Capitolo XVI
Attraverso il Nebraska

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Capitolo XVI
Attraverso il Nebraska
XV XVII
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Capitolo XVI.


Attraverso il Nebraska.


Il galoppo si era smorzato in lontananza, verso la riviera del Lupo, e solamente il vento freddissimo del nord sibilava ed ululava fra i rami ischeletriti degli aceri.

Gli scorridori avevano riprese le loro coperte e si erano novamente stesi sulle pelli di bisonte, abbastanza spesse per ripararli dall’umidità.

Tutte le pipe erano in azione salvo quella dell’inglese. Quel maniaco non aveva cessato di russare, come se si fosse trovato in un soffice letto del suo palazzo di Scozia o del Gallese.

Trascorse più di mezz’ora, poi si udirono improvvisamente parecchi colpi d’arme da fuoco.

— Minehaha e Nube Rossa sono alle prese coi lupi! — disse Sandy-Hook. — Non la dureranno molto, e li vedremo tornare indietro di gran galoppo. Oh, se quelle bestie dannate divorassero alcuni guerrieri della loro scorta!... Sarebbe per noi una vera fortuna.

— Domandate troppe cose — disse John. — Non siete onesto.

— Se tornassero solamente in quindici o venti si potrebbe tentare un magnifico attacco a colpi di rifle e di Colt.

— Uhm!

— Avreste ora paura di quei vermi rossi, mister John? — chiese il bandito. — È forse perchè vi hanno levata la capigliatura?

— Hanno fucili anche loro ed asce da guerra, e non sono dei codardi. Io ne so qualche cosa, io che ho trascorso la mia vita nella prateria.

— Non dico che non si battano coraggiosamente, anzi tutt’altro. Non sono troppo saldi al fuoco, ma quando caricano con quelle maledette scuri in pugno, nemmeno le mitragliatrici li arrestano.

— L’avete veduto recentemente.

— Tacete, mister. —

[p. 171 modifica]Gli spari erano cessati. Invece si udiva come un sordo rombo diffondersi sulla pianura gelata accompagnato da ululati spaventosi.

— Sono essi che tornano — disse il bandito.

— Ed inseguiti dai lupi, — aggiunse il signor Devandel. — Eppure quelle brutte bestie ne avevano della carne a loro disposizione!

— Preferiscono sempre quella viva a quella morta — disse Sandy-Hook. — Ma non spero che li raggiungano.

Gl’indiani sanno condurre troppo bene i loro mustani e non si lasceranno raggiungere.

Fuoco ancora!... Ma si battaglia laggiù, e per bene, a quanto pare. —

I winchesters delle pelli-rosse tonavano furiosamente, segno evidente che i lupi non abbastanza soddisfatti del lauto banchetto, si erano lanciati anche dietro ai vivi.

Quelle scariche per altro non durarono molto. Pochi minuti dopo la squadriglia indiana passava a gran galoppo a trecento passi dalla macchia d’aceri, rimontando verso il settentrione.

Sandy-Hook, che aveva la vista acutissima, vedendo passare Minehaha insieme a Nube Rossa, alzò il rifle, ma l’indian-agent, che lo sorvegliava attentamente, fu pronto ad abbassargli la canna, dicendogli:

— No: non ancora.

— Quando li potremo avere, dunque? — chiese il bandito, nei cui sguardi balenava una fiamma sinistra.

— Li avremo, ma a suo tempo.

— Veramente non ho mai avuta troppa pazienza.

— Nelle praterie o basse o alte bisogna averne. Qui non siamo sulla pista delle corriere di California.

— È vero: laggiù si operava meglio ed a colpo quasi sicuro.

— E quanti ne avete uccisi di quei disgraziati che andavano a Sacramento o a San Francisco?

— Io? — esclamò il bandito con tono d’uomo offeso. — Ma che! Io domandavo ai viaggiatori, col cappello in mano, il portafoglio e gli anelli, senza torcer loro un capello. Sandy-Hook era un brigante galantuomo. Qualche indiano che voleva prendersi la mia capigliatura l’ho mandato a cacciare nelle praterie celesti, ma i vermi rossi non contano. —

L’indian-agent fumò con maggior forza ed alzò le spalle. Credeva ben poco al lealismo di quel celebre bandito, che era stato il terrore delle frontiere del Far-West.

