Le donne che lavorano/XI. La donna nella politica
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XI.
La donna nella politica.
Nessuno può negare alla donna delle serie altitudini a ben governare uno Stato e lo provano tulle le regine delle quali narra la storia, le quali meglio dei re che le avevano precedute riuscirono, colla fermezza di carattere e colla saggia arte di governo, a rendere i loro popoli forti e potenti.
Del resto che cosa è una nazione se non una grande famiglia?
E come la donna sa ben governare la propria casa, amministrare le proprie sostanze, non c'è una ragione perchè non sia capace non solo di governare da sè, ma non possa almeno aver voce in capitolo in ciò che riguarda il governo del suo paese.
Si parla continuamente di giustizia e di umanità, ma intanto si esita a riformare il codice così antiquato e ingiusto verso la donna.
Nella vicina Svizzera i legislatori, vedendo che il vecchio codice non corrispondeva più al progresso dei tempi, ebbero il coraggio di mutarlo e in questa riforma ottennero il consenso di tutto il popolo.
Ed ora nella libera Elvezia, fra gli altri articoli ispirati a sentimenti moderni, troviamo la perfetta uguaglianza fra tutte le persone stabilite nello Stato; gli sposi che non vanno d’accordo possono scegliere fra la separazione o il divorzio, e il nuovo codice concede alla donna maritata l’esercizio dei diritti civili e consente la ricerca della paternità. È da augurarsi che l’Italia segua in breve l’esempio dello Stato limitrofo, ma un vero passo sarà fatto nella via del progresso quando la donna avrà ottenuto il diritto del voto.
Tutti rammentano la lotta che si accese qualche tempo fa quando alcune donne, forti dell’articolo dello Statuto che dice tutti i cittadini eguali davanti alla legge, vollero inscriversi nelle liste elettorali. Si fecero in quell’occasione polemiche, discussioni, se ne occuparono magistrali, giureconsulti; la conclusione fu che la donna venne esclusa dal diritto elettorale mentre si trovava prematuro che avesse il volo politico prima di quello amministrativo, e pur troppo nella legge comunale v’è un articolo in cui, mettendo insieme la donna agli idioti, ai falliti e ai delinquenti, la si esclude dal diritto del voto.
Però se nulla si potè ottenere, l’agitazione non fu del tutto inutile; la questione del voto fu portata alla Camera dei deputati dove trovò uno strenuo difensore nell’onorevole Luigi Luzzatti, che, colla mente che ha intuito i nuovi tempi ed ha saputo dar tanto impulso agli istituti di previdenza, alla cooperazione e alle case popolari, vede chiaramente il vantaggio che può derivare al paese preparando l’ambiente allo sviluppo di nuove energie che chiedono solo di potersi esplicare.
Bisogna esser molto retrogradi e misoneisti per escludere dalla vita pubblica una metà di cittadini che ora vi prendono tanta parte o col lavoro o coll’intelligenza; ed è assurdo che in un tempo in cui il suffragio non è più limitato a pochi eletti ne sia esclusa la donna.
È uno spettacolo ingiusto e ridicolo vedere nel tempo delle elezioni una donna che possiede vaste estensioni di terre ed è esperta amministratrice dei suoi poderi, oppure quella che collo studio si acquistò lauree e diplomi e un’altra che è a capo di fiorenti aziende commerciali e industriali, starsene inoperose mentre vedono recarsi all’urna e contadini e impiegati e domestici, tutti i loro dipendenti, molto inferiori per intelligenza e dottrina.
È assurdo che una madre, la quale ha seguito i primi passi del figliuolo, lo ha iniziato negli studi e per propria esperienza conosce i migliori metodi d’insegnamento adatti alle diverse età, non venga consultata in ciò che riguarda l’istruzione e non possa dare il voto alla persona che giudica più atta a seguire la via giusta; è assurdo che la donna che tanto si adopera nella beneficenza non sia consultata sul modo di distribuire le somme raccolte, e così di seguito; si votano nuove imposte che la colpiscono, si mandano alla guerra i suoi figli, si aumentano i prezzi delle derrate, si prescrivono norme per le abitazioni, materia in cui più d’ogni altro dovrebbe aver voce in capitolo, e tutto senza consultarla, come se fosse un fantoccio.
È un’ingiustizia che salta agli occhi e deve scuotere le persone di buon senso; ed è sperabile che nuove leggi saranno votate che non escluderanno la donna dalla vita pubblica, nè si dovrà aver timore che si lasci suggestionare da perniciose influenze, poichè quel giorno che fosse chiamata ad aver voce nel governo del suo paese sarebbe più viva in lei la coscienza dei suoi doveri ed ella si mostrerebbe all’altezza dell’ufficio a cui venne assunta.
