche parte de' nostri campi si creano sopra le fave. Inoltre sotto i trepiedi e i piatti nascono le tovaglie e le portate di più qualità sopra le stesse tovaglie. Abbondante nasce l'olio col cui aiuto d'inverno si filan le tovaglie nel fuso, si riducon quindi nell'arcolaio, poi nel gomitolo, quindi si tessono. Di tale verità io son persuaso, quantunque sembri vagare per anfibologiche latebre. Ho scritto così perchè i ciechi non vedan nulla e i perspicaci, ben riflettendo, capiscano. XI. - Affluiscono a Milano, come a un ricettacolo di tutti i beni temporali, pane, vino e saporite carni d'ogni qualità. Secondo un accurato calcolo da me fatto col concorso di alcuni macellai, in ciascuno dei giorni in cui

(*) Per non sopprimere nulla del testo di Bonvesino ho tradotto anche queste facezie anfibologiche, quantunque io non le abbia capite, come non le ha capite il Novati, e sia persuaso che altri difficilmente potrà capirle. Era di moda, a quel tempo, fra i grammatici di rallegrare ogni tanto i lettori con qualche facezia, anche scurrile. E Bonvesino sembra esservisi una volta tanto uniformato. [p. 31 modifica]permesso ai cristiani mangiar di grasso si ammazzano, nella sola città, settanta buoi. Quanti maiali, quante pecore, quanti arieti e agnelli e capretti e quadrupedi d'altro genere, o selvatici o domestici, ogni dì si sgozzino io lo dirò a chi mi saprà contare il numero delle foglie e dei fili d'erba. Abbondano ottime carni di bipedi silvestri o domestici, capponi, galline, oche, anatre, pavoni, colombe, fagiani, ornici (26), tortore, anatre selvatiche (27), allodole, pernici, coturni, merli, che soddisfano a mensa il nostro appetito. XII. - Abbondano e miele e cera e latte e giuncate, e ricotte e burro e formaggio ed uova. Abbondano in modo incredibile i gamberi; i pescatori stéssi, fatti esattissimi calcoli, dichiarano che, dalla quaresima a San Martino, se ne mangiano ogni giorno in Milano più di sette moggia, e perchè nessuno rimanga in dubbio circa la portata del moggio, sappia che esso da noi vale otto staia e corrisponde al peso d'un uomo di grossa corporatura (28). XTII. - Aggiungi i pesci d'ogni genere che ci forniscono i seguenti laghi e fiumi del contado (29): il lago Maggiore coi molti fiumi che ne derivano, i laghi di Biandronno, di Bobbiate (30), di Galliate, di Sartirano (31), di Cadrezzate (32), di Lugano, di Cannobbio, di Monte Orfano (33), di Alserio (34), di Pusiano, di Mairaga (35), il lago di Annone e quello di Santa Brigida (36), da ciascuno dei quali esce un fiume. Inoltre i laghi di Segrino, di Mandello, di Lecco. Da tutti questi, e da' loro fiu[p. 32 modifica]mi, vengon pesci, in quaresima, ad arricchire le nostre mense.

Ed ecco i nomi de' fiumi : Adda, Lambro, Spàrzola (37), Muzza, Andamen, (38), Molgora, Coirono (39), Bevera, fiume di Cantone (40), di Sartirana, di S. Muzio (41), di Lisigerolo (42), fossato di Milano, Trono (43), Nirone, Vettabia, Ristocano (il fontanile Ristocco], Olona, Olonella, Rifreddo, Rifrigidetto (44), Mischia, Lambro merdario [meridionale], fiume di Consiglio maggiore (45), fiume della valle di Megiano (46), Ticino, Ticinello (47), Arno (48), Marongia (49), Strona, Oncia (50), fiume di Travedona, di Ganimella (51), fiume della valle di Gemonio (52), della valle di Cuvio, di Fromedona (53), di Anza (54), di Tresa, di Travaglia, della valle di Marchirolo, di Vall'Asca, di Liscate (55), di Bienate (56), di Cunasino(57), Senaqua (58), fiume di Anza, di Benca (59), di Barasso (60), Scairana (61) e molti altri ricchi di pesci e gamberi.

La quantità dei pesci ho saputo da persone che sicuramente sono in grado di conoscere il vero: esse dicono che più di quattro some di pesci grossi freschi e più di quattro staia di piccoli si portano ogni giorno, feriale o festivo, in città e sappiate che per soma si intende il peso che può portare un cavallo od un mulo.