Quando il sole spuntò, i cinque scorridori svegliarono milord, il quale non aveva cessato di russare in tutta la notte.

[p. 172 modifica]Appena in piedi, l’inglese si volse verso il bandito e gli disse:

— Mio thè, poi mia lezione di boxe.

— Non abbiamo tempo da sprecare pei vostri capricci, ― disse John.

— Vuoi dire?

— Che se ci annoiate, vi faremo mangiare dai lupi, signor seccatore.

— Io volere mia lezione: io pagare.

— Andate a seminare le vostre sterline sulle rive del fiume del Lupo.

— Io volere lezione allora da voi. —

Il signor Devandel ed Harry, che cominciavano a perdere la pazienza, si gettarono addosso a quell’originale e lo tempestarono di pugni.

Lord Wylmore tentò di tenere testa a quella scarica di fisk-shook che gli giungeva in pieno petto, poi cadde in mezzo alla neve colle braccia allargate, dicendo:

— Aho! Buona lezione! —

Sandy-Hook non ai era mosso, anzi sorrideva, contentissimo di vedere quell’eterno pugilatore così malmenato.

— Ne avete abbastanza, milord? — chiese Harry, preparandosi a scaricare novamente sopra di lui una tempesta di pugni, anche dati senza le regole della boxe.

L’inglese aspirò una gran boccata d’aria, si passò le mani sul petto bene ammaccato, poi rispose:

Yes: troppa lezione ora.

— Volete continuarla?

— No, no.

— Allora rimettetevi in gambe e montate sul vostro cavallo milord, — disse Sandy-Hook. — Noi non abbiamo tempo da sprecare pei vostri capricci, e poi pensate che ad ogni ora che passa, Minehaha si allontana sempre più da noi.

— Io non voler perdere bella indiana.

— Allora a cavallo.

— E mio thè?

— Non siamo nella nostra casupola, qui, e quindi sarete costretto a farne a meno d’ora innanzi.

— Io pagare sterline.

— Chiamate allora i camerieri della prateria. Ma badate che quelli hanno quattro gambe e dei denti d’acciaio.

— Aho! Lupi?

— Sì, parlo dei lupi.

— Brutte bestie. Io non avere sterline per loro.

― Allora in sella. —

[p. 173 modifica]I sei uomini arrotolarono le pelli di bisonte, le legarono saldamente e poi montarono a cavallo.

— Sempre sulle loro tracce? — chiese Sandy-Hook all’indian-agent.

— Sempre, se volete guadagnare i vostri diecimila dollari e la vostra grazia.

Il bandito si mise alla testa del drappello e non tardò a raggiungere la pista degl’indiani, essendo visibilissima sulla neve.

— Corrano pure — brontolò. — Noi sapremo raggiungerli, e prima che attraversino il Dakota e si rifugino nel Dominio inglese.

Hop, hop! Via, via! —

I sei cavalli ben riposati si lanciarono al galoppo, sollevando coi robusti zoccoli una fitta nuvola di nevischio.

La grande pianura si stendeva dinanzi agli avventurieri quasi uniforme e sempre coperta di un alto strato di neve, che il freddo vento del settentrione manteneva ben compatto.

Solamente di tratto in tratto, ma a lunghe distanze, gruppi di betulle di larici o di aceri, rompevano la monotonia del Sand-Hills, come viene chiamato l’alto Nebraska.

Di lupi nessuno. Oramai ben pasciuti, avevano raggiunti i loro rifugi, e per qualche settimana potevano digiunare.

Soltanto qualche coyote si mostrava timidamente, ma scappava in fretta agitando la sua coda di volpe.

Verso il mezzodì, i sei cavalieri che non avevano cessato di seguire la pista di Minehaha e di Nube Rossa, si arrestavano dinanzi a parecchi mucchi di cenere.

Sandy-Hook balzò dal suo mustano, prese un pezzo di legno mezzo consumato e si mise a frugarli.

Da uno si alzarono alcune faville.

— Che cosa ne dite voi, mister John? — chiese all’indian-agent.

— Che le pelli-rosse hanno su di noi un vantaggio di tre o quattro ore, non di più — rispose John.

— Li potremo raggiungere quei cani?

