Le Troadi/Terzo stasimo
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coro
Strofe I
Or cosí, Giove, il tempio
d’Ilio, e l’are balsamiche
hai tradite agli Achèi,
e il fumo dell’eterea
mirra, e le fiamme dei libami, e Pergamo,
Pergamo, la città sacra, e gl’Idèi
valloni, ombrati d’ellera,
ove disciolte nevi erran di fiumi,
e, santissima sede, il sommo vertice,
ove prima del sole ardono i lumi.
Antistrofe I
Tutto è finito e vittime,
e feste, fra le tenebre
notturne, ai Numi, e suono
fausto di balli, e statue
d’oro, e il rito santissimo di Frigia
delle dodici lune. Incerta io sono,
o Signor che nell’ètere
abiti, incerta io son se la tua mente
alla nostra città volgi, cui l’impeto
ha divorata della vampa ardente.
Strofe II
O sposo, o diletto, né tumulo
né lavacro tu avesti; ed or vagoli
defunto; e una nave, con impeto
alivolo, ad Argo prolifera
di corsieri ne adduce, oltre il pelago,
dove al cielo si levano pietre — di mura ciclopie,
E in braccio alle madri, fra lagrime
si lamenta una turba di pargoli.
E geme la vergine:
«Madre, ahimè, ché soletta mi strappano
da te lunge gli Achei, con la furia
dei remi, sul ceruleo
naviglio, alla santissima
Salamina, od all’istmio
duplice eccelso vertice,
dove, dicon, di Pèlope
le soglie si dischiudono».
Antistrofe II
Deh, quando nel mezzo del pelago
Menelao sarà giunto, del folgore
il duplice sacro barbaglio
in mezzo alla nave precipiti
nell’Egeo, mentre me dalla patria
servitú lagrimosa conduce lontano nell’Ellade.
Frattanto, nell’aureo specchio,
di fanciulle delizia, la figlia
di Zeus si vagheggia.
Deh, la terra piú mai di Laconia
non rivegga, né l’ara domestica,
nella città di Pítane,
né della Dea la bronzea
porta, poiché la femmina
riprese, che per l’Ellade
obbrobrio fu, pei vortici
del Simenta sterminio.