XIV. - I suddetti fiumi non danno solo pesci e [coll'irrigazione] abbondante fieno, ma coi loro novecento e più mulini che contano [oltre tremila ruote], alimentano non solo gli ambrosiani... ma anche più di centomila... (62). [p. 33 modifica]noto che una sola ruota di mulino dicono possa macinare ogni giorno tanto grano da dar pane abbondante a quattrocento bocche. Faccia quindi il conto chi vuol sapere a quante bocche ambrosiane Nostro Signor Gesù Cristo largisce il pane quotidiano. Sono senza dubbio in Italia molte città dove gli abitanti d'ambo i sessi non consumano tanto pane quanto se ne divora a Milano dai soli cani (63). E qui bisogna ricordare che i suddetti mulini non basterebbero se molti non mangiassero castagne, panico e fagiuoli in luogo di pane. E non crediate che i molini e le ruote di cui ho parlato siano tutti : ve ne sono molti altri de' quali non mi è possibile accertare il numero. XV. - Oltre i già nominati esistono molti altri fiumi e ruscelli ; ma non so dire quanti siano. XVI. - La fecondità delle nostre acque e della nostra terra è tanta che se, per modo di dire, in qualche parte del nostro territorio si formasse un nuovo lago con acque nuove, lo si vedrebbe, cosa invero miracolosa, lo si vedrebbe in poco tempo popolarsi da sè di pesci. Si portano poi da lontano pesci in salamoia di diverse qualità. Si portano lane, lino, seta, cotone e panni preziosi d'ogni genere. I mercanti importano pure sale, pepe e altre spezie oltremarine e gran copia di tutte le merci atte a soddisfare o il bisogno o il piacere degli uomini. E la nostra fortunatissima città, quasi formasse per sè un mondo separato dall'orbe, [p. 34 modifica]distribuisce questa roba ad altre città vicine e lontane. Quanto al sale, i dazieri incaricati di riscuoterne il tributo, fatte diligenti indagini, assicurano che se ne portano in Milano ogni anno circa cinquantacinquemilaottocentotrenta staia delle quali circa una metà rimane dentro le mura a condir le vivande dei cittadini. La quantità di pepe che si consuma da noi è incalcolabile, ma si dice, e comunemente si crede, che Milano ne consumi continuamente tanto quanto due città insieme al di qua del mare (64). XVII. - In Milano si tengono ogni anno quattro mercati generali : il dì dell'ordinazione del beato Ambrogio; il dì di S. Lorenzo; quello dell'Ascensione di Maria Vergine e quello di S. Bartolomeo: ad essi conviene una folla incalcolabile di venditori e di compratori. Si tengono poi altri mercati in diverse parti della città due volte la settimana, il venerdì e il sabato. Del resto, quello che più conta, ogni giorno, non in luoghi determinati, ma in tutte le piazze si vendono clamorosamente quasi tutte le cose necessarie alla vita. Molte fiere si tengono ogni anno, in giorni fissi, nei borghi e nelle ville del contado. In parecchi luoghi si tengono fiere settimanali con grande concorso di mercanti e di popolo. E' perciò chiaro che nella nostra città chi è fornito di quattrini vive ottimamente, avendo sotto mano tutto quanto può desiderare. XVIII. - Ma è anche chiaro che qui qualunque uomo sano, che non sia un buono a nul[p. 35 modifica]la, può vivere bene e col decoro adeguato alla sua condizione. Si noti ancora che qui da noi, come abbondano tutti i beni temporali, così prospera la popolazione. Bisogna vedere nei giorni di festa la folla di nobili e di popolani che vanno a spasso, i chiassosi crocchi di fanciulli correnti senza posa di qua e di là, i gruppi di matrone e di fanciulle, ornate come figlie di re, che passeggiano o si trattengono a conversare davanti alle porte delle case. Chi può dire d'aver trovato al di qua o al di là del mare una gente altrettanto amabile? XIX. - Ma non meno dei beni temporali la bontà dell'Onnipotente ci fu prodiga degli spirituali. XX. - Che debbo dire? da un buon principio un buon seguito e un buon fine nel Signore. E valga il vero. L'apostolo Barnaba somministrò per primo la medicina spirituale a questa terra e primo gettò il seme de' frutti spirituali. Barnaba, venuto, per divino volere, a Milano tredici anni dopo la passione del nostro Salvatore, occupò pel primo la cattedra vescovile, la tenne per sette anni e convertì i milanesi alla religione di Cristo. Quindi insediò al suo posto il beato Anatalone col grado di arcivescovo, conferendogli egli stesso la giurisdizione metropolitana; al quale successe il beato Gajo. Seguiron poi gli altri colle medesime dignità, fra i quali il beato Ambrogio, sommo dottore della Chiesa, che fu, per divina Provvidenza, il dodicesimo arcivescovo, nominato nell'anno [p. 36 modifica]355 del Signore (65). Questo grande Pastore, con mirabile energia, purgò la città dalla perfidia degli Ariani. XXI. - Seguirono fino ad oggi novantadue arcivescovi, tutti uomini d'impareggiabile bontà e sapienza, secondo l'ordine esposto nella loro Cronaca (66). La divina Provvidenza ha così, dalle origini fino ad ora, ottimamente provveduto ai bisogni di questa terra. XXII. - La medesima Provvidenza ha altresì, fin da quel tempo, condotti in Milano gli Ordini dei predicatori e dei minori, che sono i due principali luminari della fede cattolica, domenicani, francescani e anche molti frati degli altri Ordini che ogni giorno, predicando, additano le vie della salute, purgano la città dalle eresie, rinsaldano la fede cattolica nel cuore del popolo, lo confortano coll'esempio e ne accrescono sempre la devozione. Che s'ha a dire di più? XXIII. - Non parlo de' corpi dei santi, i quali, come assicura il prete Goffredo da Bussero, venerabile cappellano della chiesa di Rodello (67), sono, fra città e contado, sessanta. Non parlo degli infiniti martiri che, sotto Massimiano ed altri imperatori, subirono qui il martirio. Ai loro meriti e alle loro preghiere si deve se la città fu liberata dal dominio di tanti crudeli tiranni. Di ciò abbiamo avute manifeste prove anche ai nostri giorni. DIVISIONE