— Non abbiate fretta, ve l’ho detto. Noi dobbiamo aspettare con pazienza il momento propizio.

Non li potremo avere che in una imboscata ed anche abilmente tesa.

— Avremo da aspettare molto?

— Hanno da attraversare ancora tutto il Dakota, prima di giungere alle frontiere del Dominio Inglese. Non sarà nè oggi, nè domani, ma noi li avremo.

— Lo so.

[p. 174 modifica]— Allora mangiamo. —

Vi erano ancora dei rami resinosi intorno ai mucchi di cenere. Giorgio ed Harry accesero il fuoco, sciolsero dentro una pentola di rame, della neve e quando l’acqua cominciò a bollire, vi misero dentro alcune manciate di pemmican, ossia di carne secca ben battuta e poi mescolata a grasso fuso e quindi lasciato rassodare.

Chi fece più onore alla colazione fu l’inglese, forse per rimettersi dai pugni che aveva preso al mattino da Harry e dal signor Devandel.

Alle due i cavalieri ripartivano, sempre sulla pista dei fuggiaschi.

La notte li sorprese nelle vicinanze della riviera dello Snabe, un affluente dello Stulrara, ricco di foreste lungo tutto il suo corso.

Anche là gl’indiani avevano fatto una fermata, poi erano ripartiti, accampandosi certamente non molto lontano.

Anche quella sera una zuppa di pemmican surrogò la cena, e ciò fece molto borbottare l’inglese, abituato alle bistecche sanguinanti, ed un po’ anche Giorgio, il quale da vero scorridore preferiva i salcicciotti di prateria pieni di filetto di gobba di bisonte e col grasso delle budella rovesciato internamente.

— State zitti, brontoloni, — disse Sandy-Hook. — Queste sconfinate pianure, non ancora invase dagli avidi pionieri dalla pelle bianca, sono ricche di selvaggina. Le grandi alci, i mooses, ed anche i bisonti randagi dalla pelliccia quasi bianca, non mancano su questi terreni. Io spero di potervi regalare delle eccellenti bistecche.

— Di bisonte? — chiese lord Wylmore.

— Anche.

— Qui essere quei bravi animali?

— Vi se ne trovano, quantunque non sia il tempo delle grosse emigrazioni.

— Io amare sempre bisonti.

— Credevo che la vostra bisontite acuta, milord, — disse l’indian-agent — dopo tanto tempo si fosse spenta. —

L’inglese lo guardò quasi in cagnesco, poi rispose con uria sprezzante:

Lord inglese avere mai parlato con briganti.

— Ma quando nella bassa prateria, allora in fiamme, abbiamo arrischiata la nostra vita per salvare la vostra capigliatura, non parlavate così, — rispose John, piccato. — Ve ne ricordate?

L’inglese alzò le spalle e non rispose. Pareva che si fosse dimenticato di tutte le terribili peripezie passate presso le frontiere del Far-West e che noi abbiamo già narrate.

[p. 175 modifica]Che il diavolo vi porti! — brontolò l’indian-agent.

Poi guardando Sandy-Hook, che sorrideva ironicamente, gli chiese:

— Come avete fatto a condurvi dietro per tanto tempo questa mignatta? Io l’avrei lasciato divorare da qualche orso grigio.

— Lo galline che fanno le uova piene di sterline non si uccidono! — rispose il bandito. — Con quell’uomo, pur picchiandolo qualche volta rabbiosamente, ho guadagnato una piccola fortuna.

— Non ci darà delle noie?

— Ma che! Ci penso io a domarlo. E poi, al momento opportuno si batte bene ed è difficile che fallisca il colpo. In questi difficili momenti un rifle di più vale cento ed anche duecento sterline.

— Forse avete ragione. A chi tocca il primo quarto?

— A me, insieme con milord, — disse Giorgio.

— Bella compagnia! — disse sorridendo Harry. — Avrai da divertirti molto. —

La luna sorgeva. John ed i suoi compagni, come la sera innanzi, stesero le pelli di bisonte e si avvolsero nella grossa coperta, coi rifles e le Colt a portata di mano.

Anche quella notte nessun fuoco veniva acceso, quantunque la legna resinosa non mancasse.

Gl’indiani potevano ritornare e non era prudente segnalare a loro già così sospettosi per natura, un accampamento.

