Le donne di casa Savoia/IV. Matilde
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IV.
MATILDE
detta anche MAFALDA — Regina di Portogallo
n. 1128 — m. 1158
Ad atti egregi è sprone
Amor, chi ben l’estima.
Anelava sopratutto alla guerra e alla libertà, e l’epoca in cui essa sbocciava alla vita si prestò mirabilmente, con le guerre di fazione e di conquista, ad appagare le sue aspirazioni.
La fama di sì gentile e forte creatura varcò così le sue Alpi native, e diffondendosi un poco ovunque, sfiorò le orecchie di Alfonso Henriquez, il valoroso sterminatore dei Mori, fondatore del regno e della monarchia portoghese. E appunto per afforzare la pianta tenerella, egli pensò d’innestarla con un ramo della Casa Sabauda, fino da quell’epoca tanto stimata e considerata, e chiese ad Amedeo III la mano della giovine Matilde.
Così la storia, la storia fredda e compassata che, per accettare i fatti vuole riprove e date chiare e lampanti, ed ha ragione; nondimeno vi ha una versione molto più poetica e drammatica della causa del matrimonio di Matilde, e che lo farebbe un vero matrimonio d’amore. Ma in cotesta versione vi ha un certo anacronismo di date, per il quale essa non può rimanere che una gentile tradizione. Essendo però la tradizione una memoria di fatti non scritti, ma tramandati per mezzo di racconto da vecchi a giovani, di età in età, è certo che una radice di vero deve esservi, e sia pure il racconto sbagliato in qualche parte e in qualche data, il fondo rimane. Per questo io metto qui anche la tradizione del matrimonio di questa principessa, riassunta dal lungo racconto che ne fa il Corelli nella sua opera «Nove secoli di Casa Savoia».
Matilde dunque anelava alla guerra e alla libertà, e fu felice quando potè strappare al compiacente fratello, che era entrato a far parte della Lega Lombarda, il consenso di precederlo e correre a Milano, alla testa di uno scelto drappello di cavalieri piemontesi, recando ai fratelli, assediati dal Barbarossa, il soccorso dei fratelli subalpini. E là, infiammando alla riscossa i più timidi, scaldata alla sua volta dall’eloquente parola di Arnaldo da Brescia, combattè, vinse, e tornò a combattere ancora, finchè non fu veduta da Federigo, che se ne invaghì alla follia. Il belligero Imperatore, che sacrificava con pari entusiasmo tanto a Marte che a Venere, non tralasciò da quell’istante di circuirla, e si stimò felice allorchè essa, audace e, diciamolo, irreflessiva, in uno scontro testa a testa con un guerriero del seguito di lui, tanto compromesse la sua posizione, che quegli, stanco di combattere, gettò la spada e riuscì a ghermirla alla vita, ed a farla sua prigioniera.
In breve il Barbarossa, sempre più attratto da quella fina bellezza, le ebbe posto la scelta tra l’infamia e la morte. Ma l’impavida giovinetta, senza punto commuoversi, rispose: «Son ramo di Casa Savoia, e questa Casa non ha mai dato esempio di viltà! Ben venga la morte!»
E sarebbe venuta davvero, se il guerriero sconosciuto, che l’aveva vinta per sorpresa, e che recato le aveva la volontà di Federigo, colpito da tanta virtù, non avesse invece voluto salvarla. E vi riuscì; e tanto crebbe la di lui ammirazione per l’eroica fanciulla da fargli sino cambiare il suo giudizio sull’Imperatore, nel quale non vide, da quel giorno, che un barbaro, un invasore dell’altrui proprietà, un ladrone infine che abbandonò alla sua sorte.
In breve il favore delle armi mancò del tutto a Federigo, che, vinto e disfatto, lasciò l’impresa e l’Italia. Fu allora che Alfonso Henriquez, re di Portogallo, meritamente considerato come il fondatore di quella monarchia, manifestandosi per il guerriero misterioso che aveva liberata Matilde (guarito appena allora dalle ferite riportate nella battaglia finale), ne chiese ad Umberto III la mano.
Siccome nulla opponevasi a quell’alleanza, le nozze auspicate ebbero luogo al più presto, e la giovine principessa, in cui le soavi virtù femminili non facevano davvero difetto, partendo per la nuova sua patria, disse alla terra che l’aveva veduta nascere: «Addio mia bella Italia, e che le tue vergini ricordino sempre, che il maggior sospiro di Matilde di Savoia fu la tua grandezza e la tua libertà!» Invocazione ch’io giro adesso alle fanciulle che mi leggono.