Del resto, lasciando da parte le inutili disquisizioni, veniamo ai fatti. Nei paesi dove la donna ha il voto amministrativo, tutti hanno trovato la sua opera molto vantaggiosa; essa fece cessare lo sperpero del denaro dei contribuenti e migliorare i pubblici servizi, ha preso in considerazione il miglioramento delle strade, l’illuminazione delle città e dei villaggi, e le opere benefiche ebbero un grande impulso; i giudici si lodano delle donne che prendono parte ai dibattimenti come giurati, trovano i loro giudizî coscienziosi e conformi alla giustizia, e sono dispiacenti se, causa le occupazioni domestiche, chiedono di essere esentate dal loro ufficio.
In alcuni Stati d’America, in quasi tutte le colonie inglesi dell’Australia e della Nuova Zelanda, le donne hanno oltre al voto amministrativo anche il voto politico e ovunque hanno fatto buona prova; le donne elettrici esercitarono la loro missione col dare il voto ai candidati di buona condotta e a quelli che combattono l’alcoolismo, con grande vantaggio della moralità; pubblica. Nel Colorado la signora Peavy occupò con onore la carica di ministro dell’Istruzione pubblica, nello Stato di Idaho l’on. Giorgio Wheeles, presidente della Camera, affermò che dopo la concessione del voto, la donna ha sempre agito magnificamente ed è stata di grande valore purificando la politica.
Nella lontana Irlanda, nell’isoletta di Mans e finalmente nella Finlandia, in quella terra lontana dove la donna ha tutti i diritti e dove siedono in Parlamento diciannove donne, non vi sono analfabeti ne mendicanti e la delinquenza è quasi totalmente sconosciuta; e questi sono fatti che dimostrano come il voto concesso alla donna abbia portato dovunque benefici effetti.
E il numero dei paesi dove si concede il voto alla donna aumenta continuanente; oltre l’Australia, la Nuova Zelanda, l’isola di Mans, la Finlandia, la Norvegia, la Svezia, la Danimarca, si aggiungono a quel numero undici Stati degli Stati Uniti e il territorio di Alaska.
In Inghilterra, non contente d’aver il voto amministrativo e di prendere parte nei consigli scolastici e di beneficenza, le donne combattono ora strenuamente per ottenere il voto politico; forse in passato usarono troppa violenza non badando ai mezzi pur di riuscire nel loro intento.
In Italia non abbiamo lo spirito d’associazione e di propaganda delle anglo-sassoni, più nuove alla vita pubblica non siamo abbastanza agguerrite per lottare con speranza di successo; ma vedo con compiacenza che la coscienza femminile si risveglia anche fra noi e ne sono prova le numerose associazioni che sorgono continuamente, i congressi che si riuniscono e l’irrequietudine di chi si sente a disagio e prova il bisogno di espandersi e di mettere a profitto le energie latenti che si disperderebbero col rimanere più a lungo inoperose.
È sperabile che dallo scambio d’idee e di propositi si possa far qualche passo nella via del progresso. Ma la prima vittoria, quella che aprirà la via a tutte le altre, dovrebbe esser quella di ottenere il voto e incominciare da quello amministrativo, che le nostre nonne hanno esercitato con onore e nella Toscana prima del sessanta e nel Lombardo-Veneto sotto l’Austria, e che è concesso in molti Stati meno evoluti del nostro. A questo devono tendere le associazioni femminili e vedere che la parola donna sia cancellata dal famoso articolo della legge comunale, non foss’altro per non lasciarla nella compagnia poco esilarante dei cretini e dei delinquenti.
In molte città dell’alta Italia la donna è entrata nei consigli scolastici e di beneficenza e la sua opera è sempre stata lodata ed apprezzata. Ormai non è più permesso di sorridere quando la donna chiede di essere ammessa al posto che giustamente le spetta, e non le può mancare l’appoggio degli uomini di Stato più eminenti. È celebre la frase di lord Salisbury che, a proposito dell’eleggibilità della donna inglese nelle elezioni municipali, disse che non trovava che fosse più ridicolo vedere la donna sedere come consigliere che vederla correre in bicicletta.
Ed ora vengo alla conclusione, associando la mia debole voce a quella poderosa dell’onorevole Luzzatti, per esprimere il desiderio che il Governo porti sollecitamente alla Camera la legge pel voto alle donne, ed esprimere la speranza che in un giorno non lontano la metà del genere umano non sia esclusa dal diritto e dal dovere di partecipare al governo del Comune e dello Stato.