Minehaha e Nube Rossa erano avversari troppo furbi e troppo pericolosi per non credersi inseguiti almeno dall’indian-agent.

Giorgio aveva accesa la sua pipa e si era messo a fumare, mentre l’inglese a tre passi di distanza borbottava un vecchio ritornello del suo paese.

Un silenzio immenso regnava sulla sconfinata pianura. Perfino i lupi tacevano quella sera.

Già ne avevano mangiata abbastanza della carne, la notte prima, quindi potevano starsene tranquilli nei loro covi a digerire l’abbondante pasto.

Al campo indiano non dovevano aver lasciato che degli scheletri ben ripuliti, scheletri di cavalli, di guerrieri, di donne, di fanciulli ed anche di cavalleggieri americani.

Già era quasi trascorso il primo quarto di guardia, quando l’inglese interruppe bruscamente il suo ritornello, che da due ore canticchiava con una monotonia desolante, e disse a Giorgio che gli stava accanto:

Mister brigante, voi non vedere dunque?

[p. 176 modifica]― Che cosa? — domandò lo scorridore, il quale invece da parecchi minuti seguiva attentamente le mosse di cinque forme oscure che risaltavano vivamente sulla neve illuminata dalla luna.

— Bestie venire.

— Ne siete ben sicuro, milord?

— Io vedere.

— E se invece di bestie fossero dei vermi rossi?

— Minehaha?

— Quella furba, milord, non sarà diventata d’un tratto così stupida da tornare indietro.

— Cavalieri indios?

— Certo, milord.

— Cinque?

— Sì, cinque. Avete ancora una buona vista.

— E avere a me presi occhiali.

— Potete farne a meno. —

Ad un tratto Giorgio si alzò di colpo, e dopo aver interrogato ansiosamente l’orizzonte, si mise in ascolto.

— Udite voi, milord? — chiese.

— Lupi urlare.

— Non sono lupi; son cani questi.

— Cani, qui? Che cosa fare quelle brave bestie, qui?

— E quello che vorrei sapere anch’io. Intanto sarà bene svegliare i compagni.

Un momento dopo gli altri quattro avventurieri erano in piedi colle carabine in mano. Avevano già osservate subito le cinque forme scure che si movevano a più di mezzo chilometro di distanza, seguendo dei piccoli gruppi di betulle, ed avevano uditi i latrati.

— Questi sono di cani canadesi — disse l’indian-agent. — Che qualche slitta si avvicini? La pianura è ben gelata e si presta per quei piccoli e veloci veicoli.

— Ma dove sono? — chiese Sandy-Hook. — I cinque indiani, poichè quelli sono proprio cavalieri rossi, li vedo benissimo.

— Devono essere ancora lontani — rispose John.

— Se vi sono dei cani vi sarà anche un uomo che li guiderà — disse il signor Devandel.

— Certo.

— E lo lasceremo scotennare da quei cinque furfanti?

— Oh, no! — rispose risolutamente Sandy-Hook. — Quei cavalieri devono essere Selve Ardenti, distaccati per dare la caccia al disgraziato [p. 179 modifica]che trotta coi suoi cani, affinchè Minehaha possa aggiungere una capigliatura di più alle sue vesti.

Cinque di meno sono già qualche cosa su una quarantina e noi non li lasceremo ritornare verso il nord.

Che cosa dite, mister John?

— Parole d’oro! — rispose l’indian-agent.

― Credete anche voi che quei cavalieri siano Selve Ardenti?

— Ne sono più che convinto, quantunque anche nel Dakota si trovino piccole frazioni di Sioux; ma non così forti da osare l’attacco d’un uomo bianco, dopo gli ultimi avvenimenti.

— Che sia proprio un bianco quello che guida i cani?

― Gl’indiani di queste regioni non usano che i mustani e non conoscono le slitte. Quello che sta per giungere dev’essere un canadese del Dominio Inglese.

— Allora a cavallo, signori! — gridò il bandito. — Le scaramucce non fanno male ai più forti e noi siamo in sei e tiratori infallibili. —

Fecero alzare i mustani, piegarono e ripiegarono coperte e pelli, e si spinsero al piccolo trotto verso il settentrione, risoluti a dare battaglia alla retroguardia di Nube Rossa e di Minehaha.