L’errore di data, che la storia non può accettare, consiste in ciò, che la Lega Lombarda avvenne pochi anni dopo la morte di Matilde! Non è però questo il primo nè il solo anacronismo che abbiano occasionato i fatti di un’epoca così remota in cui, come dice il Muratori, «sarebbe da desiderare che le antiche storie ci avessero lasciate notizie più copiose della Real Casa di Savoia, perciocchè non bastano le moderne a darci dei sicuri e sufficienti lumi». All’epoca in cui la giovinetta Matilde era nel pieno fiorire della giovinezza, cioè nel 1145, il padre di lei, Amedeo III, principe prode e valente in fatti d’arme, prese la croce e andò, con altri principi e baroni di Occidente, a difendere Gerusalemme, eccitato dalle prediche di S. Bernardo. Circa in quell’epoca, racconta il Cibrario «Alfonso I, di Portogallo, coll’aiuto di uno stuolo di Crociati che andavano alla conquista di Terrasanta, s’impadroni di Lisbona, divenuta più tardi la capitale del Regno». Potrebbe perciò anche darsi che la leggenda equivocasse il luogo soltanto, e che Matilde abbia seguito suo padre, e non suo fratello, sotto le insegne della Croce, e che amore l’abbia soavemente sottratta alla Terrasanta per la quale essa era indirizzata. E all’errore di data, commesso dal Corelli, forse contribuisce l’uso, che durò in Portogallo fino al 1422, di contare gli anni con l’êra spagnuola, che incomincia dalla totale sommissione delle Spagne all’Imperatore Augusto l’anno 715 di Roma e che precorre di trentotto anni l’era volgare.
Comunque, Matilde andò sposa in Portogallo, questo è provato e controllato, ed il suo matrimonio con Alfonso Henriquez, il valente e fortunato guerriero, ebbe luogo a Coimbra, allora capitale del nascente regno, tra il marzo ed il luglio dell’anno 1146, dice il Cibrario, quando il Re aveva trentasei anni e diciotto la principessa.
Sposata, Matilde, non ebbe più altre cure che per la famiglia e per la sua nuova condizione. Era soltanto in Portogallo da due anni allorchè Amedeo III suo padre, al ritorno dall’Oriente, sbarcando a Cipro cadde ammalato, e morì in Nicosia senza rivedere la sua bella Italia e la figlia diletta, il 30 marzo 1148, il che fu un immenso dolore per la giovine Regina.
Matilde diè ad Alfonso sei figli, tre principi e tre principesse. Dei principi Enrico e Giovanni morirono in tenera età, e Sancio, nato nella notte di S. Martino, 11 novembre 1154, e perciò chiamato al battesimo anche Martino, fu il secondo Re di Portogallo.
Delle figlie, Urraca sposò, a suo tempo, Ferdinando II Re di Leone; Mahalda sposò Alfonso II Re di Aragona; e Teresa Matilda fu maritata in prime nozze a Filippo conte di Fiandra, ed in seconde ad Oddone III Duca di Borgogna.
Matilde di Savoia fu in Portogallo variamente chiamata: ora la si distinse col suo nome italiano, ora fu detta Mahalda, e più comunemente Mafalda. Essa cambiati oramai i gusti giovanili, moglie affettuosissima e madre modello, partecipava col Re alle pie liberalità, e ad alcuni atti politici, ove, dopo il nome di Alfonso si trova segnato il suo. E ciò non perchè essa si compiacesse ad ingerirsi nelle cose di Stato, ma soltanto per secondare il costume dei tempi e del paese, dove la Regina divideva l’esercizio della potestà sovrana, mercè l’espresso consenso dato agli atti non solo di liberalità, ma anche di Governo, privilegio di cui la figlia del Conte di Moriana sempre usò degnamente.
Curiosa che quest’uso sia andato disperso negli anni della civiltà e del progresso!
Matilde era cara a tutti nella sua nuova patria. I Portoghesi la stimavano e la veneravano per le doti ottime di cuore, come per la inesauribile sua beneficenza sia verso i poveri, sia verso conventi e pie istituzioni. Formava la felicità del marito, la gioia dei figli, a cui per la loro tenera età essa era ancora tanto necessaria, quando l’invida morte alzò contro di lei la falce spietata e l’abbattè quando meno lo si aspettava, senza pur troppo tener conto dello sgomento e della desolazione che spargeva intorno. Essa morì poco più che trentenne, il 5 dicembre 1158, dopo dodici anni e sei mesi di matrimonio, e la sua dipartita fu lutto vivissimo nella reggia e fuori.
Essendo la Regina Matilde, Canonichessa onoraria del monastero di S. Croce di Coimbra, monastero di canonici regolari fondato dai SS. Tello e Teotonio nel 1131, particolarmente distinto con donazioni e regalie da lei e dal marito, ebbe essa ivi sepoltura. Ed il Re, l’anno successivo elesse, forse a tregua del suo dolore, di posare nella stessa tomba di lei. Ma Alfonso visse ancora ben ventisette anni, e morì ottantenne nel 1185.
La discendenza di Alfonso e di Matilde non si estinse in Portogallo che nel 1580, e fu allora che Filippo II di Spagna s’impadronì di quel regno.
Fra le opere che della Regina Matilde, o Mafalda, si narrano, l’una fu, scrive il Cibrario, «di avere essa concorso alla costruzione della Cattedrale di Porto, dove un gran Principe, del suo medesimo sangue, a esule volontario su quell’ultima spiaggia d’Europa, doveva trovare, 700 anni dopo, funebri onori e meritato compianto, al termine di una vita e di un Regno illustrato da molte glorie e da molte sventure».
E la memoria delle sue virtù e delle sue beneficenze, un momento sopita in Portogallo, allorchè un’altra Principessa di Casa Savoia, tenne ivi precariamente la Reggenza a nome di Spagna, circa il 1643, si risvegliò viva e gagliarda, alimentata da speranze non smentite, per accogliere e festeggiare, nel 1862, la giovine figlia del primo Re d’Italia, Maria Pia di Savoia, sposa del Re Don Luigi I di Braganza.